senato.it | archivio storico

DINI Ulisse

14 novembre 1845 - 28 ottobre 1918 Nominato il 10 ottobre 1892 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Adeodato Bonasi, Presidente

Onorevoli colleghi. [...] Dopo lunga e crudele malattia l'illustre senatore Ulisse Dini finito ha i suoi giorni il 28 ottobre in Pisa, dove era nato il 14 novembre 1845 e dove si era laureato in matematica nel 1864 a soli 19 anni. Dopo essere stato a Parigi per perfezionarsi negli studi, nel 1866, non ancora ventunenne, fu incaricato dell'insegnamento della geodesia teorica e dell'algebra superiore nell'Ateneo pisano. Nel 1867 ebbe la nomina a professore straordinario di dette discipline, e nel 1871 fu promosso ordinario di analisi e geometria superiore, con l'incarico, in seguito, del calcolo infinitesimale. Per cinquantadue anni insegnò ininterrottamente nell'Università di Pisa che egli predilesse con affetto filiale e della quale fu anche rettore dal 1888 al 1890; e nella stessa città fu amato direttore della R. Scuola normale superiore.
I suoi lavori matematici, quali il celebre libro: Fondamenti per la teorica delle funzioni di variabili reali, quello Sugli sviluppi in serie di Fourier, e le Lezioni d'analisi infinitesimale, mostrarono una tale forza creatrice dell'ingegno matematico accoppiato a raro acume critico, da collocarlo subito fra i sommi che in quella scienza onorarono l'Italia, e lo misero a pari dei più grandi scienziati stranieri.
Ma, spinto dall'amore del loco natio, non seppe resistere alla tentazione di entrare a far parte dei Consigli del comune e della provincia, ritraendone non poche soddisfazioni, ma anche immeritate amarezze per le lotte che travagliavano i partiti in quella città. Egli si mantenne però sempre inalterabilmente buono e generoso verso tutti e con gli stessi suoi avversari, non avendo altro ideale che il bene della sua città, per la quale ebbe costantemente un culto di figlio devoto. Fu deputato nel collegio di Pisa per le legislature XIV, XV, XVI e parte della XVII, prendendo parte attiva ai lavori parlamentari e fu nominato senatore il 10 ottobre 1892.
Membro autorevole della nostra Commissione di finanze, fu relatore del bilancio per l'istruzione pubblica per moltissimi esercizi, studiando col consueto acume tutti i problemi interessanti l'insegnamento, e fu anche relatore scrupoloso d'importanti leggi riguardanti l'istruzione superiore e media e gl'infortuni degli operai sul lavoro.
Fece quasi sempre parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione e fu chiamato più volte a presiederlo; era cavaliere dell'ordine Civile di Savoia e membro dell'Accademia dei Lincei e di molte altre accademie italiane e straniere. La sua modestia era pari al suo valore di grande scienziato, ed i suoi modi affabili gli conciliavano tutte le simpatie. Alla sua morte Pisa gli tributò così solenni onoranze che riuscirono più una apoteosi che un accompagno funebre.
Alla memoria del grande e caro collega il Senato invia un ultimo mesto saluto. (Approvazioni). [...]
D'OVIDIO ENRICO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'OVIDIO ENRICO. Onorevoli senatori, avete udito dal nostro illustre Presidente la enumerazione dei meriti scientifici e dei meriti civili di Ulisse Dini. Ascoltandolo, io pensavo come sia stata ingiusta la sorte sottraendo al nostro affetto il caro illustre uomo, precisamente nei giorni in cui la grande vittoria italiana si affermava; in quei giorni in cui la gioventù italiana, che era stata oggetto del suo amore e delle sue cure indefesse, dava così magnifiche prove di valore, scrivendo pagine che la storia nazionale non cancellerà mai!
Ingiusta la sorte; straziante la morte; crudele il morbo, che volle strozzare quella voce che aveva parlato solo per il vero e per il bene, e che volle condannato all'inedia colui che era l'emblema della sobrietà.
