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DUCHOQUÉ Augusto

05 luglio 1813 - 13 dicembre 1893 Nominato il 16 novembre 1862 per la categoria 08 - I primi presidenti e presidenti del Magistrato di cassazione e della Camera dei conti provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Alle troppe, dolorose perdite dalle quali non fummo in questi ultimi tempi contristati, se ne sono aggiunte testé due.
Il senatore Augusto Duchoqué-Lambardi che dall'anno 1839 apparteneva ai pubblici uffici della Toscana, era, quando caddero i Lorenesi, procuratore generale della Corte dei conti e consigliere di Stato in servizio straordinario; e fu dal Governo provvisorio che succedette mantenuto in ufficio, anzi spesso consultato, ascoltato sempre, e nelle più intricate difficoltà adoperato con splendida fiducia.
Alieno, invero, dalla politica militante, egli aveva a se medesimo fatta legge rigorosa dei rigidi doveri che ad un magistrato si impongono, e lo si teneva nella maggiore considerazione come uomo sagace e di dottrina vasta altrettanto, quanto di sano giudizio.
Una sol volta nel precedente ventennio si era impacciato di governare, allorché la Commissione municipale gli diede a reggere, nell'aprile 1849, il Ministero della giustizia. La speranza che a molti dei migliori in quel frangente balenò, potesse la restaurazione per impeto di popolo salvare la gentile Firenze dall'onta dell'occupazione straniera, rimeritarla coll'integrità delle franchigie nell'anno antecedente dal granduca concedute, vinse pure la ritrosia di lui.
Il disinganno patito nell'antico proposito lo confermò; si ravvolse, a dir così, nella veste, nel carattere di magistrato si appartò, per quanto, mutati i tempi, replicatamente le più pressanti ed onorevoli istanze lo tentassero, al Governo invitandolo.
Imperocché, annessa la Toscana, chiamato assieme ad altri chiarissimi nella Commissione istituita in Torino presso il Consiglio di Stato, per apparecchiare le leggi su cui il nuovo Regno si fonderebbe, la reputazione del Duchoqué, uscita dai confini della nativa regione, si diffuse ed aumentò; e venne in tanta stima che per incarico di quei valentuomini riferì sulla contabilità generale e sul contenzioso amministrativo, con proposte più tardi tradotte in leggi.
Addetto nel 1861 al Ministero delle finanze non fu l'opera sua di minor momento: tant'è che preparò ed in Parlamento, quale commissario regio, difese le leggi più importanti per l'assetto finanziario; fra le quali mi piace ricordare l'iscrizione nel nuovo gran libro del debito pubblico degli accatti dei cessati Stati: importantissimo atto di unificazione del Regno. Nel quale, istituitasi nell'autunno dell'anno seguente una sola Corte dei conti, il Duchoqué ne fu presidente di sezione e, nell'aprile 1865, presidente.
Nominato senatore nel novembre 1862 ebbe da quest'Assemblea accoglienza lieta ed onorevolissima, poiché subito lo volle nella Commissione permanente di finanze e ve lo confermò fino a che, colto da domestica sciagura, si dimise nel 1889, dopo averla presieduta per circa quindici anni.
Così, ora è l'anno, male reggendogli l'animo, la salute e la grande età, si ritirò da presidente della Corte dei conti; accompagnato nel bene meritato riposo dalla benevolenza universale, onorato col grado di ministro di Stato.
Infatti per trenta e più anni non vi ebbe, può dirsi, argomento dai maggiori ai più piccoli in cui non aiutasse il Governo colla insigne dottrina giuridica, col criterio e l'animo diritti.
Le parvenze d'una effimera utilità presente, il suo consiglio sottomise ognora alle alte, durature, fondamentali ragioni dello Stato; in quistioni delicatissime dove elementi quasi imponderabili di ragione civile e politica si contrappesavano, quella dottrina, quel criterio, quell'animo diedero sapientemente il tratto alla bilancia.
Per trenta e più anni il Senato ne fece il maggior conto, deputandolo a studiare i codici; mettendolo nelle commissioni di vigilanza del Fondo pel culto e dell'Asse ecclesiastico di Roma, delle quali fu presidente; ammirandolo, a tacere dei minori incarichi, studi e discorsi, relatore di quella che diventò la legge di contabilità generale del 1869.
Tali, per corta somma, signori senatori, i servizi di Augusto Duchoqué, che nato a Portoferraio il 5 di luglio dell'anno 1813 moriva in Firenze il giorno 13 di questo mese.
In pubbliche funzioni, in altissima dignità costituito, egli mostrò per circa cinquantaquattro anni singolare vigoria d'ingegno; a lui furono lode la cultura varia, la stupenda dottrina giuridica; di lui fu merito la insospettata equanimità; quantunque nel geloso ufficio lungamente coperto, laddove le interpretazioni nonché lecite fossero necessarie, prendesse norma dallo spirito delle leggi e dagli effetti che ne conseguirebbero.
L'ufficio, gli onori per quanto eccelsi non lo insuperbirono; le sventure domestiche non lo schiantarono; la cecità che melaconicamente lo travagliava pareva gli avesse cresciuto il lume meraviglioso della mente, tanto il magistrale suo discorso, chiarissimo per ordine di idee ben serrato, erudito e perspicuo correva facile e piano.
Cogitabondo ma sereno; non altiero per quanto grave; né ruvido, né fiacco: chi l'accostò, lo stimò, gli volle bene.
Fu dei nostri più operosi e più valenti, dei senatori tenuti nel maggior conto. Vivente a codesto sentimento lo facemmo segno; con altrettanto affetto ne lodiamo oggi la memoria; ne onoriamo la tomba alla quale sopravviverà il ricordo perenne delle opere sue. (Approvazioni vivissime generali).
GUERRIERI-GONZAGA. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
GUERRIERI-GONZAGA. [...] Propongo al Senato che siano espresse condoglianze alle famiglie dei defunti colleghi.
CAMBRAY-DIGNY. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
CAMBRAY-DIGNY. Io sono profondamente commosso per la perdita gravissima che abbiamo fatto colla morte del senatore Duchoqué.
Io ebbi mille volte occasione di trovarmi con lui nelle faccende di Stato, e forse più di tutti ho sentito e sento la perdita del collega, che fu sempre per me un carissimo amico.
Non intendo fare un discorso dopo la splendida commemorazione fatta dal nostro Presidente, poiché temerei di attenuarne l'effetto: ho chiesto la parola per associarmi alle sue espressioni anche a nome dei colleghi compaesani.
PRESIDENTE. Come il Senato ha udito, il senatore Guerrieri-Gonzaga propone che piaccia al Senato, d'inviare le sue condoglianze alle famiglie dei due senatori dei quali fu testé fatta la necrologia.
Chi approva questa proposta è pregato di alzarsi.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 20 dicembre 1893.