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FRASSATI Alfredo

28 settembre 1868 - 21 maggio 1961 Nominato il 24 novembre 1913 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Cesare Merzagora, Presidente

Ha chiesto di parlare il senatore Dardanelli. Ne ha facoltà.
DARDANELLI. Signor Presidente, onorevole ministro, onorevoli colleghi, prima di iniziare il mio intervento sulla materia che ci sta a cuore, il Piano Verde, sento il doloroso dovere di commemorare in questa Aula il senatore Alfredo Frassati, che ieri si è spento in Torino.
Era uno dei più illustri giornalisti ed uomini politici, uno degli ultimi superstiti dei grandi uomini politici del periodo liberale e giolittiano, che fu, insieme a pochi altri, e segnatamente a Luigi Albertini ed Alberto Bergamini, il creatore del moderno giornalismo italiano. Fu dapprima per parecchi anni direttore, e poi anche il proprietario, de "La Stampa", a cui diede una vita nuova, una importanza e un'influenza sull'opinione pubblica che pochi altri giornali riuscirono mai ad avere.
Come uomo politico fu il sostenitore, oltre che amico, di Giovanni Giolitti, al quale diede tutto appoggio del suo giornale e della sua spiccata personalità politica, specie nell'opera grandiosa di potenziamento della finanza statale e dell'economia nazionale. Nel nostro Piemonte egli seppe così ispirare una vita nuova, soprattutto nella sua e nella nostra Torino, con un impulso di vitalità protesa verso l'avvenire.
Fu anche rappresentante dell'Italia a Berlino, ed in questa sua opera molteplice di giornalista, uomo politico e diplomatico, egli seppe sempre tutelare gli interessi della nostra patria, facendosene sostenitore ovunque, e da qualsiasi tribuna, in modo che possiamo dire che egli abbia bene meritato della patria. È giusto pertanto che egli sia commemorato e ricordato in questa sede. Io sono dolente, onorevoli colleghi, di aver saputo solo pochi minuti fa della sua morte, perché mentre la notizia si diffondeva io ero in viaggio verso Roma. Perciò mi si perdoni questa affrettata commemorazione, ma era mio obbligo, come liberale, ricordare questo grandissimo uomo politico che oggi scompare.
Io chiedo al nostro illustrissimo Presidente di inviare alla famiglia di questo grande uomo politico, di questo grande giornalista, le più vive condoglianze di tutto il Senato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il senatore Alberti. Ne ha facoltà.
ALBERTI. Il Gruppo del Partito socialista italiano si associa al cordoglio generale. Il senatore Frassati, che occupò questi banchi con sommo onore, è da additare alle giovani generazioni per intransigente, fiero atteggiamento da resistente che egli tenne nel ventennio. Per questa sua dirittura morale, ispirata ai grandi esempi del risorgimento, egli ci appare non solo il liberale illuminato, ma anche il liberale non insensibile al primo, inquieto grido delle rivendicazioni del mondo operaio. Per questo, ripeto, noi additiamo alle giovani generazioni il suo esempio di dedizione alla patria. Il destino ha voluto che egli arrivasse, nella sua lunga e operosa carriera, a trarre i nuovi auspici per il secondo centenario dell'Unità italiana. Questa visione gli è forse balenata prima della morte che egli, nella sua maturità filosofica, considerava come una delle evenienze da guardare non con terrore, ma con la dovuta consapevolezza, nella coscienza di aver compiuto il proprio dovere.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il senatore Bertone. Ne ha facoltà.
BERTONE. Ieri sera, mentre salivo sul treno per rientrare a Roma, ho appreso la notizia, veramente impressionante per me, della morte improvvisa del senatore Alfredo Frassati. A nome del Gruppo della Democrazia Cristiana mi associo con reverente commozione alle parole di cordoglio che si sono levate all'indirizzo della sua memoria.
Io ho avuto una lunga, lunghissima amicizia con il senatore Frassati. Egli mi precedeva negli anni, ma non di molto: la vita è stata lunga per lui ed io sono qui sopravvissuto a rendere omaggio alla sua memoria.
Fu un brillantissimo giornalista, ma prima di dedicarsi al giornalismo si laureò in legge all'Università di Torino, conquistando rapidamente la libera docenza in diritto e procedura penale. Poi, entrato nel campo del giornalismo, bruciò le tappe della sua nuova carriera, diventando in breve tempo direttore e proprietario del quotidiano "La Stampa" che già allora era il principale giornale del Piemonte.
Fu un devoto figlio d'Italia, mai smentitosi un istante solo nella sua opinione ferma e sicura della reverenza per il "suo", come soleva chiamarlo, Giovanni Giolitti. Fu da Giolitti nominato senatore, e sempre egli ne coltivò e ne venerò la vita politica, le tradizioni e gli insegnamenti.
Fu poi ambasciatore a Berlino e quando i tempi per tutti gli spiriti liberi si fecero difficili, egli rientrò nell'ombra e visse a Torino la sua vita privata. Fu di nuovo però immediatamente nell'agone giornalistico e politico non appena si aprì lo spiraglio della libertà ed egli poté respirare la nuova aura della Repubblica italiana.
Era un uomo vivace di spirito come lo era di corpo. Mi sia consentito di ricordare un episodio rivelatore della sua perenne giovinezza. Egli era felice di incontrarsi con giovani che praticavano lo sport nei vari campi ed anzi era lui stesso un praticante sportivo, specialmente nel gioco delle bocce nel quale eccelleva ed era quasi un maestro. Ancora recentemente mi diceva: per me le giornate che ho passato nell'esercizio dello sport sono tra le più belle della mia vita, insieme a quelle che ho trascorso nel campo del giornalismo.
