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FARAVELLI Luigi Giuseppe

29 ottobre 1852 - 22 marzo 1914 Nominato il 17 marzo 1912 per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! Soffre la Marina, soffre il Senato, della perdita del viceammiraglio Luigi Giuseppe Faravelli, morto in Roma il 22 marzo. Nato in Stradella il 29 ottobre 1852, entrato alla Regia scuola di marina nell'agosto 1866, guardia marina nel marzo 1871, salì acquistando fiducia, stima ed affetto, fino all'ammiragliato. Contrammiraglio dall'agosto 1905, fu promosso viceammiraglio nel febbraio 1911. I gradi esercitò, gli uffici adempì, cogliendo continuamente onore. L'intelletto perspicace, il giudizio pronto e sicuro, l'animo saldo ed energico, calma e saggezza con maniere gentili, ne formarono un decoro della nostra Armata. Comandante egregio di nave, di squadra, di piazza forte, di dipartimento marittimo; ottimo capo di Stato maggiore; eccellente direttore nel Ministero della marina; ben portava splendenti sul petto la medaglia d'oro di lunga navigazione e la croce d'oro per anzianità di servizio. Ma il nome già chiaro dell'ammiraglio Faravelli più alto risuonò nella spedizione nostra per la conquista della Libia. Posto nel settembre del 1911 al comando della seconda squadra della nostra flotta nel Mediterraneo, fu sua la prima splendida azione nelle acque di Tripoli; il bombardamento della città e quello sbarco ardimentoso dei marinai, che, nell'attesa delle truppe, ne effettuò l'occupazione. Il valoroso comandante fu rimeritato dal plauso di tutta l'Italia, dall'ammirazione degli stranieri, e dalla Maestà del Re con l'ufficialato nell'Ordine militare di Savoia, con la successione all'ammiraglio Aubry nel comando delle forze riunite, con il seggio in Senato per decreto del 7 marzo 1912. Fatalità, che in quel colmo di premio il tradisse la salute! Nondimeno, deposto il comando, altr'opera illuminata prestò alla Marina, e solerte fu in Senato. Del pregio, in che qui venne, fu prova la sua elezione alla Commissione di finanze, ed il voto del Senato, su proposta del presidente della Commissione stessa, nella seduta del 26 febbraio, perché recedesse dalle domandate dimissioni. La sua persistenza denotò il suo rispetto agli obblighi delle cariche. A me presentavasi, poco tempo aventi la sua morte, rammaricato, dicendosi grato alla Commissione ed al Senato, ma irremovibile. Ripetevami quell'uomo coscienzioso e retto, che, impedito dalla presidenza del Consiglio superiore della marina di attendere con assiduità ai lavori della Commissione nostra, sentiva il dovere della rinuncia. Sciagura! Vacato è non solo il posto di lui nella Commissione di finanze, ma è abbrunato il suo seggio senatorio, scomparsa è la bella figura dell'ammiraglio, per la sua repentina dipartita dai viventi, che amaramente piangiamo. (Benissimo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole senatore Canevaro.
CANEVARO. Onorevoli colleghi. Ho l'onore di parlare quest'oggi anche a nome degli altri ammiragli senatori che sono qui presenti.
Alle nobili parole, colle quali il nostro chiarissimo Presidente ha commemorato il nostro caro collega ammiragli Faravelli, permettete che io poche altre ne aggiunga per dovere di antico compagno d'armi e di personale amicizia.
Il Faravelli fu con me per due anni e mezzo, giovane sottotenente di vascello, in un viaggio attorno al globo, sulla regia nave Cristoforo Colombo, che io comandavo; fu con me diciotto mesi nel primo armamento della corazzata Italia, a compiere importanti missioni all'estero; fu con me comandante in seconda e poi comandante di nave, mentre ebbi l'onore di trovarmi per sedici mesi a capo della squadra internazionale in Creta negli anni 1887-1888; io dunque l'ho veduto lungamente all'opra, giornalmente l'ho avuto per compagno di quasi ogni ora, trovando sempre in lui il perfetto ufficiale di marina, amato e stimato dai marinai, dai compagni e dai superiori, perché all'abilità professionale, alla cultura, al carattere retto, mite e modesto accoppiava l'equilibrio della mente e le cortesi maniere, sapendo a tempo essere forte ed efficace per gravi che si presentassero gli eventi.
Queste virtù egli ha dimostrato di recente in guerra, e si fu con giusto orgoglio nazionale che noi l'abbiamo veduto a capo della squadra nella recente campagna a Tripoli e nell'Egeo!
