senato.it | archivio storico

GUARDABASSI Francesco

24 ottobre 1793 - 20 agosto 1871 Nominato il 20 gennaio 1861 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Umbria

Commemorazione

 

Vincenzo Torrearsa (Fardella di), Presidente
Signori Senatori,
L'inesorabile tempo, che non si arresta mai nell'opera sua, ci ha tolto quattro nostri onorevoli Colleghi nel periodo trascorso tra questa e la precedente Sessione.
Il Senatore Francesco Guardabassi, nato a Perugia nel 1793, cessò di vivere il dì 20 agosto del cadente anno, e n'ebbe il cordoglio dei suoi concittadini e il compianto di quanti apprezzano l'abnegazione degli eletti che, con costanti e virtuosi propositi, fanno precipuo scopo della loro vita il bene della patria.
Francesco Guardabassi, educato all'amore della libertà fin dall'infanzia, avendo seguito il padre nell'esilio, fatto padrone di sé, comprese il dovere di servirne la causa, e dimorando nella sua prima giovinezza per qualche tempo in Firenze, vi contrasse amichevoli rapporti con alquanti tra i generosi che in quei tempi, assai diversi dagli odierni, nel silenzio ed a rischio non lieve, nutrivano sante aspirazioni per la nazionale redenzione. Appena verificatisi in Napoli i casi del 1820, non mancò di recarvisi, e fallito quel primo conato del nostro risorgimento, tornò altra volta in Toscana, e indi si ridusse nella sua diletta e natía Perugia, ove dedicò tutto se stesso ad apparecchiare, per quanto gli era possibile, i suoi concittadini ai grandi mutamenti politici che la sua ragione facevagli prevedere, e il suo cuore ardentemente desiderava. Possessore di ricco patrimonio, e dotato d'un animo generoso, soccorrendo i miseri, e consigliando e sollevando quanti ad esso ricorrevano, ben presto acquistossi il rispetto e l'amore del popolo perugino.
Sopravvennero i ben noti fatti di Romagna nel 1831, ed il Guardabassi non mancò a se stesso, ed ai suoi. Comandante della milizia cittadina, aiutò il movimento, finché ne credette possibile la riuscita, ed allorquando fu certo della disfatta dei patriotti, rivolse le sue premure con favorevole risultato a tutelare la sua Perugia dai danni che la minacciavano, trovandosi tra l'invadente esercito austriaco, e le sparute forze della rivoluzione, che ostinavansi alla generosa sì, ma impossibile difesa di quella città. Ristaurata l'antica dominazione, dovette egli esulare; e sofferta la prigionia in Toscana e l'esilio in terra straniera, poté alla fine rivedere le domestiche mura, senza piegarsi a quell'atto di sommissione che ad altri reduci fu imposto dalle Autorità di quel tempo.
Nel 1832, alle disgrazie politiche si aggiunse in quelle provincie altro flagello. L'Umbria intiera fu scossa da terremoto, e Foligno andò quasi in completa ruina; e il Guardabassi in quella sventurata circostanza mostrò sempre meglio il nobile animo suo, recandosi sui luoghi del disastro con altri egregi suoi compatriotti, e soccorrendo del suo quelle sconsolate popolazioni.
Ma ove il civile reggimento non posa sulle salde basi che sola può dare la libertà all'ordine ed alla sicurezza dell'umana società, il diffidare di quanti sorpassano la stregua comune è ineluttabile necessità di chi esercita il non controllato potere, ed il nostro Senatore Guardabassi ne fece dolorosa esperienza. Trascorso poco tempo dopo quegli avvenimenti, credette la polizia di allora di aver scoperto nelle Romagne, e particolarmente in Perugia, nuove politiche cospirazioni; e non mancò di ritenerne complice il Guardabassi, naturalmente sospetto al potere per la popolarità sua, e per i suoi noti principii, e implicandolo in fatti che ignorava, lo comprese in un processo allora iniziato, ed egli sicuro della serenità della sua coscienza, comunque ne avesse avuto modo e tempo, non volle punto fuggire la non imparziale giustizia; e dopo aver sofferto il carcere, e durezze non poche, si ebbe la soddisfazione di vedere riconosciuta la sua innocenza da quel tribunale, che forse avrebbe voluto trovarlo reo per condannarlo.
Gli avvenimenti del 1848, che segnano il primo passo in quella catena di fatti meravigliosi che ci fanno qui sedere, trovarono il Guardabassi ritirato in campagna, dato alle cose sue ed alle cure della sua famiglia: aprendo anch'esso allora il suo cuore alla speranza, tornando in Perugia ed al comando di quella cittadina milizia, adoperossi efficacemente in aiuto della causa nazionale, dividendo alla fine il comune dolore per l'aggiornato trionfo, e salvando la seconda volta la sua città natìa dall'impeto del vittorioso Austriaco, e dall'ardore inconsiderato de' suoi difensori. Rimasto in patria dopo il ritorno dei vecchi dominatori, si diede all'amministrazione delle provinciali faccende, convinto com'era, che, non potendosi sviluppare la vita politica in più larga sfera, incombeva ai buoni attivare le amministrazioni del Comune e della Provincia, per far nascere nelle popolazioni il bisogno di occuparsi della pubblica azienda come primo e principale motore del vivere libero.
Finalmente le armi italiane, passando il Ticino insieme all'esercito francese, riaccesero viva fiamma di santo amor di patria in quanti ebbero natali nell'itala terra, e Perugia, commossa dalle vittorie che ci condussero sul Mincio, precorrendo i tempi, insorse generosa, e indicossi bersaglio alla soldatesca straniera d'un potere già barcollante.
Voi, onorandi Colleghi, attori e testimoni dei grandi avvenimenti nazionali verificatisi nella memoranda epoca nostra, non ignorate quei fatti e la catastrofe che li seguì; onde basti ch'io vi dica che l'oramai attempato Guardabassi fu tra quelli che coraggiosamente consigliarono la difesa, e che caduta la città, affranto dalla pubblica sventura, lasciando quanto gli era caro, riparò in Torino ove sedette nella Camera dei Deputati, e fu poscia elevato alla dignità di Senatore. E voi, onorevoli Colleghi, lo vedeste indi dividere con noi fino all'ultimo suo giorno la santa gioia che ha messo nel cuore d'ogni Italiano il compirsi del nostro riscatto, e lo sventolare degli itali colori sulla storica Metropoli.
[...] Parecchie e dolorose sono state le perdite da noi fatte, e rincrescevole mi è riuscito dovervele noverare. Ci sia però di conforto e mi faccia meritare l'indulgenza vostra la speranza che non è sempre perduta la rimembranza delle buone opere di chi ci precede.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni , 13 dicembre 1871.