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FABRI Cosimo

07 marzo 1836 - 31 gennaio 1894 Nominato il 26 gennaio 1889 per la categoria 16 - I membri dei Consigli di divisione dopo tre elezioni alla loro presidenza provenienza Emilia-Romagna

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Ho anche oggi un mesto dovere da compiere: debbo parteciparvi la morte di sei colleghi. [...]
Di morte quasi subitanea, nella prima ora del giorno 31 di gennaio, moriva in Firenze il senatore Cosimo Fabri.
Nato l'anno 1836 di cospicua famiglia in Ravenna, a Bologna si addottorò nella legge.
Animo gentile e mite, temperamento alieno da ogni trasmodare, pure delle sorti della patria sentì con affetto intenso: studente in Roma nel 1860, fu carcerato e bandito.
La propensione agli studi riposati ed al pacato vivere domestico non lo trattennero dal prestare alla città natale l'opera propria in difficili momenti.
E ne fu tre volte sindaco rispettato ed amato; perché l'onestà illibata, la molta bontà, il gran cuore di lui, nessuno poté disconoscere. Né la calma, né la dolcezza naturali potendo mai essere scambiate colla molle acquiescenza, tanto ogni istintiva inclinazione seppe sottomettere fermamente ai doveri volenterosamente assunti, egli lasciò nome dell'ufficio e della città benemerito.
Condottosi a dimora in Sant'Agata Feltria nella Provincia di Pesaro, dove aveva possessi, anche là fu proseguito da amorevole fiducia. E nella presidenza di quel Consiglio provinciale, tenuta continuamente dal 1881 in poi con molta pubblica utilità, fece nuova prova delle eccellenti doti onde era ornato.
Codesta carica fu il titolo per il quale entrò in Senato il 26 gennaio 1889; furono i servizi resi e le qualità sue esimie quelle che all'alto ufficio lo designarono: è il ricordo delle une e degli altri che ci comprende di vivo rammarico per la sua morte. (Bene). [...]
PASOLINI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASOLINI. Con l'affetto immutabile dell'amico, con gratitudine di cittadino, sento il dovere di associarmi alle parole di postumo elogio che il Presidente ha consacrate alla memoria onoranda del nostro collega Cosimo Fabri.
Gentiluomo di cuore eccellente, animo mite e gentile, fu amatissimo nella sua Ravenna.
La bontà, la equanimità coronavano in lui tutte la virtù civili, ed in tempi difficili poté, come sindaco, rendere servizi segnalati.
Seppe in ogni circostanza, anche in occasione di sventure domestiche toccate ai cittadini provati, mostrare quanto bene egli intendesse, e come sapesse esercitare quella funzione delicata e paterna che è riserbata a chi riveste l'ufficio mobilissimo di capo di una città, e raccolse meritamente la stima e la benevolenza universale. Ed io sento di essere oggi interprete dei sentimenti di tutta la mia città natale, portando in questa Assemblea la parola del dolore, del vivo rimpianto, e della gratitudine unanime di tutti i suoi concittadini.
BONVICINI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BONVICINI. Amico di Cosimo Fabri fin dal 1860, quando l'illustre e benemerito dittatore dell'Emilia, Luigi Carlo Farini decretò l'annessione della bassa Romagna alla Provincia di Ravenna, io ebbi largo campo di ammirare il patriottismo del compianto amico, le elette qualità sue di mente e di cuore.
Lo vidi più volte, primo magistrato della sua città nativa, ed ebbi la soddisfazione di veder sempre approvati i suoi atti all'unanimità dai suoi consiglieri non solo ma dall'intiera cittadinanza senza distinzione di partiti. Sì ambito favore non gli venne meno della Provincia di Pesaro. Eletto presidente di quel Consiglio provinciale conservò l'ufficio per 12 anni fino all'estremo di sua vita. Nominato senatore, benché di malferma salute, pure era assiduo alle nostre sedute, e quanti lo conobbero non potranno a meno di avere di lui grato ricordo.
La sua perdita ebbe largo compianto e splendide onoranze nella colta e gentile Firenze ove lo colse l'ultima sera.
Ed in Ravenna un vero plebiscito di dolore accompagnò all'ultima dimora la sua salma; ed io che sentivo imperioso il dovere di associarmi a quella mesta cerimonia e tributarli l'ultimo vale, ne fui impedito per fisica indisposizione.
Quindi ho colto l'opportunità di parlare di lui fra voi, associandomi non solo a quanto eloquentemente ha detto nel suo discorso di questo nostro collega l'egregio nostro Presidente, ma anche alle altre commemorazioni da lui fatte per gli altri colleghi.
E qui mi permetto di esprimere il desiderio che venisse dato incarico da questo primo ramo del Parlamento al Presidente di dire le nostre condoglianze alle desolate famiglie degli estinti colleghi, affettuosa dimostrazione che spero potrà in parte lenire la sciagura che le ha colpite, ed attesterà anche una volta che i lutti domestici sono divisi dai consessi a cui gli estinti appartenevano, quando essi ben meritarono della patria. [...]
CRISPI, presidente del Consiglio. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISPI, presidente del Consiglio. Il Governo si associa di gran cuore alle commemorazioni che vennero fatte dal Presidente prima e dagli altri oratori poi, degli estinti senatori, la cui perdita tutti deploriamo.
Il Governo non crede di aggiungere parole perché ogni nostra espressione diminuirebbe il valore di quelle pronunciate e che voi avere ascoltato con riverente attenzione.
PRESIDENTE. Come il Senato ha udito il senatore Bonvicini, al quale si è associato il senatore Tabarrini, propone che siano inviate le condoglianze dell'Assemblea alle famiglie dei senatori dei quali oggi si è fatta la commemorazione.
Chi approva questa proposta è pregato di alzarsi.
(Approvata).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 20 febbraio 1894.