Io stento a parlare, perché si riagitano nell'animo mio le memorie di 50 anni, egregi colleghi. Fu nel 1868 che io conobbi Ulisse Dini. Ero stato mandato a Livorno per esaminare i giovani candidati alla scuola di marina di Napoli, a quella scuola in cui io insegnava, ed in cui ebbi a discepoli tanti giovanetti i cui nomi mi sono rimasti sempre impressi nella mente, e che poi acquistarono rinomanza: Aubry, Faravelli, Viale, Bove fra gli scomparsi; e fra i viventi e ben viventi Leonardi Cattolica, Amero d'Aste, Presbitero, Tanari ed altri. Incontrai sulla soglia di quella scuola l'illustre capo attuale dello Stato maggiore della marina, Di Reve; egli entrava ed io uscivo per trasferirmi all'Università di Torino. Ero a Livorno, e da Livorno andai alla vicina Pisa, a visitare mio fratello, che a quella rinomata scuola normale, da quei maestri, andava togliendo.
Lo bello stile che gli ha fatto onore.
Vi andai anche per cercare Ulisse Dini. Benché giovanissimo, il suo nome già risuonava per le aule delle Università italiane. Mi accolse con quella cara semplicità, schietta, cordiale che era tutta sua; c'intendemmo, combaciammo; e da allora la nostra amicizia sorse, e solo la morte l'ha, dirò, interrotta; amicizia, che mai nessuna perturbazione ebbe a subire.
Delle opere scientifiche di Ulisse Dini già ha accennato il nostro Presidente, e chi oggi avrebbe potuto parlarvene degnamente, come uno dei più insigni discepoli del Dini, è il collega Volterra. Ulisse Dini fu dal Volterra commemorato nella sua opera scientifica all'Accademia dei Lincei, oltre alla commemorazione che il presidente dell'Accademia stessa ne aveva pur fatta. Ma il collega Volterra ha dovuto partire per l'estero, e mi ha lasciato questi appunti:
"Fu allievo dell'Università di Pisa; ebbe per professori Mossoti, Lavagna, Felici, e specialmente il Betti; fu pure di quella scuola normale superiore sotto la direzione del Villari. Terminati gli studi, andò in perfezionamento a Parigi, dove fu scolaro Hermite e Bertrand. Di ritorno gli fu affidato nell'Università di Pisa l'insegnamento della geodesia, e in seguito dell'analisi superiore e del calcolo infinitesimale. Ebbe altresì per qualche tempo l'incarico della fisica matematica.
I primi lavori del Dini versano sulla geometria differenziale. Scrisse poi i "Fondamenti di una teoria delle funzioni di variabile reale" ed il trattato, dapprima litografato e poscia stampato, di "Calcolo infinitesimale". Si hanno anche di lui un trattato "sulla serie di Fourier" e le lezioni litografate sulle funzioni sferiche e sulle funzioni ellittiche.
Fu direttore della scuola normale superiore dopo il ritiro del D'Ancona.
Ulisse Dini non era solo un grande scienziato, ma era anche un maestro di eccezionale efficacia. Fino agli ultimi mesi della sua esistenza egli ha insegnato come un giovane, con un abbandono, con un vigore veramente straordinari. La nota caratteristica sua nella storia della scienza è questa:
Nella seconda metà del secolo XIX si andò determinando un lavorìo di critica molto accurata e minuta sui fondamenti della geometria, dell'analisi, della meccanica. Ulisse Dini sviscerò i fondamenti dell'analisi matematica, e diede così all'insegnamento di essa un indirizzo perfettamente rigoroso, per quanto perfetta può essere opera umana. Allora le sue azioni avevano quasi un'aria polemica: era troppo naturale che egli parlando immaginasse di avere innanzi a se un contraddittore. Ed in quel modo egli continuò a far scuola fino agli ultimi anni, quando aveva già pienamente trionfato: era la sua perenne gioventù di animo, che lo faceva continuare a battagliare come nei primi anni.
Tale lo scienziato. L'uomo poi era pieno di tutte le bontà e di tutte le virtù.
Egli si spendeva per tutti e per tutto. Io non so davvero come facesse a trovar tempo per essere utile ad un tempo alla scienza, ai suoi concittadini che da lui pretendevano ogni cosa, ed alla pubblica istruzione, alla cui direzione spirituale egli dedicò tante cure. Ma voi stessi, onorevoli colleghi, l'avete veduto tante volte in Senato: egli era sempre intento a scrivere; poco parlava, scriveva sempre. Le ultime parole che ci scambiammo in queste aule appunto furono queste: io gli dissi: "Ma non scrivere tanto, non strapazzarti a scriver lettere!" ed egli mi rispose con una di quelle sue scrollate abituali, e continuò a scrivere. E scrisse fino agli ultimi giorni della sua vita: e quando gli fu vietato di scrivere, trovò nella sua degna compagna chi interpretava il suo pensiero e scriveva per lui.
