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EULA Lorenzo

17 settembre 1824 - 05 luglio 1893 Nominato il 15 novembre 1874 per la categoria 09 - I primi presidenti dei Magistrati di appello provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Sono dolente di dovere aprire anche questa seduta con ricordi dolorosi, con lugubri parole. [...]
Acerbissima all'ordine giudiziario ed al Senato, dolorosa a tutti fu la morte di Lorenzo Eula avvenuta verso le sette pomeridiane del giorno cinque luglio.
Magistrato di somma integrità, dotto giurista, amministratore diligente, severo, inflessibile, Lorenzo Eula, dal modesto grado di volontario addetto all'avvocato generale di Sua Maestà presso il magistrato d'appello di Piemonte, salì in trentadue anni all'altissimo di primo presidente della Corte di cassazione di Torino; dalla quale dopo circa dieci anni era stato tramutato in questa di Roma, volgono ora trenta mesi.
Lungo tirocinio, lungo spazio di tempo nel quale od appartenesse al pubblico ministero, od alla magistratura giudicante fosse ascritto, in questa ed in quello operò sì che nella coscienza popolare penetrasse essere l'impero del buon diritto pronto, imparziale, immacolato. All'alto intento, ben sapendo quanto alla saldezza ed alla prosperità dello Stato giovi la fede nella giustizia insospettata ed impeccabile, mise la irremovibile tenacia onde natura ed educazione lo avevano dotato.
In fama di tale cui nulla avrebbe dal proprio dovere scostato, nelle molte città dove risiedette, nei più difficili incarichi che ebbe superò col contegno e con gli atti la bella reputazione che lo precedeva.
Per i quali eminenti meriti designato a regio commissario in Napoli nel 1861, nel 1863 a segretario generale del Ministero di grazia e giustizia, ministro il Pisanelli, sia nell'amalgamare e parificare ordinamenti diversi senza offesa di peculiari interessi, sia nell'aiutare il guardasigilli in mezzo alla farraggine di affari che al formarsi del nuovo Regno da ogni dove al centro affluiva, si accrebbe nome di amministratore sagace, rettissimo, infaticabile. Tempra robustissima gli permetteva di sprezzare i disagi; ogni fatica apparivagli lieve, quando, eccitata dallo scrupolo del dovere, la volontà ferrea la imponeva.
Chiamato a far parte del Senato il 15 novembre 1874, ne fu primo vicepresidente per la seconda sessione della dodicesima legislatura (6 marzo-3 ottobre 1876).
Ed in quest'Aula, discorrendo di argomenti giuridici con parola sobria, chiara, efficace ne apparvero la molta dottrina ed esperienza che facevano lume ad una mente volta ai grandi ideali, ad un animo anelante al progresso civile e politico. Notevole fra l'altre la parte che nel 1875, in veste di commissario regio, ministro il Vigliani, ebbe nella discussione del progetto di Codice penale, qui allora introdotto e discusso. Notevolissima sovratutto la fermezza con che virilmente, in ogni incontro, difese i diritti della potestà civile a fronte delle pretese ed usurpazioni del chericato; non lasciandosi, in coteste controversie per lo Stato italiano supreme, abbarbagliare da lenocinio di parole, da lucicchio di frasi, o da bonaria condiscendenza. (Benissimo).
Ministro della giustizia da pochi giorni, egli aveva entrato il novello arringo con nobili e fermi intenti: il suo nome, il suo passato avevano affidato la pubblica opinione. Ne era stato pregato quando, a mala pena convalescente di lungo e subdolo malore, avrebbe avuto bisogno di cure, di riposo, di pace; ed egli, che pure altre volte, comeché di ambizione fosse privo, aveva declinato la lusinghiera offerta, al novello invito obbedì!
L'animo, l'abnegazione, i propositi erano sempre gli antichi; il corpo non più quello: la natura inesorabile lo schiantò!
Così, in età di sessantanove anni non ancora compiuti, cessò di vivere a Resina Lorenzo Eula, che era nato a Villanova su quel di Mondovì.
È un luminare della magistratura che si è spento; a noi è tolto un collega illustre; alla patria manca un cittadino di fede incrollabile; manca al Re un consigliere leale, un suddito devotissimo (Benissimo - Vive e generali approvazioni).
