GONZAGA Maurizio
21 settembre 1861 - 24 marzo 1938 Nominato il 11 giugno 1922 per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza VenetoCommemorazione
Atti Parlamentari - Commemorazione
Luigi Federzoni, Presidente
Grave lutto per il Senato, come per l'esercito e per il paese, è la scomparsa del generale Maurizio Gonzaga, uno degli eroi della grande guerra, una delle figure più rappresentative del valore di nostra gente. Discendente di una delle massime storiche famiglie del patriziato italiano, stirpe di ferrei uomini d'arme e forti condottieri fino dal Medio Evo, al secolare titolo principesco, ricordo dell'antica sovranità della sua casa, egli poté aggiungere il marchesato del Vodice come un nuovo supremo vanto nei fasti militari del nome di cui aveva rinnovato le glorie.
Allievo e poi insegnante alla Scuola di guerra, ufficiale di Stato maggiore e successivamente capo di Stato maggiore presso comandi di divisione e di corpo d'Armata, entrato in guerra nel 1915 come intendente d'Armata, apprezzato fino allora quale perfetto conoscitore e organizzatore dei servizi, Maurizio Gonzaga doveva rivelare la sua prodigiosa tempra solamente al fuoco, soldato fra i soldati. Particolarmente memorabile la conquista di Monte Vodice, vero canto di epopea, in cui l'ardore civile dell'assalto, durante un mese di lotte temerarie e sanguinosissime attorno alla cima disperatamente difesa dal nemico, è trasfuso negli intrepidi fanti dalla parola, dall'esempio, dall'iniziativa risoluta del generale, sempre presente e vigilante sulla prima linea benché due volte ferito in combattimento; e quell'impeto formidabile degli attaccanti si converte, dopo l'espugnazione, per virtù dello stesso capo, in strenua incrollabile fermezza che consente di tenere saldamente la posizione contro tutti i violenti e ostinati ritorni offensivi del nemico. Non meno splendente l'episodio di Monte Cucco, nel quale il Gonzaga fu ferito altre due volte consecutive e ancor più degno di ammirazione il suo comportamento nelle tristi giornate d'incubo dell'ottobre 1917, quando si trattava non di raggiungere in un'ebbrezza d'ardimento una meta vittoriosa, ma di sbarrare il passo all'avversario che aveva travolto le nostre difese e ritardarne l'avanzata in forze entro il territorio nazionale: compito più difficile e ingrato per il quale occorreva il sacrifico senza speranza di ricompensa. Al valico di Stupizza, donde si scende dall'altra valle dell'Isonzo nella piana udinese, il generale Gonzaga mostrò alle truppe della sua divisione quale fosse la via dell'onore, puntando ancora sul nemico. Egli non lasciò il campo di battaglia se non quanto vi fu costretto, perché colpito gravemente in più parti del corpo dal piombo austriaco, rimanendo mutilato. Era il momento più angoscioso della nostra guerra. La tenace e serena difesa di Gonzaga e dei suo valorosi fu uno dei fatti d'arme che preannunziarono pur in quella fase oscura il miracolo del Piave.
Grande soldato in guerra e anche in pace. Nel 1921 comandava la divisione di Genova, allorché fu avvertito che, per ristabilire l'ordine pubblico turbato dalle agitazioni faziose di quel tempo, le forze del presidio sarebbero state accresciute di un reggimento di fanteria. per non fomentare maggiormente la frenesia demagogica dei sovversivi, il reggimento sarebbe giunto di notte per via di mare. Si consigliava al comandante della divisione di farlo sbarcare pure di notte, a piccoli drappelli, in modo da non dar troppo nell'occhio, finché tutto il reggimento non fosse acquartierato. Il generale Gonzaga non accettò il consiglio. Ordinò lo sbarco verso il mezzodì del giorno seguente e si recò personalmente alla banchina. Formatasi la colonna, egli montò a cavallo, prendendone il comando; ed essa sfilò, musica in testa, con lui e con la bandiera spiegata per le strade di Genova, senza alcun disturbo da parte dei facinorosi rincuorando i buoni cittadini ad aver fede e ad operare nella iniziata azione di riscossa.
La più luminosa soddisfazione, per questo fascista di vocazione e di temperamento, fu l'atto del duce che ne coronò la mirabile carriera: la sua nomina a comandante generale della Milizia: carica che egli tenne con entusiasmo non inferiore alla straordinaria autorità, recando alle giovani legioni delle Camicie Nere, semenzaio delle nuove virtù militari della nazione, il suo prestigio insuperabile di combattente.
Caro, buono, cordiale, generoso nostro camerata Gonzaga, tanto semplice e affabile nel tratto quanto era alta la nobiltà del suo sangue e più delle sue imprese! Perenne sarà in noi il rimpianto dell'eroe, come il culto di ciò che egli fece e diede per la patria.
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 25 marzo 1938.