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FRANCHETTI Leopoldo

31 maggio 1847 - 04 novembre 1917 Nominato il 04 aprile 1909 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! [...]
Il senatore Franchetti sciaguratamente fu trovato morto in Roma la mattina del 4 novembre nella sua abitazione. Era nato in Livorno il 31 maggio 1847; erasi laureato in legge nella Università di Pisa; ma gli studi, ai quali si diede con animo umanitario; furono i sociali. Non ne fu distratto dalla sua ricchezza, e se ne fece professione della vita e programma nel Parlamento; al quale entrò nel 1882 e rimase deputato fino al 1904, otto legislature di seguito, per i Collegi 1° di Perugia e di Città di Castello; figura notabile di probità e schiettezza politica; operoso agli uffici ed alle commissioni, caldo alle discussioni negli argomenti suoi; vivace, costante, coscienzioso. Non solo discusse, ma operò. Cominciò con l'Associazione per il Mezzogiorno d'Italia; ed in compagnia di illustre amico, fece il viaggio della Calabria ed in Sicilia, per conoscere i bisogni ed i prodotti di quelle regioni. Infervorato delle colonie, andò in Eritrea qual deputato al fine di promuovere l'agricoltura; altro viaggio da ultimo compì in Albania a simile intento. I risultati d'ognuno dei viaggi riferì e pubblicò, con le proposte de' provvedimenti. Nella Rassegna Settimanale continuò a propugnare i diritti del Mezzogiorno; e nella Nuova Antologiaaltri scritti pubblicò; conferenze, relazioni a congressi ed articoli.
Appartenne alla Commissione d'inchiesta sulla Marina e ne fu relatore indefesso; era presidente dell'Istituto delle case popolari; del Patronato Asili Infantili dei danneggiati dal terremoto della Marsica da lui fondato; dell'Associazione per il Mezzogiorno d'Italia; e dell'Istituto Coloniale di Firenze; fu l'iniziatore e principale sostenitore della Società italiana per lo studio della Libia. Ordinò e diresse una missione economica ed agraria nella nuova colonia e ne pubblicò i risultati in due volumi.
Quanto caritatevole in Città di Castello era stata la baronessa Franchetti, tanto fu benefico il barone Leopoldo nella sua tenuta, che bonificò e divise in quarantotto mezzadrie, a pro della coltura e delle famiglie de' coloni, dotate di scuola modello. Ha donato testando a' suoi famigliari e dipendenti, le terre ai mezzadri; nominata erede l'Opera Pia "Regina Margherita" e la villa destinata a ricovero delle vecchie maestre. Ultimo suo pensiero fu il soccorso ai profughi del Friuli; ultimo il palpito d'angoscia per la patria. (Approvazioni). [...]
D'ANDREA. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'ANDREA. Pochi mesi sono trascorsi dacché la parola convinta e suadente di Leopoldo Franchetti vibrava in quest'Aula.
Il recente viaggio in Albania, la sua presenza ad Argirocastro alla proclamazione della indipendenza albanese sotto il protettorato italiano; la sua escursione a Salonicco, rappresentano l'ultima tappa di quel glorioso cammino compiuto da questo ardente e tenace studioso di problemi coloniali.
Una nazione giovane, esuberante di popolazione, ristretta entro confini non segnati dalla natura, dalla lingua, dalle origini di una sola razza, sì bene da tutta una triste istoria d'invasioni e di conquiste, questa nazione doveva e deve avere la sua espansione ed allargare i suoi polmoni sul mare, su quel mare glorioso, dove successivamente Veneti, Genovesi e Pisani conquistarono mercati, lasciando dappertutto l'impronta del genio latino. Questa visione mobilissima di una Italia colonizzatrice arrise alla mente di Leopoldo Franchetti, il quale tutta una vita di studio e di lavoro consacrò a questo ideale.
Già il nostro Presidente ha ricordato come egli avesse fatto parte della Commissione mandata in Eritrea a studiare le condizioni di quella nostra colonia insieme a Ferdinando Martini ed al marchese Di San Giuliano; ma non si appagò di sterili ricerche. Egli fu l'iniziatore di una coltura coloniale fatta da bianchi, ed ottenne dal Governo la concessione di una vasta estensione di terreno a Godofelassi e vi trasferì dieci famiglie coloniche. Il suo tentativo non fu coronato da successo, principalmente per le vicende della guerra in cui ci trovavamo con l'Abissinia; ma vi è ancora un ardito siciliano che dal suo orto in Adi-Ugri e da una vasta coltivazione nella pianura di Tacalà ritrae largo profitto.
E dopo l'Eritrea, quando la nostra bandiera è sventolata in Somalia, Leopoldo Franchetti percorre l'oceano Indiano, visita la nostra colonia e con essa la colonia somala inglese e quella tedesca dell'Africa orientale, esplorazione seguita più tardi da una serie di pregevoli pubblicazioni in riviste e nella stampa quotidiana.
