senato.it | archivio storico

FRIZZI Lazzaro

05 febbraio 1838 - 04 settembre 1919 Nominato il 30 dicembre 1914 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Friuli-Venezia Giulia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Egregi colleghi.
È ben triste il dovere che mi incombe di farmi annunziatore al Senato di nuove dolorosissime perdite. [...]
A soli tre giorni d'intervallo dalla morte del Balenzano un altro lutto ha colpito il Senato.
Dopo rapida malattia si spegneva in Milano il compianto collega senatore avvocato commendatore Lazzaro Frizzi, nato in Trieste il 5 febbraio 1838.
Giovanissimo si trasferì nella metropoli lombarda, nella quale trascorse poi tutta la lunga e laboriosa vita, lasciandovi ricordi della filantropica sua generosità, che manterranno sempre viva la gratitudine che si deve a chi non ebbe altra ambizione, né maggior cura, che di rendersi utile a' suoi simili, e di sollevare le molte miserie che affliggono l'umanità, cui la civiltà, per quanto progredita, ancora non ha trovato il rimedio di adeguati soccorsi.
Laureatosi in giurisprudenza, mosse i suoi primi passi nella carriera forense, prima nella avvocatura erariale e successivamente sotto la guida di un giureconsulto di alta fama, del Mosca, applicandosi con particolare amore allo studio del diritto ecclesiastico, presso di noi, per ragioni, o per dir meglio, per pregiudizi politici, non tenuto per troppo tempo nell'onore che gli spetta, avuto riguardo alla indiscutibile benefica influenza da esso storicamente esercitata, temperando col principio dell'equità l'eccessivo rigore di certi dittici del diritto romano. Di questa sua caratteristica predilezione lasciò pregevole documento in notevoli pubblicazioni che gli valsero l'onore di essere ascritto socio dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, tra le quali merita speciale menzione un suo studio su la materia, allora tanto controversa, delle decime.
Raggiunta l'età legale non seppe resistere alla tentazione di lasciarsi portare candidato nel collegio di Asola, che rappresentò per due legislature.
Ma, essendosi egli francamente schierato, come le sue oneste convinzioni gli imponevano, tra le fila del partito liberale moderato, al rinnovarsi delle elezioni dopo l'avvento al Governo della sinistra, la sua candidatura aspramente combattuta, cadde: ma egli se ne consolò, applicando da allora tutte le sue migliori energie alla cura dei vasti suoi tenimenti nelle provincie di Cremona e Brescia, e nelle amministrazioni delle più importanti opere pie, che sono il vanto di Milano, per una tradizione non mai interrotta del più largo generoso concorso della cittadinanza ad accrescerne sempre maggiormente la potenza in tutte le più svariate forme di assistenza.
E nell'un campo e nell'altro il Frizzi si acquistò così eccezionali titoli alla pubblica riconoscenza, da assicurargli un posto distinto nella eletta schiera dei benemeriti che compiono il bene per amore del bene, non per vanagloria a fini di dissimulate ambizioni.
Sebbene delle sue ricche estese proprietà il Frizzi, come egli stesso si definiva, con una espressione che ne scolpisce l'animo, si considerasse semplice amministratore a vantaggio dei meno favoriti dalla fortuna, egli studiando ed applicando i metodi più razionali di moderna tecnica agraria, li ridusse a tal grado di perfetta sistemazione da divenire modello in quelle regioni nelle quali l'agricoltura era già tanto progredita.
Ma dove meglio ed in più alto e nobile scopo si distinse l'opera sua fu nel Governo delle opere pie, perché in queste la materia sulla quale doveva spiegarsi, perfettamente rispondeva ai sentimenti dell'animo suo buono, e della pietà profonda che gl'inspirava ogni altrui sofferenza ed ogni miseria che contrista l'umana natura suscettiva di essere alleviata.
Riuscirebbe soverchiamente lunga la enumerazione di tutti gli istituti di beneficenza e degli enti d'indole sociale dei quali per parecchi lustri si occupò o come presidente o quale consigliere, sempre vigile e sempre pronto ad accorrere per sopperire anche personalmente ad ogni deficienza. Basti il ricordare che degli istituti ospitalieri, che sono una delle più antiche e pure glorie di Milano, che tutto il mondo anche oggi ammira e non pochi invidiano, nei molti anni che egli ne tenne il Governo, con sapienti arditi provvedimenti amministrativi, finanziariamente li restaurò e rinnovò per conferire loro la massima efficienza sulla vasta zona in cui esercitano la loro provvida azione. Così pure all'istituto dei rachitici, che durante l'amministrazione del già nostro illustre collega Gaetano Negri, aveva raggiunto uno sviluppo ed un grado di tecnica perfezione da non temere il confronto dei maggiori dell'estero, il Frizzi dedicò non solo parte dell'attiva fruttuosa sua opera, ma del proprio lo dotò anche di un nuovo grandioso padiglione, che poi volle consacrato alla memoria della moglie perduta.
In riconoscimento di tante e così distinte civiche benemerenze il Frizzi, che ormai non aspirava ad altre soddisfazioni che a quelle del suo gran cuore, che non aveva palpiti che per i derelitti, fu nominato senatore il 30 dicembre 1914.
Nel periodo della guerra che allora stava per iniziarsi anche per noi, il Senato non tenne che rare sedute, ma a queste egli quasi mai mancò, felice di avere qui modo di manifestare la sua entusiastica ammirazione per i grandi successi delle nostre armi che gli preparavano la tanto sospirata consolazione di vedere finalmente ricongiunta alla grande patria la sua Trieste, e l'Italia fusa in un sol tutto entro i suoi naturali confini libera e indipendente.
Al venerato collega, che tutta la sua lunga vita trascorse beneficando in una forma che moralmente eleva non meno chi da che chi riceve, facendo sentire che il vincolo di fratellanza tra gli uomini non era per lui solo una frase, vada il mesto omaggio del Senato e la viva espressione anche della sua riconoscenza per tutto il bene da lui compiuto. (Bene). [...]
MORTARA, ministro della giustizia e degli affari di culto. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTARA, ministro della giustizia e degli affari di culto. [...]
La morte di Lazzaro Frizzi ha privato l'Italia, e particolarmente la Lombardia, di un grande filantropo, di un grande esempio di attività benefica e operosa. Nel Senato egli entrò quasi come auspicio dell'unione della sua Trieste alla patria, proprio alla vigilia del giorno in cui l'Italia impugnava le armi per restituire la sua terra natale alla gran madre da cui ingiustamente era ancora disgiunta. Delle opere di lui ha dato il nostro illustre Presidente un conto così ampio, nello stesso tempo così commovente, per lo spirito di bontà che tutte le ispirò, che non posso se non riportarmi alle parole del Presidente nostro, e rendermi anch'io interprete della gratitudine dell'Italia per l'uomo benefico e infaticabile che le dovizie e l'opera e il consiglio, tutto dedicò al bene comune.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 6 dicembre 1919.