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GIACCHI Michele

10 aprile 1805 - 24 dicembre 1892 Nominato il 16 novembre 1876 per la categoria 12 - I consiglieri del Magistrato di cassazione e della Camera dei conti dopo cinque anni di funzioni provenienza Molise

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Il senatore conte Michele Giacchi che quattro giorni or sono moriva in questa città e di cui io devo adesso fare menzione per l'ultima volta innanzi a voi, nacque a Sepino, su quel di Campobasso, il 10 aprile 1805. Avvocato di buona reputazione nel fôro, in Napoli fu dei giovani che nulla pretermisero per preparare alla patria sorti meno triste. E quando nella primavera del 1848 sulla bella regione, contaminata da malvagio regime, passò un effimero bagliore di libertà, egli appartenne a quella Camera che, non sbigottita dalla furibonda soldatesca né dalla plebe brutale, rivendicò, a rischio di tutto, in faccia al Re fedifrago i diritti dal patto costituzionale fermati.
Angarie non lo mutarono, persecuzioni non lo fecero vacillare; nel susseguente decennio il cui obbrobrioso governo fu dal mondo civile sfregiato con nota d'infamia, tenne fede ai sentimenti ed ai propositi degli anni giovanili. Bandita poi novellamente la costituzione, a tardo scongiuro del baratro in che il fatale trionfo dell'unità sprofonderebbe dinastia e Regno, fu il Giacchi a mezzo il 1860, ministro Liborio Romano, direttore generale dell'interno e della polizia: ufficio che, serbato durante la dittatura fino all'ottobre, mostrò in quel tempo di incertezze, di agitazioni e di tumulti quanta fosse la sua avvedutezza, la singolare cognizione che egli aveva della grande città, la ferma sua rettitudine.
Nell'anno di poi Vicepresidente onorario della gran Corte dei conti di Napoli, commissario demaniale in Terra di Lavoro, indi consigliere della Corte dei conti del Regno, durò in questa carica fino all'ottobre 1890. E la Corte e lo Stato per circa trent'anni dalla rigida integrità, dall'animo buono, dalla mente sua adorna di non ordinaria classica cultura e di molta dottrina amministrativa nutrita, trassero lume e benefizi insigni.
Parimente il Senato, al quale il defunto era stato ascritto da circa sedici anni ed attese assiduo fino agli ultimi giorni della verde vecchiaia, poté anch'esso conoscere, intendere e valutare le doti tutte dell'egregio. La morte del quale ha, con rammarico di ognuno, privato quest'Assemblea di un altro dei venerandi superstiti la presenza dei quali rammenta le antiche condizioni d'Italia, le vicissitudini, le opere, i sacrifizi per redimerla; parla, ammaestra coi ricordi che li resero degni di memoria e gratitudine perenni. (Benissimo).
FINALI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha Facoltà di parlare.
FINALI. Collega di Michele Giacchi per ventun anno alla Corte dei conti e perciò testimonio della serenità e rettitudine del suo giudizio, della sua larga coltura legale e classica, e del suo costante ed alto patriottismo mi associo con tutto il cuore alla commemorazione fatta dal nostro illustre Presidente.
SPROVIERI F. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha Facoltà di parlare.
SPROVIERI F. Io non intendo fare un discorso per dire le lodi all'estinto amico, dopo le parole dette dall'onorevole Presidente e dall'onorevole Finali; solo prego il Presidente che siano mandate le condoglianze alla patriottica famiglia dell'estinto nostro collega.
GRIMALDI, ministro del tesoro,interim delle finanze. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha Facoltà di parlare.
GRIMALDI, ministro del tesoro,interim delle finanze. Il Senato rimpiange oggi la perdita di una distinta personalità; l'onorevole senatore Giacchi.
Memore dei suoi meriti patriottici, memore dei servigî, che egli ha reso per non pochi anni a quell'alta magistratura che è la nostra Corte dei conti, mi associo a nome del Governo alle parole pronunciate per la sua memoria dall'onorevole Presidente del Senato, e dall'onorevole Finali.
CALENDA ANDREA. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha Facoltà di parlare.
CALENDA ANDREA. Dopo le belle parole pronunciate dal nostro degnissimo Presidente, alle quali han fatto eco gli altri oratori che mi hanno preceduto, anche per questa occasione pietosa io non avrei osato prendere la parola. Nulla potrei aggiungere a tutto quello che il nostro degno Presidente con la sua frase scultorea ha descritto, facendo emergere la rettitudine, il patriottismo, gli eminenti servigi resi alla patria dal defunto nostro collega l'onorevole senatore Giacchi.
Me le mie parole sono mosse da un altro sentimento più umano e più onesto, ed esso è una profonda e verace gratitudine che io debbo all'illustre defunto.
Quell'uomo che mi conobbe giovanetto in caso di Roberto Betti, pari del Regno di Napoli, nell'anno 1848, fu il primo ad aprire la mia mente ed accendere l'animo mio all'ideale di una grande patria italiana.
Egli mi ha sempre proseguito con onore nella mia carriera e sottoscritti da lui serbo ancora provvedimenti che mi riguardano nelle varie vicende politiche ed amministrative della mia vita.
Anzi mi sovviene e narrerò, se il Senato permette, che assunto io pure all'onore di sedere tra voi, entrando la prima volta in quest'Aula, il venerando vecchio mi venne incontro e abbracciandomi disse con voce commossa: Ecco il Senato di quella grande Italia che noi sognavamo insieme più che quaranta anni fa. Ora l'egregio vegliardo è passato da questa vita tra il compianto in Italia di quanti pregiano virtù d'animo e dottrina, e sia questo il conforto massimo a' figli, agli amici ed a tutti quelli che dentro e fuori di quest'Aula ebbero consuetudine con l'integro magistrato e modesto patriota. (Bene).
PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta del senatore Sprovieri, che piaccia al Senato di esprimere le sue condoglianze alla famiglia del defunto senatore Giacchi; chi l'approva è pregato di alzarzi.
Approvato.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 19 dicembre 1892.