GERBAIX DE SONNAZ Giuseppe
30 settembre 1828 - 08 aprile 1905 Nominato il 26 novembre 1884 per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza PiemonteCommemorazione
Atti Parlamentari - Commemorazione
Tancredi Canonico, Presidente
Signori Senatori! È dall'animo profondamente commosso che mi sale sul labbro il nome caro e venerato del senatore Giuseppe De Sonnaz; tipo perfetto di soldato, cuore eccellente, carattere nobile e senza macchia, nato a Cuneo il 30 aprile 1828, spentosi stamane in Roma alle ore 8 e un quarto.
Rapida e brillante fu la sua carriera militare. Sottotenente soprannumerario (appena diciottenne) in Savoia cavalleria ed aiutante di campo del padre, generale Ettore, col grado di sottotenente effettivo, fece le campagne del 1848 e 1849, distinguendosi specialmente a Mortara e Novara. Passato luogotenente nei Cavalleggieri di Monferrato, partecipò col grado di capitano alla guerra di Crimea ed a quella del 1859.
Maggiore di stato maggiore col generale Fanti, si segnalò nelle Marche e nell'Umbria. Colonnello di stato maggiore nella campagna del 1866 ed aiutante di campo del Principe Umberto, contribuì efficacemente a salvargli la vita, formando il famoso quadrato, mercè cui si potè sostenere l'urto della cavalleria nemica.
Ciò gli valse la medaglia al valor militare, la promozione a maggior generale e la gratitudine perenne del Principe, che sempre lo volle seco a Milano, a Napoli, a Roma, quale suo primo aiutante di campo.
Nominato luogotenente generale nel 1875, e poi senatore il 26 novembre 1884, comandò prima la divisione di Palermo, poi per dodici anni il corpo d'armata di Piacenza: finchè dovette, per legge di età, essere collocato in posizione ausiliaria nel 1896.
Delle doti del suo cuore può solo farsi una idea adeguata chi ebbe la ventura di conoscerlo da vicino.
A Piacenza, durante il colera del 1884, moltiplicava se stesso per assistere i colpiti dal fiero malore; un carabiniere, ch'egli accorse a soccorrere, gli morì fra le braccia.
Nel 1887, quando il terremoto devastò parte della Liguria, egli fu il primo ad accorrere sul luogo del disastro: l'ultimo a partirne. Colà non si dava tregua, nè giorno, nè notte: sempre intento a soccorrere feriti, ad apprestare baracche di ricovero ed ogni maniera di aiuti a quelle infelici popolazioni, che, lagrimanti, lo benedivano come un padre. Uopo non era che incoraggiasse i soldati al lavoro; ma loro accresceva lena il suo esempio e l'affetto con cui ne compiangeva le dure ed incessanti fatiche nel trasportar le macerie, nel trarne i cadaveri, nel costruire i baraccamenti. Sempre vegliava a che di nulla mancassero, e faceva loro distribuire, del proprio, sigari e vino. Fermo nella disciplina, giusto e buono con tutti, egli era l'idolo dei soldati.
Schietto amante del vero, quanto era buono ed affettuoso, altrettanto egli disdegnava tutto ciò che non fosse onesto o fosse anche soltanto meno corretto.
E' questo l'Uomo, che noi vedevamo ogni giorno, quasi sempre il primo, occupare il proprio seggio in quest'Aula, semplice e modesto, ma pronto sempre ad esprimere, con parola convinta, il pregiato suo parere sulle questioni militari.
Mite e dolce nei modi, ma di natura decisa ed energica, sempre quando gli avveniva di parlare del Re, dell'Esercito, delle sorti della Patria, la sua parola diventava così nobile, vibrata, vivente, che in quanti l'ascoltavano suscitava il medesimo fremito di commozione onde ardeva l'anima sua di patriota e di soldato. (Vive approvazioni).
Or sono appena due giorni, chiesti e ricevuti (sincero credente qual era) i conforti religiosi, vestito della sua uniforme e con al fianco la spada, volle ancora una volta brindare alla salute dei Sovrani, della Famiglia Reale, alla prosperità del Paese a cui dedicò tutta la vita, ed ai numerosi suoi amici.
S.M. il Re, che a malincuore si astenne dal visitarlo prima, per evitargli soverchia emozione, appena avuta notizia della sua morte, si recò al letto dell'estinto.
