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GALLOTTI Giuseppe

13 aprile 1803 - 31 gennaio 1879 Nominato il 15 maggio 1862 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Campania

Commemorazione

 

Atti Parlamentari – Commemorazione
Sebastiano Tecchio.Presidente

Signori senatori,
Devo richiamare alla vostra pietà i nomi di otto colleghi che la morte ha da noi divisi nel tempo che volse dalle ferie estive e autunnali sino a questi ultimi dì.
Essi furono, nell'ordine necrologico: [...] il barone Giuseppe Gallotti.
Tardi vengo a compiere il sacro debito: non perché io me ne stessi finora indolente; ma perché specialmente per taluni dè primi defunti, tardi mi arrivarono certe notizie che avevo chieste e che faceva d'uopo aspettare. [...]
Il barone Giuseppe Gallotti nacque a Napoli il 13 aprile 1803, figliuolo di Salvatore, il dotto ed integerrimo magistrato, che ha copiosamente annotate le Opere di Giambattista Vico.
Studiò belle lettere; ed eziandio (raro esempio nel Reame a que' tempi) studiò scienze politiche.
Nel 1820, pe' suoi portamenti liberati, fu mandato in esilio.
Nel 48, per la bravura e l'affetto mostrati ai nuovi ordini, divenne Ufficiale Superiore della Guardia nazionale. Poco poi, deputato alla Camera napoletana, nella quale pronunciò varî discorsi, sempre inspirati al vero benessere del paese.
Dopo il 15 maggio, negò recisamente la sua firma alla petizione con ché la corrente retriva, vittoriosa e sfrenata, chiedeva l'abolizione delle franchigie costituzionali. E, sotto non so quale pretesto, il Governo lo cacciò di nuovo in esilio, assegnandogli questa volta a dimora l'isola di Malta.
Nei prodigiosi eventi del 1860 fu chiamato a Colonnello della Milizia cittadina; ma, per mal ferma salute, dovette rinunciare l'ufficio e il grado.
Innalzato questa Camera per Decreto del 15 maggio 1862, fece il suo compito con dignità e temperanza, non mai disgiunte da quella fermezza che s'informava dalla sua indole onestissima, nobilissima. E, non ostante la età, ch'era assai progredita, correva a Torino, a Firenze, a Roma, tutte le volte che appo noi fosse in procinto qualche questione di non lieve momento. Sorgeva a parlare di frequente, e (così parea) alla sprovvista: arguto, succoso; talora ironico, ma senza acredine.
I principali de' suoi discorsi per avventura son quelli che riguardavano nel 63, il disegno di legge circa l'arresto personale in materia civile; nel 64, i provvedimenti finanziari; nel 66, i provvedimenti di difesa e sicurezza interna dello Stato; nel 68, la tassa del macinato, e quelle del registro e del bollo; nel 70 il divieto di impiegare i fanciulli in professioni girovaghe; nel 71, le guarentigie al Pontefice; nel 72, di nuovo, i provvedimenti finanziarî; nel 73, il Codice sanitario; nel 74, la circolazione cartacea; nel 75, il Codice penale; nel 76, le modificazioni del Codice di procedura penale in quanto alla libertà provvisoria; nel 77, gli abusi dei ministri del culto nell'esercizio delle loro funzioni; e infine, nel 78, la conservazione dei monumenti e oggetti d'arte e di antichità.
Frattanto, dal 60 in qua, gli elettori amministrativi del Comune di Napoli lo onorarono quasi sempre de' maggior numero di suffragi.
L'esercizio delle armi gli avea procurato fama di valoroso. La classica lealtà del carattere gli meritò la Presidenza, assolutamente onorifica e fiduciaria, di parecchi istituti di credito, di sodalizi politici, del Collegio Asiatico di Napoli, di pregiatissimi Educandati, e così via.
Nella sua giovinezza pubblicò, con grande successo, tre romanzi storici di patrio tema: Alfredo Caldora, Sampietro d'Ornano, e Montecoppola.
Durante l'esilio, diede fuori le Lettere maltesi (studi politici dell'epoca); di cui per la finezza delle osservazioni, e la importanza degli argomenti, sono state fatte parecchie edizioni, anche in lingua straniera.
La sua conversazione era di uomo erudito e garbato. Non gli si vedeva il peso degli anni. Conservò sempre modi aperti, cortesi, di perfetto cavaliere.
Ultimamente intendeva a dettare un'opera di economia politica che dovette rimanere interrotta.
Una adiposi del cuore, ribelle ad ogni rimedio della scienza medica, lo ha spento testé nella sua Napoli, il 31 di gennaio, tra il generale compianto. (Segni di commozione). [...]

Senato del Regno, Atti Parlamentari.Discussioni 4 febbraio 1879.