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DORIA Giorgio

05 gennaio 1800 - 23 gennaio 1878 Nominato il 03 aprile 1848 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Liguria

Commemorazione

 

Sebastiano Tecchio, Presidente
Prego i signori Senatori a ripigliare il loro posto per udire le meste letture delle quali son debitore all'Assemblea.
Signori,
Nell'intervallo di circa un mese, tra la prima e la seconda Sessione della presente Legislatura, scesero nel sepolcro cinque Senatori: il marchese Giorgio Doria [...].
La vita e i meriti di ciascheduno di codesti nostri Colleghi vengo oggi a commemorarvi per sommi capi, come vuole la consuetudine, come comporta il dolore. [...]
Il marchese Giorgio Doria, discendente da una della più nobili e più potenti famiglie di Genova (la famiglia di Oberto, di Lamba, di Paganino, di Luciano, di Pietro, di Andrea), è nato in quella superba Capitale il 6 gennaio 1799. Giovinetto ancora, pianse l'ultimo fato della repubblica. E più avrà pianto alloraché i Capitoli viennesi del quindici cancellarono la Ligure autonomia. Ma venne giorno che le querele cessarono, e l'egregio cittadino esultò di gran cuore; perocché vide che l'annessione del suo paese agli Stati Sardi cresceva nerbo e prestigio alla Dinastia di Savoia, tanto bramosa di propugnare quandochefosse la redenzione della penisola.
Era Giorgio Doria di spiriti democratici. Zelatore delle idee liberali. Nel quaranzette [sic] plaudente alle riforme inaugurate da Re Carlo Alberto. Nel quarantotto, entusiasta dello Statuto; e, tosto poi, delle cinque giornate della vicina Milano. Fra i primi dei Genovesi che accorrevano ai campi lombardi col fucile di volontari.
Non è meraviglia che il Decreto Reale del 3 aprile 1848, ond'ebbe principio l'Ordine Senatorio, abbia scritto il nome di codesto patrizio.
Nel 10 maggio, primissima delle adunanze del Senato, sorse il Doria a proporre uno Indirizzo al Re ed all'Esercito in riconoscenza della loro opera valorosa per la cacciata dello straniero. L'Indirizzo fu approvato con altissime acclamazioni.
Nella tornata del 6 luglio parlò in favore del disegno di legge che univa agli Stati del Re la Lombardia e le provincie venete di Padova, Vicenza, Treviso e Rovigo.
In quella del 1o aprile 1850, intervenendo nell'aspra battaglia sopra il foro ecclesiastico, arringò per lo schema di legge messo innanzi dal conte Siccardi.
In quella del 5 aprile 1852, tenne le parti dei Ministri Cavour e La Marmora nella questione delle fortificazioni di Casale.
In quella del 5 marzo 1855, si schierò tra gli oppositori al Trattato per la spedizione in Crimea, della quale pareano a lui (come ad altri) certi i pericoli, e poco probabili i benefizi.
In quella del 9 maggio dello stesso anno 1855, chiarì il suo voto a pro della legge di soppressione delle corporazioni religiose.
Taccio delle altre contingenze, nelle quali ebbe di sovente a discorrere; massime, a proposito di Bilanci e di Ferrovie.
Ma non voglio tacere che nel 16 ottobre 1860 patrocinò il disegno di quella legge, che, presaga di nuove annessioni di Provincie italiane, concedeva al Governo piena balìa di accettarle per Decreti Reali.
L'ultima volta che il Senato lo udì, fu la tornata del 17 agosto 1870; nella quale con accorta sollecitudine raccomandava la costruzione di una ferrovia tra Spezia e Parma.
Ma eziandio dopo quel dì, malgrado la età senile e acciaccosa, il nostro Collega veniva ancora al Senato sempreché si agitassero materie o soggetti delicati e gelosi, ne'quali, non che lecito, è debito il dubbio e la esitazione a pigliare partito.
Del resto. In Giorgio Doria i Genovesi amavano uno dei più cauti moderatori delle passioni del povero popolo, a quando a quando commosso da improvvidi sobillatori; e soprattutto ammiravano in esso lui uno dei più solerti amministratori della cosa pubblica.
Consigliere nel Municipio, Vice-Presidente del Consiglio provinciale, Presidente dell'Amministrazione dell'Albergo dei poveri, attendeva con esemplare alacrità alle cure, non poche né facili, di quegli uffici.
Fu leale e integerrimo; e (rara cosa a questi tempi) nella lealtà, nella intemeratezza sua credettero tutti.
Morì di rapida malattia il 23 dello scorso gennaio; compiuto da pochi giorni l'anno settantanovesimo.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 15 maggio 1878.