Mi vi recai io pure stamane per vedere ancora una volta quelle care sembianze, e deposi un ultimo bacio sulla gelida sua fronte. Ma il freddo soffio della morte non fece che rendere solenne, e direi quasi sacra, la serenità e la pace che ancora in quel momento irradiava dal suo volto di giusto. (Benissimo).
Uomo di tempra antica, ricevi da un mondo migliore, o carissimo e venerato collega, il nostro affettuoso saluto: e vivi nel cuore della giovane generazione, qual nobile esempio e stimolo salutare. (Vivissime e generali approvazioni).
DI SAN MARZANO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI SAN MARZANO. Non aggiungerei nulla alle parole così eloquenti e sentite del nostro Presidente a commemorazione del collega che abbiamo perduto: ma, compagno suo in 56 anni di carriera ho talmente conosciuto le .sue alte qualità di cuore di militare e patriota, che crederei mancare alla sua memoria, se non esprimessi il mio compianto in quest'Aula; compianto che esprimo con la certezza di essere anche-interprete di quello degli ufficiali tutti dell'esercito. (Benissimo).
LAMPERTICO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LAMPERTICO. Da questo posto dove sedeva di solito il senatore De Sonnaz io gli devo una parola di riconoscenza. Quando entravo in quest'Aula io era certo di trovare primo al suo posto il senatore De Sonnaz, mi presentavo a lui, e, facendo alla meglio il mio saluto militare, mi rinfrancavo nell'adempimento dei miei doveri.
Delle virtù che ha spiegato il generale De Sonnaz per la patria nelle armi, a me non ispetta di parlare, ma so di quel molto di bene che ha fatto nella vita civile. Io so, che dove lui aveva il comando dell'esercito era l'esempio del più scrupoloso adempimento dei suoi doveri. Quando da Roma andava a Piacenza, il. primo suo pensiero era quello di passare in rassegna i soldati che da lui dipendevano. Ma di più: il senatore De Sonnaz, dappertutto dove ebbe a risiedere, era veramente una suora di carità.
Egli era quanto mai benefico, e non beneficava per farne sfoggio, niente del tutto, ma. per soccorrere vere e reali miserie. Io ho speciale dovere di ricordarlo in quest'Aula perché militai sotto i suoi ordini in una memoranda occasione parlamentare, in cui lui fu, come commissario del primo Ufficio, anche presidente dell'Ufficio centrale. Si trattava della emigrazione, e siccome vi erano delle esitanze, il De Sonnaz proruppe: « Ma che state a discutere, vi sono delle miserie da sollevare, finitela» e lui imponeva si venisse ai voti e si concludesse. E forse una delle ultime volte in cui ebbi il bene di esser con lui, fu quando volontariamente, spontaneamente, senza averne nessun obbligo, volle venire, a visitare l'ufficio della emigrazione. Era vivamente impressionato di tante miserie a cui bisognava venire in soccorso e lui non aveva tante sottigliezze come abbiamo noi, lui non vedeva che dei dolori a cui venire in soccorso, e per, il primo veniva in soccorso. Nessuno in Senato mi dica incompetente .o temerario, se io ho creduto di prendere la parola in onore del senatore De Sonnaz. Della sua morte non parlo; è una morte così eroica che io non sono degno... (l'oratore si commuove)... è troppo profonda la commozione dell'animo mio, e sono troppo compreso dei doveri che tutti abbiamo verso la patria e verso il Re. (Approvazioni).
MASSARUCCI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
MASSARUCCI. In mezzo a tante voci che si sono sollevate per commemorare il compianto nostro collega generale De Sonnaz, sento il dovere di portare un saluto alla sua memoria, anche a nome dei veterani d'Italia, dei quali mi onoro di essere il presidente. Egli spontaneamente volle circa cinque anni fa, iscriversi tra quei veterani che fanno il servizio d'onore alle tombe dei nostri Re, al Pantheon. E quand'io scadendo di carica, lo pregai, anche a nome dell'intiera Società dei veterani, di assumere la presidenza, egli, per quella modestia che lo distingueva, volle assolutamente rifiutarla, e potei solo fargli accettare la carica di vice-presidente.
Dal momento in cui egli entrò nel nostro Comizio non cessò mai di beneficare quanti a lui ricorrevano, e ciò faceva con quella spontaneità e modestia che ama nascondere l'animo benefico. A nome mio, quindi, e dei veterani, ripeto, mi sia concesso portare qui una parola di compianto alla sua memoria, ed associarmi agli altri che hanno enumerate le sue virtù militari e civili che, lo distinsero in vita e lo accompagnarono fino al momento della sua morte. (Approvazioni).