Il Faravelli ha dovuto lasciare il comando delle forze navali per malattia che non perdona, acquistata colle fatiche e le responsabilità sopportate nella prima metà della guerra di Libia; ma, sbarcato, non si risparmiò nelle alte funzioni che ebbe ancora a sostenere quale presidente del Consiglio superiore di marina, onde, ritornato gravemente a colpirlo il malore, egli è morto repentinamente come muore il soldato, che impavido si mantiene sulla breccia, rendendo servizio alla patria, servendo di esempio nel corpo della marina, che di lui conserverà gloriosa memoria!
Nel mandare all'illustre estinto il mio affettuoso estremo saluto, credo dovere mio ricordare la desolata vedova, rimasta nel più profondo dolore ed in non liete condizioni di fortuna; mio dovere di raccomandarla al Governo per un benevolo trattamento nella pensione, che in parte almeno corrisponda ai valorosi servizi prestati in guerra da questo nostro distinto ammiraglio e collega! (Approvazioni).
BERGAMASCO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERGAMASCO. Consentite onorevoli colleghi, a me, che appartengo a quella Provincia di Pavia, la quale diede i natali al viceammiraglio Luigi Giuseppe Faravelli, di aggiungere alle nobilissime parole testé pronunziate dall'illustre nostro Presidente e dall'ammiraglio Canevaro, l'espressione del vivo rimpianto mio e dei suoi conterranei. Altri parlò dell'ammiraglio Faravelli come soldato in modo degno e con quella competenza che io non posseggo. Sia però lecito a me di qui ricordare che l'ammiraglio Faravelli dedicò tutte le energie della mente e del cuore a quella Marina, che fu sempre in cima ai suoi pensieri e che costituì il culto devoto della intera sua vita.
Amante dei suoi ufficiali e dei suoi equipaggi, egli ne parlava con quell'accento premuroso, col quale un padre parla dei suoi figli; cultore rigido e severo della disciplina, sapeva inspirarla alla più rigida giustizia e contemperarla con affettuosa premura per tutti i suoi dipendenti per modo che questi gli rendevano giustizia e lo stimavano e lo amavano perdonandogli anche la severità.
Dotato di animo energico e saldo, di mente vivida e nutrita di buoni studi, egli eccelleva soprattutto per un sano e forte equilibrio di facoltà, che lo rendeva ad un tempo uomo di consiglio e uomo di azione.
Allorquando per le nuove fortune dell'Italia nostra la Marina venne chiamata ad agire e l'ammiraglio Faravelli fu nominato prima comandante della seconda squadra e poi comandante supremo delle forze di mare, chi ha l'onore oggi di parlare a voi, ed aveva allora quello di appartenere all'amministrazione della Marina, poté con grande soddisfazione constatare come fosse generale ed unanime, sia in alto che in basso, il consenso per quelle nomine e come tutti si sentissero sicuri e fieri sotto il comando di quell'uomo.
La sorte serbò all'ammiraglio Faravelli la rara fortuna di esercitare comandi altissimi in tempo di guerra; però tutti hanno constatato come egli sia stato all'altezza della sua buona fortuna, scrivendo a Tripoli per la nostra giovane Marina una pagina gloriosa, che non morrà.
Arrivato da poco in questo alto consesso e mentre già era insidiato dalla malattia, che, manifestatasi la prima volta a Taranto a bordo della Vittorio Emanuele, doveva poi abbattere la sua robusta fibra, non ebbe modo di affermarsi, ma vi raccolse una larga messe di simpatie e di amicizie fra quanti ebbero occasione di conoscerlo.
A lui, alla sua cara memoria, io porto qui il saluto ultimo e supremo dei suoi conterranei e di molti suoi amici e propongo che il Senato voglia mandare le sue condoglianze alla famiglia e al sindaco del Comune di Stradella. (Approvazioni).
MILLO, ministro della marina. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MILLO, ministro della marina. Il Governo si associa alle parole pronunciate dal nostro illustre Presidente per commemorare l'ammiraglio Faravelli. Dopo quanto hanno detto gli onorevoli senatori Canevaro e Bergamasco, permetta il Senato che io aggiunga soltanto come la Marina abbia sentito la perdita di uno dei suoi più eletti, di un ammiraglio, a cui ci legavano vincoli di affettuosa deferenza per la vita tutta spesa per il bene della Marina, per il carattere integro e nobile.
Il Governo si associa quindi alla proposta di inviare le condoglianze del Senato alla famiglia del compianto ammiraglio. Dichiaro poi al senatore Canevaro che sarà mia cura di provocare i provvedimenti, cui egli ha accennato. (Approvazioni).
PRESIDENTE. Mi renderò interprete delle condoglianze del Senato presso la famiglia del compianto senatore Faravelli e presso il sindaco di Stradella.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 7 aprile 1914.