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DALLA VEDOVA Giuseppe

29 gennaio 1834 - 21 settembre 1919 Nominato il 04 aprile 1909 per la categoria 19 - I membri ordinari del Consiglio superiore di istruzione pubblica dopo sette anni di esercizio provenienza Veneto

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Egregi colleghi.
È ben triste il dovere che mi incombe di farmi annunziatore al Senato di nuove dolorosissime perdite. [...]
Nel collega Balenzano la morte ha spezzato un'attività fervida e illuminata; nel Frizzi l'esercizio della più larga filantropia; nel professore Giuseppe Dalla Vedova, mancato il 21 settembre, ha chiuso una lunga e nobile esistenza, tutta dedicata agli studi ed alla scuola.
Era nato a Padova nel 1834, cioè in una regione dove gli studi geografici furono sempre in fiore, forse perché sono quasi presenti agli occhi in essa i complicati problemi della costituzione del suolo, e dell'intrecciarsi e sovrapporsi nella storia di stirpi diverse; ma sopratutto per il secolare prevalervi degli interessi dell'espansione commerciale nel Mediterraneo.
La modestissima condizione della famiglia ne avrebbe fatto un artigiano; la viva intelligenza e la tenacia dei propositi lo portarono agli studi che compì, nei primi gradi, nel seminario della città nativa e completò a Vienna, come comportavano le condizioni politiche delle provincie Venete.
Questa frequenza nella università austriaca fu decisiva per il suo avvenire, dacché, se vi attese a studi di filologia classica e di storia in genere, poté vedere da vicino i progressi che la scienza geografica aveva compiuti nella prima metà del secolo, grazie alla poderosa opera di Carlo Ritter e di Alessandro Humboldt.
Così, tornato in Italia e divenuto insegnante nel ginnasio S. Caterina, ora Marco Foscarini di Venezia, e successivamente nel liceo di Padova, il suo primo lavoro importante del 1863 fu Della cartografia come sussidio della istruzione geografico-storica.
Scarso allora appariva e non coordinato, d'indole quasi esclusivamente pratico il nostro contributo agli studi geografici: onde un celebre geografo straniero proprio in quell'anno poteva scrivere che in questa parte del movimento scientifico l'Italia ormai non contava per nulla.
Dieci anni dopo il Dalla Vedova, che nel frattempo era divenuto docente dell'Università di Padova, dimostrava non giusto tale giudizio nei celebri suoi articoli La geografia ai giorni nostri dove additava lucidamente anche le basi dottrinali e il compito della scienza.
Nel 1901, cioè dopo trent'anni, delineando i progressi della geografia nel secolo XIX poteva proclamare che "raccolte le membra sparse, l'Italia era entrata risoluta nella gran corrente dei progressi geografici, mettendosi in prima linea con le nazioni più colte". La sua invincibile modestia gli impedì di neppure accennare alla parte che egli stesso aveva avuto nel conseguimento di tali risultati, che per unanime consenso, fu la più grande; perché proprio entro quei limiti di tempo si svolse la sua opera di scrittore e di maestro.
Oltre centocinquanta titoli di lavori sono registrati in appendice alla scelta dei suoi scritti, che scolari ed ammiratori pubblicarono in occasione del suo ottantesimo anno, per rendergli onore e insieme per utilità degli studi.
Nel principio della sua carriera si era particolarmente occupato di questioni di metodica e didattica geografica, e certo per questa ragione Ruggero Bonghi nel 1876 affidò al Dalla Vedova, che era passato all'Università di Roma, l'incarico di preparare e di dirigere il Museo di istruzione e di educazione,che nel pensiero del ministro avrebbe dovuto essere un grande istituto di pedagogia comparata.
Ma tutti gli aspetti della scienza il Dalla Vedova considerò, dalla geografia fisica alla storica ed alla storia delle scoperte; le proprie idee ed esperienze, raccogliendo nel discorso inaugurale del 1880-881 sul Concetto popolare ed il concetto scientifico della geografia,che a giudizio dei competenti costituì uno dei più grandi avvenimenti per la scienza, non solo in Italia, ma anche fuori dove fu ammirato e tradotto.
Ma non è qui il luogo di enumerare le singole opere del Dalla Vedova. Piuttosto dobbiamo dire che in lui all'infaticabile ardore della scienza fu pari l'azione civile. Cultore di una disciplina così vicina alla realtà ed alla vita del paese, fu fautore di ogni forma di sana divulgazione, partecipò a congressi, a società, ad ogni intrapresa da cui le conoscenze geografiche potessero ricevere incremento. Fu per moltissimi anni l'anima della Società geografica italiana, prima come segretario, dal 1876 al 1896 e poi, dal 1900 al 1905, come presidente; e non interpretò questi uffici come spesso s'intendono le cariche onorifiche. Soci autorevoli affermano che non una pagina delle molte pubblicazioni onde la Società geografica è divenuta una delle più benemerite d'Europa, non una pagina uscì in tanti anni che non fosse assoggettata alla sua sapiente revisione.