TASSI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
TASSI. Mi permetta il Senato una parola di affettuoso rimpianto alla memoria dell'illustre uomo, di cui stamane ha cessato dì battere il gran cuore. Piacenza, della quale in questo momento interpreto I'immensurato dolore, si gloriava di averlo entusiasticamente. acclamato suo cittadino onorario ed egli di quella cittadinanza, fatta tutta d'amore, ad ogni incontro, in queste stesse sale, si ripeteva meco amorosamente altiero.
Una intiera generazione lega alla sua forte e geniale figura i più grati ricordi; poiché non ci fu tripudio, o lutto di Piacenza, cui egli non partecipasse, segnacolo splendidissimo d'infinita bontà.
E mi pare ancor di vederlo a tutte le feste dello studio e del lavoro, consegnante i premi conquistati dalle bambine, dai bimbi, dai giovani trionfanti nelle scuole, dagli operai meritevoli di ricompensa guadagnata nelle affaticate officine, accompagnando l'atto d'incoraggiamento con parole così paternamente sentite, che si scolpivano come in adamante negli animi loro, e li sospingevano più arditi alle generose battaglie della vita.
E lo ricordo circondato dai poverelli, ai quali appariva come l'Arcangelo della Provvidenza, e ai quali largiva tutto l'onorario mensile, tutto, udite bene; sì che, pochi giorni dopo, egli era ridotto alla pari dei suoi beneficati!.
Ben a ragione ognuno che l'avvicinò lo ebbe supremamente diletto, e ben si comprende che la ferale novella della sua dipartita sprema le lacrime a tutti coloro, che ne apprezzarono le virtù elette di vero cavaliere antico.
Allo spirito di lui, che ancora aleggia in quest'Aula, vada adunque l'estremo vale dei suoi concittadini, col sacro voto che quanti ebbero la gran ventura d'essergli cari ne onorino la memoria, seguendone il nobilissimo esempio!. (Approvazioni).
PEDOTTI, ministro della guerra. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
PEDOTTI, ministro della guerra. Mentre a nome del Governo mi associo alla splendida commemorazione, che del compianto generale De Sonnaz ha fatto il nostro illustre Presidente, ed alle parole così piene d'affettuoso rimpianto aggiunte da tanti altri senatori, chiedo di poter dire io pure qualche parola che ricordi le virtù e le gesta di così insigne uomo.
La morte del generale Giuseppe De Sonnaz assottiglia ancor più quella schiera, oramai scarsa, di uomini generosi che tutta consacrarono la vita all'ideale della patria.
Figlio dell'illustre generale Ettore, che fu ministro di Re Carlo Alberto, il generale Giuseppe De Sonnaz ereditava col sangue di una illustre antichissima famiglia, e più ancora con l'esempio delle virtù paterne, le qualità militari, la nobiltà dei sentimenti e l'amore per la Patria, alla quale dedicò tutto se stesso.
Entrato nell'esercito piemontese nel '46, non vi fu, si può dire, azione guerresca compiuta dall'esercito regolare cui egli non abbia preso parte, a cominciare dalle campagne del 1848-1849 fino a quelle del 1866, non esclusa la spedizione di Crimea e le campagne di Ancona e nella bassa Italia nel 1860-61. E mai mancò di segnalarsi e di dar prova del suo valore: così si distinse come capitano di stato maggiore nella campagna del 1859 e vi fu decorato di una onorificenza; così nell'ottobre, del 1860 conseguì la promozione a tenente colonnello per merito di guerra, per i distinti servigi resi nella campagna dell'Umbria e delle Marche, e poco dipoi, alla presa di Mola di Gaeta, tanto si segnalò da meritarsi la croce di cavaliere dell'ordine militare di Savoia; così nella campagna del '66, durante la quale salì al grado di maggior, generale, egli dette tali prove di abilità e di bravura da meritare ancora una medaglia al valor militare.
