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DI SAN GIULIANO (PATERNÒ CASTELLO) Antonino

09 dicembre 1852 - 16 ottobre 1914 Nominato il 04 marzo 1905 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Sicilia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! S'egli è triste l'avere a condolerci di perdite dei nostri, sempre che ci riuniamo dopo qualche intervallo, tornaci oggi tristissimo il contarne una, che gravissima perdita è anche dello Stato; la morte del senatore Di San Giuliano, cui era affidata la politica internazionale in questo frangente dell'Italia innanzi alla conflagrazione bellica europea. Il 16 ottobre prese gramaglia la Consulta, ove morì al posto del dovere il fedele ministro, qual soldato sulla breccia, la patria in cuore, sulle labbra il nome d'Italia e del re. Catania, che gli aveva dato i natali il 9 dicembre 1852; che colse i primi frutti dell'intelletto e del vigore del giovane patrizio; nel Comune assessore per la pubblica istruzione a ventidue anni, e nel 1879 sindaco, della Provincia consigliere; Catania, che il mandato politico avevagli conferito nel 1882 prima che in età fosse di eleggibile, tanto nel candidato le doti precorrevano, e che lo tenne deputato oltre un ventennio; la città, che si gloriava dell'illustre cittadino dato al Parlamento, dato al Governo, desolata accolse a fiori e lagrime gli amati resti, che gliene tornarono per la sepoltura. Dalla Sicilia all'Alpi risuonò il lamento; ed anche gli stranieri han partecipato al lutto, onorando la memoria dello scomparso nostro, quale di statista e diplomatico eminente.
Signorilità e gentilezza aveva tratte dall'antico nobile lignaggio; amor di patria ed odio alla dominazione, che tiranneggiò le due Sicilie, ereditati dal padre marchese Benedetto Orazio, condannato a morte per le aspirazioni alla libertà, che, sfuggito al carnefice borbonico, vide il Regno d'Italia e sedette in questo consesso, cui venne ad appartenere il figlio nel 4 marzo 1905. Fu letterato il marchese Antonino, studioso, scrittore e conferenziere applaudito. La laurea in giurisprudenza teneva dall'ateneo catanese, presa nel 1875, stando già in cariche municipali. Diede alle stampe pregevoli scritti politici, sociali ed economici; fra i quali: Le condizioni presenti della Sicilia nel 1894, e le Lettere dall'Albania, che furono tradotte in tedesco. Collaborò alla Nuova Antologia ed alla Rivista Sociale.Il suo cuor generoso ed i sensi filantropici lo traevano ad erudirsi di tutto che conferisce al pubblico bene ed avvantaggia l'umanità. Gli ornamenti dello spirito lo rendevano al conversare piacevole.
Deputato al Parlamento, annullata la prima elezione dell'ottobre 1882 per il difetto dell'età, rieletto nel dicembre di quell'anno dal 1° collegio di Catania, che rappresentò nelle sette legislature dal 1882 al 1904; portò alla Camera la sua attività ed il ricco corredo delle sue cognizioni scientifiche. Il possesso di lingue straniere e l'istruzione acquistata nei viaggi arricchivano quell'ingegno fertile, che diede ai lavori parlamentari notevole concorso, guadagnando stima e concetto fra i colleghi; sicché un tempo fu della Presidenza segretario. Nelle discussioni emerse oratore facondo, dalla parola limpida e temperata; trattò con valore d'ogni soggetto importante dell'amministrazione pubblica, dell'ordine interno e dell'economia sociale, di politica e di materia coloniale; lode acquistò in commissioni e relazioni, in ispecie per l'inchiesta del 1891 sull'Eritrea; mostrò il criterio pratico; fece manifeste le qualità dell'uomo di Stato. Ed a governare fu chiamato la prima volta nel 1892 sottosegretario di Stato per l'Agricoltura Industria e commercio; nel 1899 prese il portafoglio delle Poste e telegrafi; e nel 1905 quello degli Affari esteri; dandosi principalmente nel maneggio di questo ad apprezzare in alto modo. Passato alle ambascerie altro lustro procacciò al suo nome. Londra il tenne gradito dal 1906 al 1909, in onore del pubblico, nel favore dei grandi e della Corte, nell'amicizia di Re Edoardo VII: Parigi festeggiò nel 1909 l'ambasciatore con il ricordo del giovane gentiluomo catanese, che nel 1876, per il trasporto delle ossa di Vincenzo Bellini, eravi stato attraente ed ammirato. Richiamato alla Consulta nel 1910 non ininterrottamente diresse la politica internazionale; ed il prezzo dalla sua opera acquistato nel gabinetto Fortis, andò crescendo ne' successivi, giungendo a misurarsi con le maggiori difficoltà degli ultimi suoi giorni. Il nome del marchese Di San Giuliano passerà chiaro nella storia della nostra conquista libica. Fu il ministro rimeritato dalla Maestà del Re con il collare dell'Ordine supremo. Dell'azione, in cui lo sorprese la morte, si dirà dopo la bufera. La visita del Re alla camera, ove al cadavere ardevano i ceri, fu altro supremo segno: lo sguardo del sovrano alle luci ed alle labbra chiuse per sempre, significò la riconoscenza della nazione. (Benissimo). [...]
SALANDRA, presidente del Consiglio, ministro dell'interno.Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SALANDRA, presidente del Consiglio, ministro dell'interno.[...]
A nome del Governo, e personalmente, rivolgo una parola di memore ed affettuoso compianto alla memoria di Antonino Di San Giuliano.
Quale e quanto uomo egli fosse, come vivido e multiforme il suo ingegno, come copiosa, ornata, efficace la parola tutti sanno coloro che lo hanno conosciuto o lo hanno ascoltato; ma non può valutare quale perdita abbia fatto con lui il paese chi non gli fu, come io gli fui, compagno di lavoro quotidiano in momenti di patriottica angoscia, e di gravi risoluzioni.