CANONICO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
CANONICO. Benché di alcuni anni più giovane, io conobbi Lorenzo Eula sui banchi dell'università or fa ormai un mezzo secolo. Più tardi gli fui compagno in parecchi lavori legislativi, lo ebbi per mio capo in magistratura, e sempre amico sincero e fedele.
Nelle relazioni che ebbi con lui come compagno di lavoro mi era facile riconoscere la grande sua superiorità nella potenza dell'ingegno, nella lucidità dell'intuito e, sopratutto, nello squisito senso pratico con cui egli sapeva risolvere ogni questione. Nelle mie relazioni con lui come capo, io non trovai mai altro che un amico. Niun sussiego, niuna posa: il solo amore del retto e del giusto, il solo zelo pel pubblico servizio, condito costantemente da una semplice e cordiale giovialità di modi. La sua autorità non si sentiva in lui che nell'intrinseco suo valore.
Il lutto della sua famiglia, degli amici, della magistratura, del foro, del Governo, del paese, ben ci mostrano quanto egli fosse amato. E l'unanime amore ben ci mostra quanto ei valesse. Questo superstite sentimento di amore, che è cagione del dolore nostro, ne è ad un tempo il più grande conforto: perché è l'amore del giusto e del buono, questa forza che vince ogni ostacolo, questa forza che sola è capace di opere grandi e durature. (Bene! Benissimo!).
AURITI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
AURITI. I legami di intima consuetudine che per due anni mi strinsero a Lorenzo Eula per la direzione della suprema Corte di cassazione del Regno si sono spezzati dolorosamente.
Collega ed amico io unisco la espressione del lutto mio e di tutta la magistratura italiana al lutto nazionale per la perdita irreparabile di questo uomo eminente.
Sapienza arricchita dagli insegnamenti del lungo esercizio delle funzioni giudiziarie e dal disimpegno di alti uffici di Stato, intuito sicuro amore vivo del giusto, autorità ferma per quanto serena ed equanime, operosità indefessa, grande bontà di animo, vita privata semplice e modesta, furono queste le doti preclare che lo distinsero.
Tre fatti, tre momenti secondo me valgono a designare le linee caratteristiche di questa, figura veneranda.
Come amministratore, bisogna ricordare ciò che fece in Napoli come commissario regio straordinario quando fu abolita quella luogotenenza, dovendo trasformare gli ordinamenti regionali disciolti negli organismi nuovi della gran patria italiana; fu opera rapida quanto preziosa.
Come giurista, furono memorabili le discussioni che ebbero luogo qui in Senato sul progetto di Codice penale Vigliani del 1875. Quelle discussioni furono principalmente dibattute da lui, commissario regio, dall'ingegno sodo e robusto contro le ardite teoriche e le scintillanti argomentazioni di Matteo Pescatore.
Viene l'ultimo fatto.
Tanti sanno che più volte in tempi quieti egli declinò l'offerta del Ministero di grazia e giustizia. Richiesto recentemente in un momento difficilissimo egli, già gravemente infermo, credette suo dovere di accettare nell'interesse del paese, e specialmente della magistratura, anche col sacrifizio della sua vita.
L'infierire del morbo inesorabile impedì che avesse potuto prestare quell'opera, che avesse potuto emettere quel giudizio che il paese da lui attendeva. Ma resta il titolo di benemerenza di un'eroica risoluzione.
Inchiniamoci innanzi a questo altro esempio che scomparisce, di virtù civili e domestiche, di abnegazione, di devozione al sentimento del dovere, di vita integra ed operosa, innanzi a questo vecchio stampo del magistrato perfetto.
Deh! che la nostra parola possa superare le mura di questo recinto per accendere la nuova generazione, la quale non ha fatto l'Italia, ma che tanto più deve sentire la responsabilità di saperla mantenere ispirandosi alla memoria di questi laminari dell'italiano risorgimento. (Bene! Benissimo!). [...]
CAVALLETTO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
CAVALLETTO. È dolorosa, è fatale per la costituzione del nostro Senato questa mesta frequenza di commemorazioni d'illustri colleghi che passano di questa vita obbedendo alla legge della natura.
