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FERRARIS Luigi

06 marzo 1813 - 17 ottobre 1900 Nominato il 15 novembre 1871 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Stanislao Cannizzaro, Vicepresidente

Signori senatori,
[...]
Il 17 ottobre scorso, nella sua villa di Valsalice presso Torino, spirava il veterano della prima legislatura del Parlamento subalpino, il conte Luigi Ferraris, che nello scorso agosto abbiamo salutato ancora agile e svelto, accorso appositamente tra noi per prender viva parte alle manifestazioni cui diede luogo la sciagura di Monza.
Era nato in Sostegno nella Provincia di Novara, ma condotto sin dall'infanzia a Torino vi si fermò per tutta la vita ed amò questa città come suo luogo natio.
Addottoratosi nell'Ateneo torinese acquistò, ancor giovane, la riputazione di valente avvocato ed ebbe ben tosto ricca e scelta clientela.
Al primo scatto del risveglio politico d'Italia fu tra i primi e più animosi cittadini piemontesi che, affrontando non lievi pericoli, manifestarono apertamente le proprie idee liberali e le proprie ardite speranze politiche; e nell'ottobre del 1847 firmò con 16 suoi compagni un coraggioso atto di protesta sulle violente repressioni della troppo zelante polizia di Torino contro un pacifico assembramento popolare nel quale, acclamando a Pio IX, si erano chieste riforme a Carlo Alberto.
Quel primo atto della sua vita politica e le prove che aveva già dato nel foro di facondo ed animato oratore, lo additarono qual candidato liberale nella prima elezione fatta per il Parlamento subalpino; riescì di fatto allora eletto nei collegi di Cigliano e di Trino, pure avendo nel primo di essi a competitore Camillo Cavour.
Rimase deputato per il collegio di Trino durante la prima sola legislatura cioè a tutto il 30 dicembre 1848. Rientrò poi nella Camera elettiva nel 1863 cioè nella seconda sessione della ottava legislatura, quando al posto di Maglietti, nominato senatore, riescì egli eletto dal 2° collegio di Torino, il quale poi lo riconfermò senza interruzione per le successive legislature sin che durante la 11ª, il 15 novembre 1871 fu nominato senatore.
Da deputato fu Vicepresidente della Camera nella 9ª legislatura, dal 15 dicembre 1866 al 13 febbraio 1867, e ministro dell'interno dal 13 maggio al 14 dicembre 1869.
Da senatore fu ministro della giustizia dal 6 febbraio al 31 dicembre 1891.
Egli fu inoltre sindaco di Torino per quattro anni dal febbraio 1878 all'ottobre 1882, e presidente del Consiglio provinciale per molto tempo.
Taccio di altri minori incarichi pubblici.
Nell'ottobre 1880 fu insignito del titolo di conte, trasmissibile agli eredi e nel dicembre 1891 fu nominato ministro di Stato.
La mostra che il Ferraris faceva nelle discussioni della sua dottrina in giurisprudenza, la sua animata e colorita facondia; il calore con cui manifestava la sua fede nei grandi principî liberali, la fiducia in sé e la sicurezza con cui affermava i propri assunti ed infine l'assiduità alle sedute e la operosità nell'adempiere gli incarichi, diedero a lui una notevole autorità ed un posto spiccato e rilevante nei partiti politici durante il secondo dei tre periodi in cui può dividersi la sua vita parlamentare.
Nel primo periodo, che fu brevissimo, cioè durante la sola prima legislatura chiusa col 1848, il Ferraris militò tra i più audaci deputati che spinsero il Governo piemontese alla pronta ripresa della guerra d'indipendenza offrendogli e votando i mezzi per condurla più efficacemente; sostenne altresì che la espulsione dei gesuiti dovesse anche estendersi alle Dame del sacro Cuore, la cui opera nell'educazione sarebbe riuscita nociva alle istituzioni liberali.
Il secondo periodo che va dal 1863 al 1871 fu il più operoso ed il più agitato della vita politica del Ferraris. Egli intervenne nella discussione di quasi tutti i disegni di legge che in quelle legislature furono votati e di parecchi dei più importanti fu intelligente ed efficace relatore.
È ben noto com'egli sia stato uno dei più accaniti oppositori alla Convenzione del 15 settembre 1864 contenente il trasferimento della capitale a Firenze.
Quella convenzione ed il modo brusco come fu divulgata parve a lui e a non pochi altri un'immeritata offesa alla città di Torino ed una minaccia di rinunzia allo stabilimento in Roma della capitale definitiva d'Italia.
Uomini politici di diverse gradazioni dell'opinione liberale, tra i quali il Ferraris, si riunirono allora in un partito che fu detto della permanente allo scopo di combattere quella convenzione e d'impedirne gli effetti temuti, con un programma di opposizione continua e permanente ad ogni Governo che si adagiasse tranquillo alla nuova sede e non facesse opera sollecita per trasferire in Roma la capitale definitiva.
Coerente a tal programma, il deputato Ferraris continuò ad essere tra i più impazienti ed ardenti promotori del compimento del programma nazionale.
