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FORNACIARI Giuseppe

27 settembre 1836 - 16 agosto 1896 Nominato il 04 dicembre 1890 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Emilia-Romagna

Commemorazione

 

Atti parlamentari Commemorazioni.
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Pia e civile usanza richiama sul mesto mio labbro i pregi che adornarono, il bene che i colleghi estinti durante la proroga della sessione, vivendo operarono. [...]
Alle ore due del giorno 16 di agosto, in villa San Pellegrino presso Reggio nell'Emilia, trapassava il senatore Giuseppe Fornaciari.
Nato il 27 settembre 1835, il plauso con che si addottorò nell'Università di Modena, fu tale da designarlo, tuttoché giovanissimo, ad insegnante di pandette nel convitto legale della nativa Reggio.
I tempi nuovi lo trassero agli uffici amministrativi ed ai politici.
Lungamente consigliere ed assessore del comune; lungamente consigliere e deputato e presidente del Consiglio provinciale, si chiarì amministratore avveduto ed esperto.
Degna di singolare menzione la presidenza dell'amministrazione del manicomio di San Lazzaro, che resse per oltre vent'anni. Superando difficoltà pecuniarie e tecniche d'ogni fatta, vincendo pregiudizi e viete usanze tenute in conto di dogmi, la sua vigorosa iniziativa, il suo pertinace impulso mutarono faccia al pietoso asilo: suo merito averlo sollevato a tale altezza cui pochi altri toccarono. Ne ristorò la scaduta rinomanza; l'antico splendore rifulse: fu ospizio di cure umane, agevolate dai trovati, dai metodi della scienza moderna: gli studi psichiatrici vi raccolsero messe adeguata ed incremento. E il Fornaciari ne ottenne attestato autorevole e pubblica lode.
Deputato al Parlamento per sette legislature (X-XVI), nella inalterata fiducia di Reggio conseguì l'ambita ricompensa al molto operato.
Soverchia modestia gli impedì di comparire in Parlamento; dove a vincere l'apparente timidezza, a farsi vivo gli occorse lo stimolo di qualche altissimo fine, come il più equo riparto dell'imposta fondiaria nelle sue provincie, per il che a tutt'uomo si adoperò. Primeggiò nell'animo dei colleghi i quali, trattando seco lui, ne scuoprivano la bontà; l'atteggiarsi affabile della persona, il dolce sorriso la lasciavano indovinare.
Fatto senatore il 4 dicembre 1890, quando un inesorabile malore lo aveva purtroppo toccato, finché non ne fu vinto trovò in quest'Aula antichi amici e nuovi colleghi, tutti a gara di deferenza.
Una straordinaria manifestazione di lutto cittadino ne seguì la morte. Equanime e disinteressato, temperato sempre nei pensieri e nei modi, pure battendo sua diritta via, egli aveva cansato le forme rozze ed aspre, cercato le vie concilianti. La parte e l'opinione diversa non gli avevano mai fatto tacere un consiglio, negare un soccorso: ognuno, comunque la pensasse, gli riconosceva un cuore d'oro. L'emulazione nel bene fu la sola gara che l'agitasse: fu leale ed onesto a tutta prova.
Uomo onorando che, ubbidendo ad un generoso intuito, diede la parte migliore di sé alla cosa pubblica; ed ebbe la fortuna, unendo il proprio nome ad uno dei maggiori istituti che onorino la pietà e la scienza italiana, di acquistare fra i benefattori dell'uman genere un merito che i contemporanei gli riconobbero, e non sarà disconosciuto mai. (Benissimo).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 novembre 1896.