A nome dei cultori della matematica in Italia, a nome dei quali credo di poter parlare perché sono ormai il secondo per ordine di anzianità, io esprimo il nostro profondo rimpianto per la scomparsa di chi rappresentava la scienza italiana così degnamente fra le nazioni civili.
Ed io parlo anche a nome dell'Università di Torino, del Politecnico di Torino e dell'Accademia delle scienze di Torino, della quale egli era socio nazionale non residente.
Ulisse Dini è assunto ormai nel firmamento della scienza italiana, in quella costellazione ove brillano i nomi di Brioschi, Betti, Beltrami, Castrati, Cremona, Battaglini. Il suo nome nelle pagine della storia della scienza rimarrà imperituro. (Benissimo).
La sua morte è un lutto per la scienza e per la scuola: è un lutto per la nazione italiana (Approvazioni vivissime).
PATERNÒ. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PATERNÒ. Non ho nessun titolo per associarmi alla commemorazione del senatore Dini, fatta in un modo così eloquente ed affettuoso dal nostro Presidente e dal senatore D'Ovidio. Però sentirei di mancare ad un bisogno imperioso dell'anima e che non posso definire, se nel giorno in cui si commemora in Senato Ulisse Dini non aggiungessi anch'io una parola di rimpianto, e non esprimessi tutto il mio dolore per la dipartita di un uomo col quale ebbi da molti anni consuetudine giornaliera, e che indipendentemente dal valore immenso come scienziato, in tutta la sua vita mostrò di possedere un'anima non inferiore all'intelletto.
Ulisse Dini, se è permesso dire di un uomo che è perfetto, deve dirsi moralmente perfetto. In tutte le condizioni della vita, anche quando altri avrebbe potuto sentirsi turbato dagli immeritati dolori, conservò piena la serenità dello spirito e la bontà del cuore. Sempre eguale a sé stesso, sempre devoto al dovere! La sua modestia armonicamente congiunta all'altezza dell'intelletto, non gli fece sdegnare qualsiasi più umile ufficio pur di rendersi utile alla patria ed ogni incarico disimpegnò, senza distinzione d'importanza, con lo stesso inappuntabile zelo. [...]
BERENINI, ministro dell'istruzione pubblica. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BERENINI, ministro dell'istruzione pubblica. Le parole miste di riverenza e di affetto, con le quali l'illustre Presidente e tutti gli insigni oratori, che commemorarono i loro colleghi defunti, tributarono onore alla loro memoria, confermano la grande verità che il miglior serto che si può offrire in lode delle virtù dell'intelletto è quello che fu tessuto dalla bontà del cuore.
Onde io non so meglio dire la parola di cordoglio del Governo, che esprimendo in questo pensiero tutto l'animo mio pieno di devozione per la memoria dell'esempio, che essi han dato del loro cuore cogli atti della loro vita di scienziati, di cittadini, di patrioti. Alla memoria dei senatori Torlonia, Senise, Todaro, Dini vada dunque questo omaggio devoto del Governo, che vuole essere interprete di un sentimento di uguale devozione del paese. [...]
Ulisse Dini, tratto dalla natura del suo ingegno, per grande vocazione, alle scienze astratte, non dimenticò mai i problemi concreti della cultura nazionale.
Onde ben fu ricordata la prodigiosa sua attività a pro della educazione nazionale, come fu spesso lucido e sapiente relatore del bilancio della pubblica istruzione, come egli fu degnissimo vicepresidente del Consiglio superiore. Ma io debbo anche ricordare come egli, pur tanto assorto nella scienza, non fu meno alacre nell'adempimento dei suoi doveri di insegnante, poiché la sua scuola fu esempio di virtù, di zelo, di costanza, di diligenza, di abnegazione. Non posso dimenticare come egli fu anche, e ben lo ricorda Pisa con rimpianto, preside di quella mirabile Scuola normale. Non posso, invece, illustrare l'opera scientifica del senatore Dini, cui accennò con la competenza, che egli solo può avere, il senatore D'Ovidio. Certo le opere sue, pubblicate in tutte le riviste della scienza e in Italia e all'estero, fecero chiaro il suo nome oltre i confini della patria nostra. (Benissimo).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 22 novembre 1918.