senato.it | archivio storico

GUERRIERI GONZAGA Carlo

21 novembre 1827 - 10 aprile 1913 Nominato il 25 novembre 1883 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazione
Pietro Blaserna, Vicepresidente

L'on. nostro Presidente, essendo leggermente indisposto, mi ha incaricato di sostituirlo nel presiedere l'adunanza di oggi, e ha messo a mia disposizione le commemorazioni già da lui preparate.
Ne do lettura, aggiungendone due, che si riferiscono a nostri colleghi morti recentemente, per i quali il nostro illustre Presidente non ha avuto il tempo di preparare le commemorazioni.
Sono mancati ai vivi, nell'intervallo delle sedute, i senatori [...] Guerrieri-Gonzaga [...]
[...]
Il senatore Guerrieri Gonzaga, della cui presenza l'infermità da lungo tempo ci aveva privati, or piangiamo spento. Morì nella sua villa di Palidano il 10 aprile. In Mantova del nobile antico casato il marchese Carlo nato era il 21 novembre 1827. Lui adolescente il collegio educò in Monza; a liceo ed università Padova ospitò; alla maggiore età nel 1846 fu mandato per l'istruzione militare a Vienna. Ma, ai primi moti italici, la divisa straniera spogliò; e nel 1848 fu alla rivolta di Milano con il fratello Anselmo. Entrato questi al Governo provvisorio della Lombardia, Carlo il coadiuvò; e, quando Anselmo fu inviato a Parigi per soccorso, fu Carlo de' primi a correre nelle fila de' volontari di Garibaldi; e nella compagnia di Giacomo Medici fu a Luino ed a Morazzone. Dopo i rovesci, che ebbero il colmo a Novara nel 1849, i due fratelli esularono, condannati a morte e sotto confisca de' beni; e vissero del pane guadagnato con la penna e nell'insegnamento; letterati quali erano ambi, Anselmo poeta e traduttore, Carlo buon prosatore. Questo pregio intellettuale, la chiarezza dei natali e la nobiltà del costume, li resero bene accetti dove ospitarono, cari ed in onore. Facendo amare sé, fecero amare l'Italia dagli stranieri; e con le amicizie e con gli scritti procacciarono favore al suo risorgimento, finché, formatosi il grande partito, che ispiravasi alla politica del conte di Cavour, vi si associarono. Nel 1859 Carlo riprese le armi nell'esercito regolare; e da valoroso ufficiale de' bersaglieri fece la campagna di quell'anno; marciò alla repressione del brigantaggio dal 1861 al 1863; fu capitano nella campagna del 1866; si congedò dall'esercito dopo Custoza per seguire Garibaldi nel Trentino; e con la ritirata depose la spada per darsi alla vita politica.
Già nel 1864, nel corso della diciottesima legislatura, era stato eletto al Parlamento dal collegio di Guastalla; liberata Mantova fu il primo deputato di Gonzaga. Adempì alacremente il mandato, dopo sciolto dal dovere di soldato; sostenne animoso le lotte parlamentari; collaborò a giornali in particolare al Diritto; critico acuto, ma severo ed indipendente. Pubblicò opuscoli, ammonendo i vecchi partiti con richiamarli dai dogmi e dalle formole alla realtà, dalle sterili gare ai bisogni reali della nuova Italia. Memoransi le sue polemiche intorno alle pretese dell'alto clero e del papato. Carattere integro, sedendo ad un lato della Camera, pur combatteva gli amici quando qualche loro proposito parevagli menomare l'autorità dello Stato. D'ogni lato godé stima, rispetto e fiducia; eletto alle commissioni, gradito nel discutere.
In Mantova fu per anni Presidente del Consiglio provinciale; ed ai più ragguardevoli uffici ivi ed in Gonzaga: Del soccorrere ed elevare le classi disagiate, onde inculcava il dovere ai ricchi, dell'amore del povero, della carità verso i sofferenti, dava l'esempio; benefattore diletto e venerato nelle sue terre di Palidano: Fondò a sue spese un asilo pe' figli de' villici; caldeggiò la bonificazione dell'agro mantovano.
Il Senato ne fece l'acquisto nel novembre 1883; ed anche a questa Assemblea diede lungo concorso di assennata parola e di attività. Senatore segretario valente e caro l'ebbe la Presidenza dal 1886 sino alle sue dimissioni del 21 novembre del 1886. Si ritrasse, quando si sentì prostrato dai domestici lutti, e man mano cessò anche dal comparire. Non fu da noi dimenticato assente; sarà viva la memoria di lui trapassato. (Approvazioni)
[...]
BONASI. Consenta il Senato ad un vecchio amico del marchese Carlo Guerrieri Gonzaga, che a lui fu stretto da grande affetto e da antica, sincera ammirazione, di aggiungere qualche parola di sentito profondo cordoglio alla degna commemorazione che ne ha tessuto l'illustre nostro Presidente.
Coloro che non ebbero la ventura di conoscerlo intimamente, non riusciranno mai a raffigurarselo quale egli fu, né possono sentire come il solo suo nome sia una evocazione di ricordi che elevano l'anima a splendori, che è sperabile non abbiano tramonto.
Attraverso la nebbia triste degli anni, il Guerrieri Gonzaga mi appare come una balda, elegante figura di gentiluomo del Rinascimento.
Bello della persona, squisitamente gentile nei modi signorili, colto di cultura varia e soda, semplice nel dire, come nella vita, era, per la innata bontà e il candore dell'animo, alieno da ogni malizia e da ogni ipocrisia, mite, e quasi ingenuo, nel giudicare amici ed avversari; fiero però in campo, quale soldato nella indipendenza e nelle lotte civili, come campione di ogni nobile causa, mostrandosi ugualmente valoroso e quando brandiva la spada, e quando dava di piglio alla penna o alzava la voce nei dibattiti parlamentari.
