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LISSONI Andrea

10 novembre 1807 - 29 aprile 1878 Nominato il 13 marzo 1864 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Sebastiano Tecchio, Presidente

Prego i signori senatori a ripigliare il loro posto per udire le meste letture delle quali son debitore all'Assemblea.
Signori,
Nell'intervallo di circa un mese, tra la prima e la seconda sessione della presente legislatura, scesero nel sepolcro cinque senatori:. [...]
La vita e i meriti di ciascheduno di codesti nostri colleghi vengo oggi a commemorarvi per sommi capi, come vuole la consuetudine, come comporta il dolore. [...]
Andrea Lissoni, nato a Monza il 10 novembre 1807.
Imparò le leggi nell'Ateneo ticinese. Professò l'avvocatura in Milano.
Fu del vecchio ceppo di que' giureconsulti che sapevano riverberare anche sulla quotidiana pratica forense la luce della scienza. La procedura, dagli Austriaci recata al foro lombardo-veneto, escludeva la discussione orale; e quindi gli avvocati non si faceano propiamente conoscere che per le Scritture che presentavano ai Tribunali. Quelle del Lissoni ottennero, fin dalle prime, il plauso di tutti, per la copia della dottrina, la sodezza delle argomentazioni, la energia dello stile. Egli ebbe riputazione grandissima, in ispecie nel Diritto ecclesiastico, che fu tanta parte della giurisprudenza nella prima metà del secolo; e parimenti nel Diritto Commerciale, del quale ogni dì si allargava la sfera e crescea la importanza. Ond'è che a lui furono commesse gravi Cause che involgeano quistioni o canoniche, o di commercio: e, all'infuori eziandio delle controversie giudiziarie, soleva essere consultato sopra tutto ciò che si attenesse ai più riguardevoli affari industriali.
Nel 1848 fu dei primi ad offrire la sua cooperazione al Governo provvisorio di Milano, che s'è giovato di lui in più occorrenze. Membro eletto del Comitato centrale di pubblica sicurezza. Sul principio del giugno, inviato al campo di Re Carlo Alberto, insieme con Giuseppe Durini e Gaetano Strigelli, latori del Plebiscito per la fusione della Lombardia cogli Stati sardi. Indi a Torino, con Durini medesimo, per concertare i provvedimenti opportuni a recare in atto la detta fusione. Nel quale incontro avvio domestichezza col Balbo, col Rattazzi e coi luminari della curia torinese.
Quivi rimase fin dopo la pace coll'Austria; più volte richiesto de' suoi avvisi dalla Consulta lombarda, e da varî dei ministri che in quel turno di tempo si succedettero. Sul cadere del 49, costretto da domestiche ragioni, si restituiva a Milano. Nel decennio di poi, si tenne in dignitoso riserbo; assumendo però coraggiosamente il patrocinio di molte Liti in cui era mestieri affrontare la prepotenza del Governo.
Esultò dei grandi avvenimenti del 59, che di corto produssero la unità d'Italia. E nei primi tempi del governo nazionale a Milano (essendo governatore generale della Lombardia Paolo Onorato Vigliani) partecipò ai lavori delle varie commissioni, che indagavano e proponevano i modi più acconci da poter surrogare al cessato reggimento amministrativo e giudiziario i nuovi ordini.
Fu dei giureconsulti lombardi chiamati nell'anno 1860 a dar parere sul Codice civile da distendersi a tutto il Regno.
Per due legislature, la VII e la VIII, appartenne alla Camera de' deputati, elettovi dal collegio di Monza. Il reale decreto 13 marzo 1864 lo nominò senatore. Colpa della salute omai cagionevole, e specialmente dei fieri dolori della podagra, non poté essere frequente alle tornate dell'Assemblea. Quando intervenne, non si fece ad esprimere i suoi concetti se non negli Uffici o ne' privati colloqui; e tuttavia confermò la estimazione in cui era di profondo giurista, di sincero patriota, di senatore egualmente pregiabile pel senno e per l'animo.
Caratteristica dell'uomo era una certa bonimia sollazzevole e arguta, sotto la quale si sentiva sempre il vigore e la prontezza di un alto intelletto, e, a quando a quando, anche la punta di un fino umorismo.
Dall'anno 1860 sino al termine della vita fu consigliere provinciale di Milano; e al Consiglio presiedette per lo spazio di molti anni, fintantochè, sompreppiù aggravandosi le sue infermità, spontaneamente è disceso dal Seggio.
Morì il 29 aprile, d'anni 70 e mezzo.
Dicono che tra i manoscritti di lui v'abbia un'Opera, maturata a dilungo, sulla storia del diritto delle acque, e in particolare delle colature. La fama e la saviezza dell'autore non possono non farci augurare che l'Opera venga data alle stampe.
Nella dipartita di Andrea Lissoni fu generale il cordoglio. Splendidi gli ossequi funebri. Fra gli oratori che davanti alla spoglia esanime innalzarono e laudi e voti, il senatore Tullo Massarani, membro del Consiglio provinciale, così ricordava il cessato Presidente:.
...Ben posso dir io, per averlo ammirato da vicino, quanta fosse in Andrea Lissoni la lucidità dell'intuito, la sicurezza de' criterî, e quella rapida efficacia d'impulso, che, non avvertito per anco, già si propagava irresistibile dalla sua virtù intellettiva. Questa del reggere senza premere è virtù somma in chi governa così le Assemblee come gli Stati; ed io penso che quando si vorrà cercare un simbolo, o proporre un esempio, si pronunzierà riverente quel nome, al quale ora mandiamo addolorati e commossi l'ultimo saluto.
(Alcuni minuti di sospensione).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni 15 maggio 1878.