Della morte, di cui sentiva l'approssimarsi, egli ragionava con animo stoico, e si doleva soltanto perché gli toglieva la suprema speranza di condurre la patria a più alti destini.
Se noi vedremo, se altri vedranno questi fausti giorni, si rammentino del valido contributo che egli ha portato ai destini d'Italia. (Approva­zioni generali - Applausi).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Tittoni, primo iscritto.
TITTONI. Poche volte la parola mesta e solenne del Presidente ha annunciato al Senato perdite così gravi per la patria.
Innanzi alla pleiade di uomini insigni che scompare, torna alla mente il pensiero malinconico di un uomo di Stato, il quale, vedendo morire in breve spazio di tempo molti contemporanei suoi di grandissimo valore, ebbe ad esclamare: "Sembra quasi che la morte abbia dei momenti nei quali, con speciale cura, vada alla ricerca delle personalità più elette!".
Io mi sentirei tratto a parlare di ciascuno di essi, poiché nei pubblici uffici ebbi l'onore di trovarmi a collaborare con Emilio Visconti-Venosta, con Gaspare Finali, con Antonino Di San Giuliano, con Giorgio Arcoleo. Né vorrei tacere di Alessandro D'Ancona. Ma per tutti potrei ripetere la frase di Cicerone, il quale assicurava un posto speciale agli Elisi omnibus qui patriam conservarint, adiuverint, auxerint. [...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole senatore Chimirri.
CHIMIRRI. Furono parecchie e gravi le perdite fatte dal Senato durante le vacanze.
Di tutte disse parole degne e commoventi l'onorevole nostro Presidente. Mi sia concesso di recare un tributo di sincero rimpianto alla cara memoria del marchese Emilio Visconti Venosta, di Gaspare Finali e del marchese Di San Giuliano, coi quali ebbi maggiore consuetudine, comunanza di idee e solidarietà di azione nelle lotte della politica.
Nella vita operosa di quei sommi si riepiloga e rispecchia larga parte delle vicende avventurose che contribuirono all'unificazione della patria. [...]
Compiuta l'unità politica, fu serbata all'onorevole marchese Di San Giuliano, acuto ingegno e animo fortissimo in corpo logoro e tormentato, la ventura di coronare l'edificio con l'impresa libica, che, fondendo l'anima italiana, suggellò l'unità morale del paese, e gli dette la coscienza e la misura delle sue forze. (Vive approvazioni).[...]
NICCOLINI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
NICCOLINI EUGENIO. Dopo quanto è stato detto con elevato pensiero ed efficace eloquenza dall'onorevole nostro Presidente e dagli illustri oratori che mi hanno preceduto, meglio a me si addirebbe il tacere, ma, fidente nella benevolenza di questo alto consesso, mi permetto aggiungere due parole a questa solenne commemorazione, affettuoso tributo all'amico del quale ebbi si alta stima. È stima ed affetto aumentavano per il marchese Di San Giuliano, quanto cresceva con lui l'intimità, perché meglio se ne apprezzavano le grandi doti della mente e del cuore che a volte erano adombrate da un brioso conversare, da un amabile scetticismo e da una viva ironia che egli usava anche su se stesso e sui mali che lo affliggevano.
Così il giorno che precedette la sua morte sorridendo mi disse che i più addolorati della sua dipartita sarebbero stati i farmacisti! E subito dopo, abbandonato lo scherzo: "Muoio tranquillo", disse, "conscio di aver dedicato tutte le mie forze, tutta la mia vita all'Italia. Il tempo dirà se avrò potuto contribuire In qualche modo alla sua grandezza! L'Italia è su una buona via!".
E questo fu il pensiero predominante della sua vita: l'Italia che egli amò sopratutto. Quando due anni prima, alle sofferenze fisiche, si aggiunsero le morali per la grande sventura che lo colpì negli affetti più cari ed io trepidavo per lo stato dell'animo suo, egli lo intuì e mi disse: "Non temere, l'Italia mi salva!".
Così dicendo era perfettamente sincero, perché non soltanto in quel momento doloroso le gravi cure della cosa pubblica lo assorbivano, ma sempre in tutta la vita l'amore per l'Italia che egli voleva potente ed indice di civiltà, l'ammirazione per il bello nella natura, nell'arte, nelle lettere, gli furono di conforto a sopportare le sofferenze della malferma salute, così che, oso dire, aveva preso tale consuetudine col dolore che fra gli spasimi del suo male, conservava limpida la mente ed eloquente la parola.
L'Italia, che egli amò fino al sacrificio di sé, l'Italia, sulla buona via, grande e vittoriosa, fu certo l'ultima visione su cui posarono gli occhi stanchi, ma ormai veggenti nella già dischiusa immortalità.
E noi, reverenti davanti a tanto amore, salutiamo con animo mesto e riconoscente l'illustre figlio della patria. (Vive approvazioni). [...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole senatore Ponti.
PONTI. [...] E gli amici milanesi si associano pure ai fratelli d'Italia, nel porgere tributo di compianto e di onore alla memoria di Gaspare Finali, il venerato patriota e parlamentare insigne, alla memoria del marchese Di San Giuliano, di cui saranno mai sempre ricordate e lodate l'importanza dei servigi resi allo Stato, e l'impronta ovunque lasciata della fervida genialità nativa, l'alta idealità di italica religione, la stoica fortezza tra i lunghi patimenti e di fronte alla morte. (Approvazioni vivissime).[...]
PRESIDENTE. Mi farò un dovere di adempiere a tutti i desideri espressi dagli onorevoli senatori.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 3 dicembre 1914.