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GUICCIARDI Enrico

06 novembre 1812 - 01 luglio 1895 Nominato il 14 giugno 1868 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 20 - Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrata la Patria provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti parlamentari Commemorazioni
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori!
[...]
Altra grave perdita facemmo il primo di luglio, giorno in cui il senatore Enrico Guicciardi cessò di vivere a Ponte su quel di Sondrio. Nato Nel luogo medesimo il 6 novembre 1812, per tutta la sua lunga esistenza fu Enrico Guicciardi un intemerato campione della patria; nella forte Valtellina esercitò autorità morale pari all'antica della famiglia sua.
Da giovane nello studio di Pavia ebbe grado di avvocato e venne in grido di liberale ardente; tanto era infaticabile e spericolato nel raccogliere i compagni in fidate congreghe, nello infervorarli alla conquista della libertà e della indipendenza; preparandone, finanche in mezzo alle dissipazioni, i petti audaci e le robuste braccia.
La insurrezione del marzo lo vide a Milano fra i temerari che ne costituirono il comitato direttivo, poi fra i notabili aggiunti alla congregazione municipale che ebbe in mano il governo.
Sfrattati gli stranieri non si indugiò fra i tripudii, i vanti e le contese delle città. Persuaso che dalle armi sole, fino a guerra vinta, verrebbe salute, animoso le valli native sollevò; ne comandò i volontari, che fra le balze della Valcamonica strenuamente fronteggiarono,
Nella giornata di Novara, alla testa di un battaglione valtellinese, segnalatosi, ebbe, e in esiglio mantenne, grado di capitano nell'esercito piemontese finché la Lombardia fu libera; riprese la spada per l'ultima guerra dell'indipendenza. Colonnello in questa d'una legione di guardia nazionale mobile attelata a difesa dei passi dello Stelvio e del Tonale, mostrò accorgimento pari all'ardire; insegnò come gagliardi montanari, a malapena raccolti, possano, se guidati da un capo autorevole e venerato, contrastare le frontiere. (Bene).
Per bontà di consiglio pari all'energia delle opere, dallo strepito delle armi più volte fu condotto al governo di importanti provincie.
E prima resse la sua natale, non appena nel 1859 fu sgombra; e coll'amore che le portava cercò ogni via perché dal nazionale Governo le fosse resa giustizia, alleviando il tributo fondiario che la opprimeva. Parimenti, per altri cinque anni (1861-1865), stette a capo di altre provincie: in quella di Cosenza, con mano rigorosa, represse il brigantaggio che infieriva; nell'autunno 1866 insediò a Mantova il libero regime; sullo scorcio del 1867, dopo avere per mandato della Camera, insieme ed altri, studiate le condizioni di Palermo, ne fu prefetto.
Incarichi scabrosi, che testimoniano delle qualità dell'uomo, della stima che Governo e colleghi ne facevano. Ed egli, che aveva l'animo temprato ad ogni sbaraglio e traeva lena dalla purezza degli intenti, si sobbarcava agli onerosi uffici colla stessa serena abnegazione colla quale a dare franchezza alla patria aveva messi gli averi, esposta la vita.
Era stato il medesimo nella Camera dei deputati per tre legislature (7ª, 9ª, 10ª); lo stesso rimase nel Senato al quale lo ascrisse un decreto del 12 giugno 1808; dove furongli titolo legale di ammissione anche i servizi e meriti eminenti coi quali aveva illustrata la patria. Onore ben meritato dal prode soldato, dal cittadino incorrotto che appartenne allo stuolo magnanimo in cui si impersonò, per cui la redenzione italiana trionfò.
Ed ora che la mesta eco delle Alpi Retiche reca a noi il rimpianto della gente che l'estinto sin dall'ora prima educò e guidò ai rischi per la patria, la figura di lui senza macchia, del combattente di ogni nazionale battaglia, dalla vita che perdette già passa e rivive e si infutura in quella dei venienti. Fra i quali la leggenda lo narrerà ostacolo fatato dei tempi che furono e, se per la incolumità del sacro suolo tornino i cimenti, lo rivedrà, ritto sui profondi abissi, dalle rupi minacciose intimare agli invasori: di qui non si passa! (Molto bene. Approvazioni).
[...]
CANNIZZARO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
CANNIZZARO. Propongo che altrettanto si faccio per la famiglia del compianto collega Guicciari
SARACCO, ministro dei lavori pubblici. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SARACCO, ministro dei lavori pubblici. A nome del Governo io mi associo di gran cuore e vorrei poter far mie le nobili ed eleganti parole pronunciate dall'illustre Presidente del Senato per onorare la memoria di due valorosi colleghi, dei quali, il Senato, non solo, ma il paese piangono amaramente la perdita.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta fatta dai senatori Ferraris e Cannizzaro di inviare le condoglianze a nome del Senato alle famiglie dei due senatori estinti.
Chi approva questa proposta è pregato di alzarsi.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 5 luglio 1895.