Ma, come prode sui campi di battaglia, egli fu prudente e saggio nelle opere della pace e nelle cariche militari, di cui tenne le più alte ed in cui rese servizi importantissimi. Restò nell'esercito per cinquantanni e nell' esercito lasciò, con il ricordo imperituro di prode e valente generale, la più larga eredità di affetti. I soldati, dei quali egli prendeva sempre gran cura, lo chiamavano, bonariamente parlandone: «papa De Sonnaz». Né vi fu ufficiale, dei moltissimi che nella lunga camera egli ebbe ai suoi ordini, che non gli fosse sinceramente affezionato.
Uomo di antica tempra, egli non era severo che con se stesso: austero nella vita, sempre rigido osservatore del dovere. Ed ebbe animo singolarmente buono e benefico, e fu così largo sempre nel donare e nel sovvenire ai miseri da spendervi facilmente tutto il suo e da ridursi talora, benché di non piccolo censo fornito, quasi in strettezze; rara e nobilissima virtù che tutta faceva palese la magnanimità e la gentilezza della sua natura, e che da sola basterebbe a rendere amara e lacrimevole la sua dipartita.
Sentendosi vicino a morte (ve l'ha testé ricordato il nostro Presidente), egli volle ancora una volta indossare quella divisa di soldato che aveva portato, così gloriosamente su tanti campi, e sotto cui aveva battuto per tanti anni il suo fervido cuore di patriota; e, così vestito, brindò al Re, alla patria, all'esercito. A questi egli aveva dedicato tutta la vita; a questi, che stavano sempre in cima al suo cuore, sul punto di lasciare ogni affetto terreno, volle rivolgere i suoi estremi pensieri.
Onore alla sua memoria! Onore al prode e gentile cavaliere al quale, come a pochi, ben si attagliava la divisa di Baiardo: Sans peur et sans réproche. (Approvazioni),
GUARNERI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
GUARNERI. Vi sono degli uomini il cui compianto non è mai sufficiente; uno di questi uomini fu Giuseppe De Sonnaz e quindi sia permesso a me, non militare, di prendere la parola per associarmi al compianto universale.
Quell'uomo era un prodigio di beneficenza, di quella beneficenza attiva che cerca la miseria, e non attende che batta alla porta: quell'uomo aveva la modestia della beneficenza, e non permetteva che dinanzi a lui si facesse il suo elogio perché riteneva, e lo dichiarava, che la beneficenza è un dovere, non una virtù. Sulla sua tomba egli avrà il compianto di tutti coloro in cui batte cuore italiano, ma avrà purè le lagrime di tutti i miseri che nella sua lunga vita beneficò, e che furono innumerevoli. Avrà potuto trovare uguali sul campo di battaglia, ma sui campi della beneficenza fu solo ad elevarsi a quella altezza, ed è per questo che ardisco di proporre che il nostro attestato di alta Stima non si limiti alle condoglianze alla famiglia, ma che le calde parole del nostro Presidente e del ministro della guerra siano stampate e distribuite per tutte le caserme d'Italia, quale incoraggiamento a seguir l'esempio del compianto Giuseppe De Sonnaz.
PATERNOSTRO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATERNOSTRO. Non per aggiungere parole che guasterebbero, ma per ricordare soltanto uno dei tratti caratteristici degli ultimi momenti della vita di quest'uomo; di questa grande figura, a cui sarebbero applicabili le parole con le quali tacito chiudeva la vita di Giulio Agricola, dirò solo, come il signor Presidente ha già detto, che il senatore De Sonnaz era un credente, ma un credente di buona lega, non un superstizioso.
Egli chiese i conforti religiosi quando si sentì vicino alla fine, ma, e questo va ricordato in quest'aula egli impose che il ministro del culto che gli doveva amministrare i Sacramenti fosse tale che non si attentasse di dire una parola contro la Patria e contro il Re. Perché il generale De Sonnaz ebbe questo culto tenace e questa fede ineluttabile nella triade costituita da Dio dalla Patria e dal Re.
Io mi permetto di proporre (forse non ce n'è bisogno) che siano inviate condoglianze alla sua città nativa e alla sua famiglia, e di più che il Senato onori la memoria di Giuseppe De Sonnaz intervenendo in corpo ai funerali. Questa è la maniera migliore di onorare l'uomo che noi rimpiangiamo, e di onorare noi stessi (Approvazioni).
PRESIDENTE. A conclusione di questo plebiscito di amore e di cordoglio, sorto per la cara e venerata memoria del generale De Sonnaz, dò lettura al Senato di una lettera ricevuta stamane dal fratello dell'estinto.