Oggi commemoriamo un chiaro patriota, nel senatore Stocco, un illustre e sommo magistrato nel senatore e ministro Eula; un prefetto che merita tutta la riconoscenza di una provincia che ne conobbe e ne apprezzò i meriti, l'equanimità e la giustizia dell'animo, nel senatore Bruni-Grimaldi. [...]
GAGLIARDO. ministro delle finanze. Domando La parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
GAGLIARDO. ministro delle finanze.Signori senatori! [...]
A nome del Governo che in Lorenzo Eula ha perduto una così efficace cooperazione, mi unisco, con animo commosso, alle parole di rimpianto che avete udite e che tanto profondamente sono entrate negli animi vostri.
Ma che potrei aggiungere io alle parole con cui sono state così efficacemente ritratte le virtù, come uomo, come cittadino; come magistrato, l'amore della patria, il culto della libertà, l'altezza dell'ingegno, la profondità della dottrina, dell'uomo, da tutti, senza distinzione di parte politica, così profondamente rimpianto?
Ho detto anzitutto le virtù, imperocché l'edifìzio della civiltà, che consta di tante e così svariate parti, si sfascia, se non ha per fondamento il senso del buono e del giusto, l'abnegazione ed il carattere.
I Governi, che hanno una missione di civiltà, abbisognano di siffatti uomini; e però il Governo, a cui mi onoro di appartenere, sente tutta la perdita che ha fatto e ve ne esprime per bocca mia il suo profondo dolore.
Ed ora sia concesso a me, genovese, di aggiungere poche parole per esprimere il dolore di Genova che in Lorenzo Eula pose tanto amore e tanta estimazione da conferirgli la sua cittadinanza.
La morte di Lorenzo Eula è una perdita, per tutto il paese, ma segnatamente per quelle parti di esso in cui amministrò la giustizia; e Genova, che lo ebbe tanti anni magistrato, e nella sua virtù e dottrina di giurista, posava fidente, in questa solenne commemorazione vuol essere, lo sento, per bocca mia ricordata, e gli rende quest'ultimo tributo dell'affetto suo riverente.
COSTA. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
COSTA. Di Lorenzo Eula come uomo di Stato, come magistrato, come cittadino, disse il Presidente; dissero i nostri colleghi Canonico e Auriti, e nulla potrei aggiungere fuorché la espressione di una profonda ed antica ammirazione.
Permettete a me suo amico, che ricordi l'amico, che ricordi l'uomo.
Raramente io vidi uomo che avesse più alta l'intelligenza di lui e insieme più modesto, e direi quasi ingenuo il costume della vita.
Carattere speciale che non lo abbandonava mai in alcuno degli atti della sua vita pubblica e privata, era la serenità della mente, l'affetto, la genialità che circondava tutte le opere sue di un sorriso perenne.
Ed ora quel sorriso si è spento, ma vivrà nella memoria nostra come un caro ricordo. Ricordo caro per tutti e prezioso per me, che ho avuto con lui la stessa fede, ho combattuto per la giustizia sotto la stessa bandiera e sono cresciuto con lui, all'ombra dell'autorità e scaldato dall'affetto di un altro magistrato eminente, al quale oggi, giorno per lui di profondo lutto, mando un reverente saluto da quest'Aula, di Paolo Onorato Vigliani, maestro di dottrina, esempio di virtù e di carattere.
E perché questo caro ricordo sia mantenuto vivo da un segno esteriore che riveli il cordoglio dell'animo nostro, permettete di proporvi che per 15 giorni i seggi della Presidenza siano vestiti a gramaglia e sieno mandate alla famiglia le condoglianze del Senato (Bene! Benissimo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Canonico.
CANONICO, Rinunzio alla parola, dappoiché voleva fare la stessa proposta ora fatta dal collega senatore Costa.
PRESIDENTE. Come il Senato ha udito il signor senatore Costa propone che il Senato abbruni per Ì5 giorni il seggio presidenziale e che si mandino alla vedova ed alla famiglia le condoglianze del Senato.
Pongo ai voti queste proposte.
Chi le approva è pregato di alzarsi.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 7 luglio 1893.