A Torino certamente la sua scomparsa avrà lasciato una profondissima impressione, e la sua memoria come cittadino, come gentiluomo, come giornalista, come parlamentare, rimarrà viva in tutti i settori in cui egli ebbe modo di manifestare il suo ingegno, le sue brillantissime qualità e la sua alta probità civile e morale.
Io mi inchino rispettosamente e devotamente alla sua memoria e mi associo alla preghiera che da ogni parte è stata rivolta al Presidente del Senato, affinché di queste nostre parole voglia egli stesso rendersi interprete presso chi della sua famiglia è rimasto a piangerlo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il senatore Berti. Ne ha facoltà.
BERTI. Mi sia consentito, a nome del Gruppo comunista, associarmi alle parole di cordoglio che sono state qui pronunziate per la morte del senatore Frassati.
Il senatore Frassati rappresentava una nobile tradizione liberale e nella Torino operaia, nella Torino che fu anche la città di Gramsci e di Gobetti, egli aveva avuto una grande funzione politica. Noi stessi, il nostro Partito, l'ala estrema del movimento operaio che, nella dialettica di una posizione politica contrastante, aveva dovuto spesso prendere posizione contro il Partito, il Gruppo, il movimento politico che egli rappresentava, tuttavia aveva sempre riconosciuto l'anelito liberale a cui egli si ispirava, a cui egli ha ispirato tutta la sua vita. Così come noi ricordiamo adesso il suo posto di combattimento antifascista tenuto coraggiosamente anche in momenti difficili.
A nome del mio Gruppo mi associo, quindi, con pieno sentimento alla commemorazione del senatore Frassati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il senatore Granzotto Basso. Ne ha facoltà.
GRANZOTTO BASSO. A nome del Partito socialista democratico italiano mi associo con accorato dolore alle nobili espressioni pronunciate in quest'Aula in memoria del compianto nostro grande giornalista Frassati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il senatore Tessitori, ministro senza portafoglio. Ne ha facoltà.
TESSITORI, ministro senza portafoglio. La figura che il Senato commemora rimarrà senza dubbio nella storia politica d'Italia accanto a due altre eminenti figure che del grande giornale d'informazione seppero fare una Cattedra di affermazioni ideali e di difesa del progresso civile ed economico del nostro paese: voglio dire che il nome di Alfredo Frassati rimarrà nella storia insieme a quello di Luigi Albertini e di Olindo Malagodi. Nell'età che ormai gli storiografi hanno definita l'età giolittiana, questi tre nomi stanno a rappresentare in un nodo vivo, in un modo eminente, l'ultima evoluzione del pensiero politico della seconda generazione liberale dell'Italia nostra. Alfredo Frassati, credente nella libertà, convinto assertore in qualsiasi momento che i principi che furono alla base del risorgimento italiano erano pur sempre fecondi di germi di progresso e di civiltà nel nostro paese, è personalità eminente rappresentativa di questo nostro secolo di unità politica. Per noi cattolici, poi, egli ha una collocazione sto per dire plastica e vivace, in quanto padre di Pier Giorgio che per la gioventù che si ispira alla concezione cristiana della vita, tuttavia rappresenta uno degli esempi più audaci, più completi, più perfetti di quella concezione giovanile del pensiero cristiano e della vita cristiana che noi auspichiamo si instauri anche nella nostra attività pubblica. Fu servitore, Alfredo Frassati, in tutti i momenti, del nostro paese, fu attento osservatore, fino agli ultimi istanti della sua vita, delle nostre vicende storiche ed anche gli ultimi suoi scritti che comparivano sul "Corriere della Sera" stanno perciò a rappresentare non soltanto un fecondo terreno per lo storico di domani ma anche un monito continuo per quelli che credono nei destini migliori della nostra patria. Per queste ragioni il Senato della Repubblica ed il Governo non possono non associarsi al cordoglio generale che accompagna la dipartita del grande uomo e del grande giornalista torinese.
PRESIDENTE. Il Senato nel suo complesso si associa alle nobili parole che sono state qui pronunciate per ricordare Alfredo Frassati.
Effettivamente, come diceva il collega Bertone, scompare con lui uno dei pochi anelli che erano rimasti e che ci legavano ad un mondo politico trascorso, al mondo di Giolitti, di De Pretis, di Zanardelli.
Noi lo ricordiamo durante la prima legislatura, lo ricordiamo non solo per la curiosità che egli destava in noi, ma anche perla curiosità che egli aveva nelle nuove generazioni che si affacciavano alla vita parlamentare.
Egli proveniva dall'alta borghesia piemontese e fu sempre comprensivo del diritto dei poveri e dei valori sociali della nostra epoca moderna. Fu sempre democratico e parlamentare, anche quando questo gli costò molto caro.
Aveva un carattere, e per questo, forse, si diceva che aveva un cattivo carattere. In un paese come il nostro, dove gli uomini di carattere sono meno numerosi degli uomini di ingegno, egli rimane per tutti noi come un ricordo, come un monito e come un esempio.
Vada alla sua memoria il nostro commosso ricordo ed io rassicuro il sentore Dardanelli che il Senato si è reso interprete del suo profondo cordoglio presso la famiglia.

Senato della Repubblica, Atti parlamentari. Resoconti stenografici, 22 maggio 1961.