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DI CARPEGNA Guido

06 febbraio 1840 - 27 ottobre 1919 Nominato il 03 dicembre 1905 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Lazio

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Egregi colleghi.
È ben triste il dovere che mi incombe di farmi annunziatore al Senato di nuove dolorosissime perdite. [...]
Nell'avito castello di Carpegna si spegneva il 28 ottobre a quasi ottanta anni, l'illustre senatore principe D. Guido Orazio Falconieri.
Discendente da antichissima famiglia della contea di Montefeltro, menzionata anche dal sommo nostro poeta nella Divina commedia, la nobile figura di questo perfetto gentiluomo portava con dignità il grande nome, senza vane borie come senza affettati dispregi democratici, solo curante di mostrarsene in tutto degno.
Datosi agli studi, si laureò in giurisprudenza, ma ben presto abbandonò codici e pandette per consacrarsi alle muse e alle lettere con passione che l'accompagnò per tutta la vita.
Ma un giovane di alta mente, innamorato del bello e del buono, coltissimo nelle patrie istorie, non poteva rimanere indifferente al movimento politico che dopo il 1848 ribolliva tutto attorno e involgeva oramai tutta la nuova generazione, e D. Guido di Carpegna si trovava spesso con gli amici suoi coetanei a parlare delle speranze e dell'avvenire della patria, allora oppressa e frantumata in numerosi piccoli Stati.
Nell'ultima domenica del carnevale del 1865, scrive il De Cesare nel suo interessante libro Roma e lo Stato del Papa,si ritrovavano a cena nelle stanze Spillmann alcuni giovani dell'aristocrazia romana tra quali Baldassarre e Ladislao Odescalchi, Giannetto Doria, Ignazio Boncompagni, i fratelli Ruspoli, Carlo Lovatelli, Guido Carpegna e pochi altri. Uno di loro, il Lovatelli, crede il De Cesare, al levare delle mense brindò al Re d'Italia e all'emancipazione della patria dallo straniero, cui tutti alzatisi in piedi, fecero eco col più vivo entusiasmo. Il fatto riferito a Firenze e imprudentemente pubblicati i nomi degli intervenuti dal giornale l'Italie,mise in moto affannoso la polizia pontificia vedendo già nella innocente riunione un complotto di cospiratori contro lo Stato. Riuscite vane tutte le ricerche per scoprire il nome dell'autore del brindisi incriminato, il Carpegna come altri, chiamato in polizia e sottoposto a rigoroso interrogatorio, confermò il fatto, aggiungendo semplicemente che nessuno aveva inteso di fare sfregio al Papa; ma messo alle strette dal commissario perché svelasse il nome del preteso reo, il Carpegna eccitatissimo, di balzo scattò in piedi dicendo: "mille anni di nobiltà non si dimenticano in un momento di vigliaccheria: cerchi altrove le sue spie"; firmò il verbale e se ne andò.
Dopo ventiquattr'ore un gendarme gli portò a casa il passaporto, intimandogli di partire il giorno seguente in esilio indefinito.
Consigliato dal padre, devoto al Papa, ricusò di umiliarsi a chiedere grazia e partì intraprendendo lunghi viaggi in Francia, Germania e Polonia, a scopo di istruzione, e due anni dopo, coperto da un salvacondotto ottenutogli dal celebre astronomo P. Secchi, già suo maestro, tornò a Roma, rimettendosi ai prediletti studi letterari con rinnovato fervore.
Le liriche che pubblicò in questo tempo di attesa gli diedero egregia fama di poeta e gli procurarono lodi e l'amicizia di uomini quali l'Aleardi e il Prati. Ma frattanto maturavano i destini di Roma, e, avvenuta la sua liberazione, Guido fece parte della Giunta di Governo, fu prosindaco della capitale acquistandosi molte benemerenze, specialmente nell'istruzione pubblica, fondando numerose scuole tra le quali la scuola pratica di agricoltura, che diede ottimi frutti, rispondendo ad un bisogno troppo a lungo trascurato.
Costituitosi il Comizio agrario, ne divenne il primo presidente, dando grande impulso all'industria agricola, incoraggiandola in ogni maniera anche con generose elargizioni del proprio.
Il Carpegna fu poi uno dei precursori dell'industria zuccheriera in Italia, fondando in Rieti uno dei primi e più grandiosi zuccherifici, premiato con medaglia d'oro. Ma la fortuna non fu pari all'ardimentosa impresa, e, come soventi accade, se a lui rimase il merito dell'iniziativa, altri ne raccolse gli enormi benefici.
Amico intimo di Marco Minghetti, di Ruggiero Bonghi e di altri uomini insigni del partito liberale, in loro unione si diede con pura fede alla politica. Per parecchie legislature fu deputato di Urbino, ed i molti discorsi da lui pronunziati su importanti e vari argomenti, con grande calore di convinzione e sempre in forma semplice ed eletta, gli diedero fama di oratore egregio ed autorità incontestata di politico di singolare rettitudine e di sicuro buon senso.
Nel dicembre del 1905 fu nominato senatore, e anche in questa Assemblea si distinse per le stesse virtù per le quali nell'altro ramo del Parlamento si era acquistato un posto eminente.