Premetto, che non appena nella seduta di ieri il Senato votò il saluto e l'augurio all'illustre nostro collega, io mi affrettai a comunicarlo per telegramma, e questo telegramma potè ancora essere sentito dal povero generale Giuseppe De Sonnaz.
Ecco che cosa scrive il fratello, senatore Alberto De Sonnaz:
«Col più profondo dolore sono costretto a dar notizia a V. E. che il mio povero fratello senatore Giuseppe è passato di vita oggi alle ore 8 e minuti 5. L'ultima prova di conoscenza che ha dato il mio povero fratello fu quando gli abbiamo letto lo splendido telegramma in cui si esprimevano i nobili sentimenti per lui del Senato dei Regno, dove non aveva saputo che crearsi degli amici per venti anni, in quei venti anni in cui ebbe l'altissimo onore di far parte dell'alto Consesso. Mi permetto di esprimere a V. E. ed ai miei Colleghi un vero sentimento di gratitudine per l'atto compiuto ieri in onore del mio rimpianto fratello».
GUARNERI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
GUARNERI. Io ripeto la mia proposta che il discorso dell'onorevole Presidente e quello del ministro della guerra vengano stampati e distribuiti in tutte le caserme d'Italia. (Benissimo).
PEDOTTI, ministro della guerra. Domando la parola.
PRESIPENTE. Ha facoltà di parlare.
PEDOTTI, ministro della guerra. Quando, come io spero, il Senato accolga la nobile proposta del senatore Guarneri, io mi farò subito un dovere di provvedere perché al più presto giungano in tutte le caserme del Regno, e siano lette ed anche commentate, e spiegate ai nostri soldati le degne parole con cui l'illustre nostro Presidente ha ricordato il tanto compianto generale...
Voci. E le sue.
PEDOTTI, ministro della guerra. Di questo non ho che a ringraziare: le mie povere parole potranno avere qualche pregio, solo perché accompagnate da quelle del nostro illustre Presidente. (Bene).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Lampertico.
LAMPERTICO. Pregherei il ministro della guerra, nel fare questa comunicazione, che non dimenticasse, sia pure, in forma sommaria, anche le testimonianze che sono venute da quelli che non appartengono all'esercito. Fortunatamente in Italia non c'è nessuna discrepanza di sentimenti tra l'esercito e la nazione, e tutti noi siamo animati dallo stesso sentimento in qualunque milizia si militi. (Vive approvazioni).
PEDOTTI, ministro della guerra. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
PEDOTTI, ministro della guerra. Ringrazio l'onor. Lampertico di queste parole. Nessuno, spero, poteva pensare che io, accettando la proposta dell'onor. Guarneri e facendo voti che il Senato volesse accoglierla per acclamazione, nessuno poteva pensare, ripeto, che nel fondo del mio cuore vi fosse l'idea di restringere alla sola parte militare la diffusione tra i soldati dei discorsi fatti in questa commemorazione. I soldati d'Italia del resto, sanno tutti oramai, perché ne è corsa fama per tutte le file, per tutte le caserme, quanto quell'uomo fosse non solo nobile e bel soldato, ma un cittadino di gran cuore. Io ho ricordato come i soldati lo chiamassero «papa De Sonnaz», e questo nella sua semplicità dice tutto. Però io mi permetterei ora di aggiungere la proposta che sia stampato, per essere distribuito, tutto il resoconto di questa così nobile, così alta e così degna commemorazione, con la quale il Senato ha voluto ricordare il compianto collega.
PATERNOSTRO. Domando dì parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATERNOSTRO. Mi permetto di rammentare che ci sono due proposte da mettere ai voti, quella della trasmissione delle condoglianze alla famiglia e alla città nativa dell'estinto, e quella che il Senato intervenga in corpo ai funerali.
PRESIDENTE. Le condoglianze alla famiglia sono state già inviate.
Io credo che le altre proposte del senatore Paternostro, come pure quelle dei senatori Guarneri e Lampertico, e dell'onorevole ministro della guerra non occorra metterle ai voti. Ad ogni modo coloro che le accettano sono pregati di alzarsi
(Sono approvate per acclamazione).
I signori senatori, saranno avvertiti del giorno e dell'ora dei funerali; posso, però fin d'ora annunziare che avranno luogo lunedì mattina e la salma verrà portata alla stazione ferroviaria da dove sarà trasportata a Villafranca, nel sepolcreto di famiglia.
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 8 aprile 1905.