Uscito da quel patriziato lombardo, che , con tanto impeto di generosi entusiasmi e perseveranza di propositi, si mostrò rigenerato e degno della libertà cui aspirava e dei tempi nuovi che si preannunziavano, quasi adolescente, il Guerrieri Gonzaga si arruolò nelle file garibaldine, e combatté da valoroso le prime battaglie della indipendenza; mentre il fratello suo Anselmo, maggiore di lui, si affermava come uno dei più ardimentosi araldi della rivoluzione in quelle cinque famose giornate di Milano, che prelusero l'epica ricostituzione dell'unità nazionale.
Fallite, ma non spente, le prime speranze; vinti, ma non fiaccati, i due giovani fratelli presero la via dell'esilio.
Dall'Austria, tornata tracotante ad occupare le provincie lombarde, si videro confiscato il patrimonio avito, ma la persecuzione politica non poté tarpare loro l'animo; e quel tempo di ansie e di sagrifizi, di sconforti e di speranze fu per loro di preparazione a più alte imprese nei giorni della riscossa.
Al dolore di vivere in estranea terra, essi accesi di tanto amore per il paese nativo, cercarono conforto in quegli studi che ne temprarono anche l'intelletto, e li rese degni degli alti uffici cui li preconizzavano le promettenti prove cui si erano già cimentati, e dai quali tosto li chiamava l'Italia risorta, ma non ancora completamente redenta.
Non è questo il momento di tessere la biografia di questi geniali patrioti che riuscirà piena di insegnamenti, ed agli animi generosi di incitamento ad opere egregie, e ad ogni virtù pubblica e privata.
Auguro che qualcuno degno del nobile soggetto non tardi a compiere uno studio, che, mentre sarà giusto tributo di riconoscenza verso questi benemeriti, che alla patria tutto offersero e nulla chiesero, diverrà pagina gloriosa della storia del nostro risorgimento ed anche spinta ad un notevole contributo alla moderna nostra letteratura, se invaghirà altri a raccogliere e divulgare i loro scritti, che sarebbe doloroso avessero a rimanere privilegio dei pochi frugatori di biblioteche e ricercatori di cose rare.
Aggiungerò soltanto, per restringere i ricordi al nostro Carlo, la cui scomparsa tanto vivo e amaro rimpianto ha suscitato e lascia tra noi, che, chiuso il periodo glorioso delle grandi guerre nazionali, e vinte quelle dolorose e più oscure, ma non meno eroiche, del brigantaggio, nelle quali tutte egli si conquistò le insegne del valore, deposta la nobile assisa di ufficiale dei bersaglieri, nella Camera dei deputati, nella stampa, nel Senato, continuò a combattere, senza pregiudizi di classe o esclusivismi partigiani, con indomito fervore per ogni causa generosa, e per quegli ideali di libertà, di progresso e di umanità per cui ardeva la sua anima di cavaliere antico, esercitando sopra tutti un fascino che, per l'inconcussa rettitudine e calore di convinzione, gli cattivava insieme l'ammirazione e l'affetto.
Egli lasciò scritto per le sue figlie adorate, Maria e Sofia, fogli di memorie intime e storiche, che, sebbene disgraziatamente rimasti troppo presto in tronco, ai pochi privilegiati, che, per benigna concessione delle degne depositarie dei questo sacro retaggio, hanno potuto gettarvi sopra l'occhio, sono apparse mirabili.
Queste pagine deliziose, dettate colla sincerità e semplicità che era nella sua natura, e colla espansione di chi si sente in famiglia solo colle persone più caramente dilette, alle quali erano riservate, rivelano tutte le grazie, le eleganze e le seduzioni che scaturiscono naturalmente da un cuor gentile, accoppiato a mente eletta letterariamente educata, e contengono particolari preziosi intorno agli avvenimenti politici di cui fu parte o testimone, che potranno divenire per la storia elementi di più equi e sicuri giudizi.
Mi sia dunque lecito, in questo momento solenne e doloroso, di esprimere il voto che tanto tesoro di ricordi non abbia a rimanere nascosto, e che le colte e intellettuali discendenti, nelle quali egli trasfuse così viva la fiamma dell'amore per ogni cosa bella e buona, a rendere perenne l'esempio delle grandi virtù del padre e a tutti caro il suo nome venerato, non vogliano privare le nuove generazioni di un bene, che sarà seme di virtù novelle.
Frattanto a loro, cui giammai le lacrime di un incommensurabile compianto potranno lenire l'angoscia della perdita irreparabile, da questa eminente Assemblea, che si onorò di annoverarlo tra i suoi più eletti, vada una parola, non di conforto, ma di solidarietà pietosa e di riconoscente affetto (Vivissime approvazioni. Congratulazioni).
[...]
GIOLITTI, Presidente del Consiglio, ministro dell'interno.Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOLITTI, Presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Purtroppo, durante la breve sospensione dei suoi lavori, il Senato è stato colpito da gravi lutti.
Il Presidente del Senato e gli onorevoli senatori che hanno parlato hanno ricordato le grandi virtù degli estinti colleghi di quanti seggono in quest'Aula.
[...]
Gli egregi senatori Guerrieri-Gonzaga [...] hanno reso alla patria eminenti servizî: come militare e patriota il Guerrieri-Gonzaga […].
A nome del Governo, mi associo al rimpianto di quest'alta Assemblea e mi associo del pari a tutte le condoglianze che il Senato crederà d'inviare alle famiglie ed ai comuni nativi di questi egregi senatori da tutti compianti. (Approvazioni vivissime).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 aprile 1913.