Negli ultimi suoi anni consacrò gran parte della sua meravigliosa attività alla Consulta araldica, cui portò il contributo prezioso della grande e indiscussa sua competenza.
Guido di Carpegna, uomo di rara cultura, fu latinista erudito e scrittore limpido ed efficace.
Oltre le sue liriche ed i cantici patriottici, che lo resero popolare, arricchì la nostra letteratura dell'elegantissima sua traduzione delle Satire di Giovenale, assicurandosi la gratitudine di quanti non sarebbero in grado di attingere dall'originale le arcane bellezze della classica poetica latina.
Di spirito largo e versatile, il Di Carpegna non rimase estraneo agli studi zoologici e di botanica, e le sue belle collezioni ornitologiche ne fanno splendida testimonianza e spiegano come la Società italiana zoologica volesse annoverarlo tra i suoi soci fondatori.
Ugualmente versato nelle discipline politiche ed amministrative che nelle lettere, Guido Falconieri di Carpegna ovunque passò lasciò traccia che è da augurarsi non vadano mai disperse: nella sua vita esemplare di gran signore all'antica, tutta inspirata alle più pure idealità, si mostrò degno delle grandi tradizioni del patriziato italiano, non disgiungendo mai l'amore della patria da un elevato sentimento religioso.
Alla famiglia che amaramente ne piange la irreparabile perdita, colle condoglianze del Senato, vada l'espressione del profondo nostro cordoglio. (Bene).
DI BRAZZÀ. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DI BRAZZÀ. Legato da viva amicizia al caro collega del quale deploriamo la perdita, mi parrebbe mancare ad un sacro dovere se non prendessi la parola per associarmi di tutto cuore a quanto a testé detto il nostro illustre Presidente.
Egli vi ha fatto noto quanto ha operato il collega Di Carpegna durante la sua vita. Tutta spesa in promuovere il bene del paese nei numerosi posti che egli ha occupato.
A me, suo compagno di università insieme ad Alessandro Fortis dal '59 al '60, non resta che citare qualche fatto relativo a quell'epoca così fortunosa della nostra università che può illustrare lo stato d'animo allora dominante in Roma.
Nel mese di marzo del 1870 dagli studenti, ligi al Governo di allora, venne iniziata la sottoscrizione ad un indirizzo di fedeltà al Papa.
Ciò indispose gli studenti liberali; e per istigazione del Carpegna, del Fortis e di altri, fra i quali io mi trovava, fu deciso di impedirne la presentazione.
Difatti, la mattina seguente, prima che cominciassero le lezioni, una massa di studenti invase la loggia superiore di fronte all'ufficio del rettore abate Mura, reclamandone la distruzione.
Questi naturalmente si oppose, dicendo che l'indirizzo era stato trasportato altrove.
Si decise allora che alcuni studenti fidati andassero a prenderlo ove era stato mandato, ed avendolo riportato, fu consegnato al rettore, ingiungendogli di stracciarlo con le sue proprie mani con minaccia di gettarlo nel cortile qualora non si decidesse a farlo.
Di fronte a questo argomento un poco troppo persuasivo, egli si rassegnò a farlo fra gli applausi degli studenti radunati nel cortile. Il tumulto, durato più di tre ore aveva richiamato alla porta dell'università una gran folla tenuta a bada dagli agenti di polizia.
Nel frattempo era entrato nel cortile della università un drappello di truppa francese; e fu in questa occasione che l'ufficiale che lo comandava, indirizzandosi agli studenti, disse queste precise parole: "Je suis venu ici pour vous sauvegarder des sbires du Pape" parole che vennero salutate da grandi applausi.
Prima del 1870 ritornò in Roma per dedicare tutta la sua attività per il bene del paese.
Dai monti della sua Carpegna, all'indomani dell'occupazione di Trento, Trieste e Fiume, egli mi scrisse una lettera ispirata al più alto senso di patriottismo, rallegrandosi in eco dello sgombro del mio Friuli, e del conseguimento di tutte le nostre aspirazioni nazionali.
Egli, come molti altri allora, non poteva supporre che non si fosse subito proceduto alla occupazione di Lubiana e Klagenfurt, che si attendeva con impazienza, e che, se avesse avuto luogo, avrebbe molto semplificato la nostra posizione avvenire, e non avrebbe frustrato in gran parte i risultati della nostra splendida vittoria.
Pur troppo, ha mancato in quel momento decisivo la esatta valutazione della situazione politica presente e futura sia all'interno come all'estero.
Credo interpretare i sentimenti di tutti i colleghi nel proporre che il Senato invii le sue condoglianze alla vedova, ai figli ed alla famiglia. (Approvazioni). [...]
MORTARA, ministro della giustizia e degli affari di culto. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTARA, ministro della giustizia e degli affari di culto.[...]
Eguale omaggio tributo alla memoria del senatore Falconieri Di Carpegna, discendente degno di alto lignaggio, che a patriottismo accoppiò la nobiltà della vita, alla nobiltà della vita e al patriottismo associò desiderio del bene e seppe ispirarsi alle esigenze della vita moderna, promuovendo nella sua terra lo sviluppo di nuove industrie e di nuove attività feconde.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 6 dicembre 1919.