Più tardi va in Libia con una missione agrologica per lo sfruttamento del Gebel tripolino, e pubblica una importantissima relazione pel Governo ed un'altra serie di articoli su riviste e giornali.
La guerra trovò al suo posto Leopoldo Franchetti, impavido e tenace assertore del nostro avvenire coloniale.
Lo vedo tuttora quest'uomo valoroso, al mio fianco, nel II convegno coloniale tenuto nell'aprile ultimo in Napoli; ascolto la sua parola ardita ed imperiosa trascinare l'Assemblea verso un'altra regione, verso il Mediterraneo orientale, verso quell'Asia Minore nella quale un tempo la nostra gente lasciò orme indistruttibili di lavoro e di attività.
Negli ultimi giorni di ottobre, giorni di trepidazione e di angoscia, Leopoldo Franchetti non fu visto in mezzo a noi, e preferì isolarsi da amici e ammiratori. La sua fibra atletica non seppe resistere all'acerbo dolore di vedere offuscato il sogno radioso; dubitò del tramonto dei suoi nobili ideali, ed in un momento di supremo sconforto scomparve.
Nell'ora triste che incombe, purtroppo, dobbiamo limitarci a farne qui una commemorazione modesta e commossa, ma viva fede che domani, un domani non lontano, gl'ideali di Leopoldo Franchetti saranno realtà per il nostro paese ed alle parole di rimpianto di oggi seguirà l'apoteosi. (Approvazioni).
TOMMASINI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TOMMASINI. La morte del nostro amato collega Franchetti colse il nostro paese in un momento di sorpresa e di angoscia. Molti nello sparire subitaneo della sua promettente vita, videro un riflesso della sciagura che aveva colpito le armi nostre e la patria.
Per fortuna da questo sentimento il paese è risorto subito mercé la prodezza del nostro esercito e la serenità del comando. Ma la scomparsa del nostro amato collega pur troppo permane.
Ricordare l'opera del Franchetti in Senato è ricordare tutta l'attività di una mente egregia, che non solo vedeva ciò che v'era da fare, ma la traduceva nei limiti del possibile prontamente in atto. Questo è uno dei pregi essenziali che gli fu caratteristico, e per cui rifulge la memoria del nostro amato collega.
Io ebbi a pregiare l'operosità feconda di lui quando, nei suoi anni più giovani, egli s'occupava della Rassegna settimanale, che così nuovo impulso diede alla critica e alla vita italiana. Lo vidi poi prender parte vivissima a tutte le questioni di colonizzazione, nelle quali egli vedeva essere in gran parte l'avvenire del nostro paese. Qui nel Senato ebbi la fortuna di averlo a compagno in alcune questioni che furono oggetto di discussione e di voto; tra le altre nelle discussioni sulla riforma della Passeggiata archeologica, nella tutela della biblioteca casanatense e nell'esame di ogni altra questione che si attenesse al decoro e all'utilità della capitale del Regno.
Io prego il nostro illustre Presidente di voler mandare alla famiglia del Franchetti, alla desolata sorella colpita da così grave e inatteso dolore, le condoglianze del Senato, che rimpiange perduta una forza così nobile e promettente, quando appunto pareva più fosse da sperare e da aspettare da essa.
Spero che il Senato vorrà assecondare la proposta che mi permetto di fare. (Approvazioni).
FAINA. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FAINA. Compagno di lista per tre legislature a scrutinio di lista e amico da lunghissimi anni di Leopoldo Franchetti, ho avuto modo, forse più di molti altri, di conoscerne ed apprezzarne l'altezza della mente, l'amore infinito che egli aveva per l'Italia, forse l'unica passione vera della sua vita.
L'ultimo giorno, uscivamo insieme da un convegno tra senatori e deputati al palazzo di Montecitorio. Egli, camminando lentamente verso la casa, mi confidava l'amarezza profonda dell'animo suo per il basso loco in cui era caduta l'Italia, dopo aver raggiunto un'altezza che noi non avevamo osato sperare neppure nei baldi sogni della giovinezza. Come era sua indole, l'unica forza che lo teneva in vita era l'ira, l'ira contro coloro che egli credeva scientemente avessero avvelenato o incoscientemente avessero lasciato avvelenare lo spirito pubblico. Ma, giunto a casa, nella solitudine della sua stanza, il dolore vinse l'ira; scoppiò in un pianto senza conforto e quel nobile cuore si spezzò.
L'avvenire dirà se fu sciagura la sua o fortuna, ma ora certo occorrerà al popolo italiano una virtù dieci volte maggiore di quella che sarebbe stata necessaria per condurre a fine onorato la guerra, ed ottenere la pace giusta e durevole cui tutti aspiriamo.