Difatti, nella seduta della Camera elettiva del 9 dicembre 1867, appoggiò calorosamente la proposta Bargoni per la conferma della proclamazione di Roma a capitale, ed a proposito degli avvenimenti dell'Agro romano, svolse un ordine del giorno col quale riaffermando il diritto della nazione a compiere la sua unità, invocava un Governo che sapesse far riconoscere un tal diritto. E nella seduta del 20 agosto 1870, finalmente, discutendosi la legge sull'armamento, propose che la Camera confermasse al Governo la forza e l'autorità per compiere con Roma capitale le aspirazioni nazionali.
Queste aspirazioni furono felicemente soddisfatte un mese dopo, il 20 settembre.
La storia riconoscerà in qual misura, al corso degli avvenimenti di quel tempo, abbiano contribuito le calde sollecitazioni simili a quelle fatte dal Ferraris rivolte ad impedire che l'Italia si adagiasse nella capitale provvisoria.
Risoluta la questione scottante della capitale, ed entrato il Ferraris a far parte del Senato, incominciò il terzo ed ultimo periodo, il più calmo e il più sereno della sua vita politica.
Emancipato dai legami dei partiti militanti nella Camera, pur conservando i suoi principî, si diede a compiere l'ufficio di senatore con mirabile ed operosa assiduità apportando in tutte le discussioni il contributo della sua dottrina e della sua matura esperienza e non disdegnando di far parte degli uffici più laboriosi. Acquistò così tra noi profonda stima e simpatia per il carattere integro, leale e ad un tempo franco e festevole; e per la freschezza giovanile con cui prendeva interesse in ogni argomento nobile ed elevato.
Piangiam dunque, a ragione, la perdita dell'amato collega che era per noi un gradito vivente ricordo dell'epopea del risorgimento italiano al quale aveva preso parte fin dall'inizio. (Approvazioni). [...]
GIANTURCO, ministro di grazia e giustizia. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
GIANTURCO, ministro grazia e giustizia.[...]
Ma mi permetta il Senato che io faccia speciale ricordo del conte Luigi Ferraris che fu già ministro di grazia e giustizia, poiché in quel Ministero ancora profonde e vive sono le tracce dell'opera sua, non essendovi forse parte alcuna del nostro diritto civile o penale o delle intricate e profonde questioni sui rapporti fra Chiesa e Stato in cui non vi sia traccia e pensiero o opera del conte Luigi Ferraris. Non mai forse fu più vera che in lui la sentenza che gli anni non invecchiano quanto è giovane il cuore: e Luigi Ferraris anche nella sua tardissima età aveva giovane il cuore, come giovane e fresca la mente, e freschi gli studi ed in tutto portava una nota che quasi non faceva avvertire la lunga serie di anni che pesava sul suo capo. Anche a sentirlo parlare delle più intricate questioni giuridiche non pareva parlasse un vecchio giureconsulto antiquato, bensì uno studioso, che avesse sempre seguito i progressi della scienza e gli studi più recenti.
Permetta il Senato che io appartenendo a quella generazione che nulla ha fatto per l'Italia, a una generazione che non ha potuto contribuire a farla, in nome di questa generazione, mandi un saluto riverente, affettuoso alla memoria di quel veterano del Parlamento subalpino, alla memoria di lui, che rappresentava cinquant'anni della storia politica e civile, di quella grande storia dalla quale attingiamo tutti i giorni ed insegnamenti e vigore di fede per l'avvenire del nostro paese. (Approvazioni). [...]
NEGROTTO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Negrotto.
NEGROTTO. Onorevoli colleghi; dopo le splendide commemorazioni testé lette dall'onorevolissimo nostro Presidente, voi comprenderete come io mi sarei molto volentieri astenuto in questo momento dal chiedere la parola.
Ma vi sono dei doveri di colleganza e di amicizia, ai quali un uomo, cui batte un cuore in petto, non può tacere, ed io quest'oggi parlerò brevemente sì, ma dirò quanto ha meritato il nostro caro ed onorevole Luigi Ferraris.
Luigi Ferraris è sempre stato un patriota e uomo di carattere e, sventuratamente per il Parlamento italiano, lo dico con dolore, specialmente in questo momento, è una sventura cui dobbiamo sottostare, il carattere è diventato una merce rara. E sapete perché? Chi è riuscito a farla diventar rara? È stata specialmente l'introduzione del trasformismo, cui certo il Ferraris non ha mai aderito.
E di vero, un uomo che sia stato eletto in Parlamento non può avere meno di 30 anni, e a tale età parmi poter affermare, senza tema d'esser contraddetto, che l'uomo debba già sapere quello che vuole, e se non lo sa, non è un uomo politico, è un meschino. Ecco perché al Ferraris ben si può anche attribuire il merito di avere costantemente appartenuto al suo partito politico.
Egli in tutte le funzioni che ha esercitato, come ministro, come senatore e come deputato, è stato un uomo costantemente retto, un uomo che ha sempre servito il proprio paese per il bene della patria e del Re.
Ora domando, se trattandosi di un uomo come questo, essendogli io stato amico personale e politico, ed avendo per molti anni avuto l'onore di appartenere seco lui alla Camera ed al Senato, avrei oggi potuto astenermi dal prendere la parola?
Onorevoli colleghi, nutro la certezza che voi non vorrete contraddirmi, quando vi dico che il Ferrari ha ben meritato della patria e del Re. (Vive approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 22 novembre 1900.