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DIAZ Armando

05 dicembre 1861 - 29 febbraio 1928 Nominato il 24 febbraio 1918 per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza Campania

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Onorevoli colleghi. Raccogliamoci in ispirito, in mesta e commossa adorazione, nel tempio michelangiolesco, ove una bara racchiude la spoglia mortale di Armando Diaz. Con lui non abbiamo perduto soltanto un collega amato il cui nome suonava glorioso nel mondo. Ci è sembrato che con lui si dileguasse uno di quei grandi spiriti che accompagnarono l'Italia nel suo ricostituirsi a nazione. E simbolo egli fu veramente dell'ultimo grandioso sforzo del popolo italiano.
Si è di lui ricordato la luminosa carriera militare, il valore guerresco che gli valse la gloriosa ferita di Zanzur e la seconda ferita del Carso, l'opera sua silenziosa e felice di comandante di reparti, che ne rivelò, nonostante la modestia, le altissime doti, onde fu prescelto nell'ora tremenda, quando occorreva il cuore più saldo, la fede più incrollabile, la mente più acuta. Allora Armando Diaz con semplicità austera, posto d'improvviso alla testa dell'esercito, assunse con una calma ed una forza d'animo prodigiose, divinatrici, la tremenda responsabilità. È da questo momento che Armando Diaz passa alla storia della nuova Italia. Egli fu lo strumento fedele e geniale della nazione risoluta di risollevarsi e di vincere.
In modo mirabile egli seppe organizzare la resistenza dapprima, preparare la rivincita poi: con sapienza fatta di amorosa sollecitudine e di sorridente umanità non meno che di profonda conoscenza della psicologia guerresca, egli seppe rialzare l'animo dei soldati e degli ufficiali, ricondurre in tutti la fede nei destini della patria e cogliere il lauro di quella memoranda vittoria finale che egli annunciò coll'epico bollettino che rimarrà perennemente inciso nelle tavole della storia.
Ed il Governo, disponendo che la gloriosa salma, nell'ultima veglia, sostasse sull'Altare della patria presso il milite ignoto, non riassunse soltanto il sentimento del popolo italiano che congiungeva in un solo pensiero di riconoscenza il comandante supremo e l'umile fante, ma interpretò anche il generoso animo del condottiero il quale avea affermato che solo ai suoi soldati era dovuta la vittoria, come già pur dopo assunto il comando aveva proclamato che il contegno dell'esercito era pari alla grandezza dell'ora.
Ma, colla vittoria, non cessò Egli di servire la patria, nonostante che la sua salute fosse stata non poco provata dalle vicende di guerra.
Ed eccolo, messaggero d'italianità, compiere nel 1921 un lungo viaggio negli Stati Uniti, dove con un'incredibile resistenza fisica e morale, percorrendo tutto l'immenso continente e pronunziando centinaia di discorsi, seppe esaltare in tutta la sua grandezza la nostra vittoria, seppe far rifulgere il grandissimo, decisivo contributo dell'Italia, l'eroismo, il sacrificio della nostra gente. Il trionfo decretatogli allora dal popolo americano non meno che dalle colonie italiane assai giovò per disperdere la nebbia d'interessati obblii intorno alla nostra vittoria che anche nemici interni con opera parricida insidiavano e profanavano.
Diaz soffriva e taceva in sdegnoso, mortificante silenzio: ma quando, Benito Mussolini, in nome dei fanti di Vittorio Veneto, salì al potere, egli sentì esser dovere patriottico offrire i suoi servigi come egli ebbe a dire, a "un Governo nazionale per la grandezza d'Italia". Ed accettò la carica di ministro della guerra, dando tutta la sua opera a risollevare l'esercito dalla crisi in cui era caduto. Ma l'intenso lavoro ne logorò la fibra ed egli fu costretto a lasciare la carica, fiero del dovere nuovamente compiuto, del bene fatto alla nazione.
Il magnanimo spirito di Armando Diaz è ora asceso tra gli Eroi della patria e di là ne propizierà le fortune, ne seguirà il trionfale cammino, ch'Egli in vita ha grandemente contribuito ad aprirle. La nazione tutta, in un solo slancio di amore e di pietà, ne ha pianto l'amarissima perdita e per i secoli avvenire ne venererà la memoria. Il Senato del Regno, che già si associò unanime al lutto della patria, dell'esercito, della famiglia desolata, ne esalta oggi nuovamente il nome e dice di lui come tacito del suo grande congiunto trionfatore dei Britanni: "Posteritati narratus et traditus superstes erit". (Vivissime e generali approvazioni).
CIANO, ministro delle comunicazioni.Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CIANO, ministro delle comunicazioni. Onorevoli senatori. Il capo del Governo - nell'altro ramo del Parlamento - a poche ore dall'inatteso annunzio della morte del Maresciallo d'Italia Armando Diaz, duca della vittoria, nella singolare mestizia di quelle ore di virile dolore e di orgogliosa fierezza, scultoreamente diceva di lui e dell'appassionato accoramento del Governo fascista ai sentimenti di questa alta Assemblea; ma la formula sarebbe troppo fredda se non rievocasse quella commemorazione che, del Grande artefice della Vittoria, Re, Governo e Popolo hanno già insieme fervidamente celebrata in questa Roma immortale, componendone la salma nel tempio michelangiolesco, dopo la sosta sull'Altare della patria, accanto al Milite Ignoto. Commemorazione che, se fu superba e giusta esaltazione dell'Uomo, fu anche rievocazione di quell'anno memorabile di sacrificio, di passione, di ansie e di gioie che condusse alla vittoria.
Armando Diaz fu autentico trincerista che a Zanzur e sul Carso, con due ferite eroiche, consacrò il sacrificio e la dedizione alla patria. Salutiamo ed esaltiamo l'artefice della Vittoria, l'osservatore freddo ed acuto, il perfetto conoscitore di uomini e di sistemi, l'Uomo che alla scienza seppe unire la realtà dell'esperienza contingente e mutevole per avere in pugno tutti i mezzi del successo, che si compendia in due nomi sacri alla nostra storia: Piave e Vittorio Veneto; ma non dimentichiamo il colonnello di Sidi-Bilal, che, colpito gravemente, resta al suo posto per incitare alla vittoria e, solo quanto è certo del successo, cede allo strazio della ferita e consente di lasciarsi trasportare, dopo aver baciato la bandiera del suo 93° reggimento glorioso.
Dopo la guerra vittoriosa, Armando Diaz fu coi giovani che la guerra avevano fatta e che la vittoria vollero difendere.
Dopo la marcia rinnovatrice, chiamato dal capo del Governo ad un nuovo posto di responsabilità e di comando, entusiasticamente accettò. Sereno e forte al dovere sempre ed ovunque compiuto, affidò il suo laborioso passato al solo giudizio della storia e con animo giovanile si accinse al nuovo compito.
Onorevoli senatori. Il Governo fascista, espressione dell'intervento, della passione e dei sacrifici della guerra, nuovamente si inchina dinanzi allo spirito del Grande Condottiero nel nome di tutti i combattenti di terra, di mare e del cielo e di tutto il popolo italiano. (Vivi Applausi).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 3 maggio 1928.