Questo sforzo il popolo italiano farà, se le classi dirigenti ne daranno l'esempio con una dedizione piena, completa, di tutte le loro energie, senza recriminazioni, si, ma anche senza riguardi. (Approvazioni).
TORLONIA. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TORLONIA. Se io mi tacessi forse il grande spirito di Leopoldo Franchetti me ne vorrebbe, perciò io prego il Senato di consentirmi una parola di grato ed affettuoso ricordo per quanto egli ha fatto in vita e per quanto egli ha lasciato in eredità dopo morto.
Egli ha fatto centro delle infinite beneficenze sociali particolari e private, l'Opera pia Regina Margherita in Roma che io ho l'onore di presiedere. Il suo testamento è un monumento che egli stesso ha creato al suo cuore ed al suo alto spirito sociale, riconoscendo quanto grandi siano i doveri di chi ha verso quelli che non hanno.
Mi associo perciò alle commemorazioni che sono state fatte in memoria di Leopoldo Franchetti, ed in ispecial modo a quanto disse il senatore Faina, poiché ascrivo a sommo onore di averlo avuto alla Camera, sino dall'inizio della mia vita politica e per diverse legislature, poscia qui in Senato venerato ed ammiratissimo collega.
Mi associo anche al desiderio manifestato dai colleghi, e che credo da tutti condiviso, che sia espresso il cordoglio del Senato, tanto alla sua città natale, quanto a Città di Castello dove egli tante beneficenze ha profuso. (Approvazioni). [...]
COLOSIMO, ministro delle colonie. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COLOSIMO, ministro delle colonie. Mi consenta il Senato di associarmi al suo rimpianto ed al dolore per la morte di Leopoldo Franchetti, così eloquentemente commemorato dall'illustre Presidente dell'Assemblea e dai senatori D'Andrea, Tommasini, Faina e Torlonia. Figura complessa di studioso, di combattente, di entusiasta, temperamento fattivo; anima aperta alle più alte idealità, come è ben stato ricordato, egli fu un ardente colonialista. Mentre altri aveva la mente rivolta ad altri ardui problemi, egli mantenne fede nell'avvenire coloniale italiano, avvenire dal successo indefettibile se perseguito con perseveranza e prudenza; avvenire necessario, se concepito con criteri economici e sociali.
La storia coloniale italiana porta il ricordo della attività di Leopoldo Franchetti; il ricordo di questa attività si ha nella Eritrea, dove egli si recò come componente della Commissione d'inchiesta parlamentare; perché fu relatore del patto fondamentale, costituzionale, della formazione della colonia Eritrea; ed in quella colonia egli rimase lungamente cercando di raggiungere il sogno della colonizzazione sull'altipiano.
Porta il ricordo dell'attività dell'onorevole Franchetti il Benadir di cui studiò tutti i problemi, dedicandosi specialmente al problema fondiario. Egli per primo esplorò la parte inferiore del Uebi Sceseli in cui era difficile poter penetrare e restare.
Nel 1908 prese parte al combattimento di Merere, mischiandosi fra i nostri soldati e combattendo con vivo ardore.
Porta il ricordo dell'attività dell'onorevole Franchetti, la Libia ove egli inaugurò, costituendola, la Società per gli studi della Libia stessa.
Fu parte importante ed autorevole della Commissione nominata da Pietro Bertolini per lo studio agrologico della Libia e ne fu relatore indimenticato.
Fino all'ultimo istante mostrò la forza del suo intelletto combattivo, e nell'ultima conferenza fatta a Genova, e nei discorsi pronunziati nel convegno coloniale di Napoli, indetto da quella benemerita Società africana, mostrò di avere chiara e precisa la concezione del programma coloniale italiano.
Ma, onorevoli senatori, la vita di Leopoldo Franchetti fu illuminata da un'altra fede: la fede nell'avvenire del Mezzogiorno, che egli amò con predilezione, che non ebbe oblii.
Giovane ancora, insieme con Sidney Sonnino, fece il celebre viaggio per l'inchiesta sui contadini della Calabria e della Sicilia attirando l'attenzione dell'Italia su quelle regioni, e ponendo tra i primi la questione meridionale.
Egli, quale presidente dell'associazione del Mezzogiorno, dappertutto accorse, apprestando aiuti e incoraggiamenti con spirito di amore e di affetto per le nostre regioni.
L'ultima conferenza egli la tenne a Napoli nelle sale del circolo calabrese, ed io vi assistetti.
Egli evocò la figura dei grandi eroi della repubblica partenopea, riannodandoli alla grave massa oscura degli eroi che hanno suggellato col sangue l'onore e la gloria militare d'Italia sulle Alpi; e vaticinò la grandezza d'Italia e la resurrezione del Mezzogiorno.
Come ministro, come italiano, come calabrese, m'inchino davanti alla memoria di Leopoldo Franchetti. (Approvazioni vivissime).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 13 dicembre 1917.