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DEL GIUDICE Pasquale

14 febbraio 1842 - 20 aprile 1924 Nominato il 25 novembre 1902 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Basilicata

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Niccolò Melodia, Vicepresidente

Onorevoli senatori,
Il lungo periodo di chiusura dei nostri lavori ha visto purtroppo scomparire le nobili figure di non pochi dei nostri amati colleghi che di questa Assemblea erano decoro e vanto. Ad essi rivolgiamo anzitutto il nostro memore ed accorato pensiero. [...]
Il 20 aprile dopo breve malattia, chiudeva serenamente gli occhi mortali il professore Pasquale Del Giudice e la scomparsa del venerando collega è grave lutto per l'Italia, per la scienza giuridica italiana, per noi tutti.
Era nato in Venosa, il 14 febbraio 1842: educato all'aspirazione per la patria unità, a 18 anni, sfidando pericoli e ostacoli, fu volontario garibaldino, combattendo valorosamente. E di quel fulgido episodio della sua giovinezza, egli, nella sua ammirevole modestia, non parlava mai neppure cogli intimi. Ripresi gli interrotti studi, si laureava in giurisprudenza a Napoli e dedicatosi dapprima alla filosofia del diritto, che dette alla sua mente la vasta comprensione del fenomeno giuridico e il rigore del metodo, conseguì nel 1871 la libera docenza in quella materia nell'Università di Napoli. Attratto però soprattutto dagli studi della nostra storia giuridica, allora molto incompleti, vinse l'anno successivo la Cattedra di storia del diritto e introduzione alle scienze giuridiche nell'Università di Pavia, iniziando colà quel mirabile insegnamento che doveva durare ben quarantacinque anni, tenendo la Cattedra di storia del diritto fino al 1917 e insegnando al tempo stesso l'introduzione alle scienze giuridiche e istituzioni di diritto civile. Dell'Ateneo pavese fu due volte rettore, e tre volte preside della Facoltà di giurisprudenza: a lui si deve la creazione dell'Istituto giuridico annesso alla Facoltà di giurisprudenza, divenuto sotto la sua guida uno fra i migliori d'Italia. Dire degnamente della sua opera di giurista e di storico non è qui possibile: basti accennare ch'egli, colla lunga, infaticabile, versatile opera ha altamente onorato la scuola storica italiana: nei suoi numerosissimi lavori, iniziatisi nel 1866 a 24 anni, colla traduzione dell'opera dell'Ahrens sulla ”Dottrina generale dello Stato” e chiusisi, mirabile esempio di attività, colla pubblicazione, avvenuta l'anno scorso, del secondo volume della monumentale ”Storia del diritto italiano”, a tacere di minori articoli apparsi anche di recente, egli ha sapientemente e fruttuosamente illustrato e indagato le più diverse epoche della nostra storia giuridica, sia nel diritto pubblico che nel privato, lasciando nel campo degli studi una traccia imperitura. E non solo storico del diritto, ma eziandio compiuto e acuto giurista ei si dimostrò nei suoi lavori, anche teorici, e di filosofia del diritto, e di economia, e di diritto civile, e nell'“Enciclopedia giuridica”, ch'ei scrisse nel 1880 per uso scolastico e ripubblicò nel 1896. E fu maestro sommo anche dalla cattedra e formò lo spirito e la cultura di moltissimi e moltissimi giovani che da lui non solo appresero l'amore per la nostra secolare civiltà, e per le severe e serene indagini scientifiche, ma anche ebbero l'esempio costante di vita pura e nobilissima, tutta dedita alla scienza, alla famiglia, al dovere!
Fu membro dell'Accademia dei Lincei, e di altre accademie italiane e straniere e presidente per diversi anni dell'Istituto lombardo di scienze e lettere. Apparteneva alla nostra Assemblea dal 25 novembre 1902. Ricordare la sua collaborazione all'opera legislativa di questi vent'anni è perfin superfluo: non vi fu disegno di legge di una certa importanza, soprattutto in materia di diritto pubblico o privato, su cui egli non facesse sentire la sua parola autorevolissima, o di cui non fosse relatore: membro delle più importanti commissioni, egli fu in ogni campo, e fino all'ultimo, mirabile esempio di giovanile alacrità di lavoro, di freschezza di pensiero, di completa dedizione ai doveri della carica. Autorevole membro della Commissione per la riforma dei codici, si preparava a dare nuovamente la sua preziosa collaborazione nell'importantissimo compito e ben si può dire di lui, che ancora negli ultimi giorni attendeva a nuovi lavori, esser egli caduto sulla breccia.
Pasquale Del Giudice non è morto! Egli vive e vivrà nel nostro ricordo affettuoso, nella memoria dei suoi innumeri scolari, nella sua lunga, fruttuosa opera. Io ch'era a lui legato da affinità di famiglia, e da vicinanza dei nostri paesi d'origine, con l'animo pienamente commosso vi invito ad inviare alla sua memoria il reverente pensiero del Senato. Vada alla sua famiglia desolata il nostro rammarico, come alla natia Venosa ed alla città di Pavia, che egli amava come una seconda patria, e che, grata del bene da lui ricevuto, lo volle suo cittadino onorario. (Approvazioni). [...]
CORBINO, ministro dell'economia nazionale. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO, ministro dell'economia nazionale.A nome del Governo mi associo alle nobili parole pronunciate dal nostro illustre Presidente per la commemorazione dei colleghi [...], Del Giudice.
La semplice enumerazione di questi nomi fa passare davanti ai nostri occhi tutta una nobile successione di attività politiche, amministrative, sociali e scientifiche.
Nell'associarsi al compianto del Senato per la perdita di questi suoi componenti, il Governo si associa anche alla proposta del Presidente perché siano inviate condoglianze alle famiglie degli scomparsi. (Benissimo).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 29 maggio 1924.