Sopratutto collaborò con fede e dottrina alle spedizioni promosse dalla Società, studiandone i piani, istruendo quelli che erano destinati a condurle, valutandone e pubblicandone i risultati. Basti ricordare la spedizione ai laghi equatoriali, a cui sono legati i nomi dell'Antinori e di Antonio Cecchio e le due spedizioni Bottego.
Così nella storia della Società geografica, che egli stesso tracciò con grande esattezza ed equanimità, e in alcune sue commemorazioni dei maggiori esploratori c'è gran parte della dolorosa, ma gloriosa storia coloniale della nuova Italia.
Noi lo avemmo nostro collega soltanto dal 1914 quando già era socio di onore di dodici società geografiche straniere e delle primarie accademie, a cominciare dei nostri Lincei. Nell'Assemblea e nelle private riunioni egli portò il lume della sua grande esperienza della scuola; perché il Dalla Vedova fu sopratutto e per cinquantacinque anni un maestro; e tutti i geografi italiani si vantarono e si vantano di essere stati alla sua scuola e di averne seguito in qualche nodo gli insegnamenti. Né altra lode o ricompensa egli desiderò che di vedere da essi continuata la propria opera. "Quando l'età declina e si desta nell'animo il pensiero che più non sia lontana la fine - diceva il nostro buon collega commemorando un altro grande geografo pure veneto, Giovanni Marinelli - è di grande sollievo la speranza che il frutto delle vostre fatiche non si dileguerà con le vostre forze, insieme con voi, ma che dopo di voi esso troverà chi lo raccolga, chi lo apprezzi, chi lo fecondi e lo perpetui. Spetta ai sopravviventi non deludere così oneste speranze".
Questa suprema speranza del grande restauratore degli studi geografici in Italia, è pure voto del Senato, che, realizzato, segnerà la definitiva ripresa delle antiche gloriose nostre tradizioni anche in questo ramo, nel quale già tenne il primato, e sarà il più alto, il solo degno omaggio alla memoria dell'insigne uomo che tanto onorò la patria. (Bene). [...]
D'OVIDIO FRANCESCO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
D'OVIDIO FRANCESCO. Le belle parole che il nostro Presidente e il collega Polacco hanno detto del defunto collega Dalla Vedova, mi dispenserebbero dal parlare: ma sento il dovere come collega del Dalla Vedova nell'Accademia dei Lincei e come suo collega nella Facoltà di lettere, di dire anch'io una parola di rimpianto per quel valentuomo. I fatti notevoli della sua vita sono stati già accennati dal senatore Polacco.
Io aggiungerò soltanto che intorno al 1848, quando tutta l'Italia gridava evviva a Pio IX, due giovanetti si educavano nel seminario di Padova, tutti e due di umile famiglia, e tutte e due avevano nome Giuseppe: l'uno era il Dalla Vedova, l'altro era Giuseppe Sarto. Erano compagni negli studi, erano associati nella supremazia sugli altri compagni di scuola: il Dalla Vedova era il primo, il Sarto era il secondo.
La sorte può parere che abbia fatto un trattamento molto diverso a questi due valentuomini, venuti così da umili origini; ma ad ogni modo di ognuno dei due si può dire che mantenne nobilmente la sua tradizione, ognuno procedette nobilmente nella sua via.
Il Dalla Vedova ebbe poi a vedere l'antico compagno di scuola nel Vaticano, quando questi fu nominato, suo malgrado, Pontefice. E l'incontro loro fu molto commovente e diede luogo a scambi di parole così affettuose, singolari, che io qui non posso ripetere a voi.
Ma la semplicità come altre qualità dell'animo li pareggiava interamente. Tutti ricordiamo che il Dalla Vedova, oltre al resto, era uomo semplicissimo. Privo di ogni fasto, d'ogni ampollosità, di ogni orgoglio, egli sapeva di essere negli studi geografici in Italia una specie di pontefice anche lui, ma non pretendeva all'infallibilità; era pronto a discutere sempre e con tutti. Alla geografia, e come insegnante dell'Università di Roma e come segretario della Società geografica, rese servigi incomparabili; e sopratutto la sua attività fu volta continuamente ad evitare quella confusione a cui oggi questa scienza tende, per cui si viene facilmente ad annegare in quelle scienze del cui aiuto essa ha bisogno, come la geologia, la mineralogia, l'astronomia ed altre scienze naturali ed esatte, ma che non vanno confuse con la geografia. La quale deve rimanere essenzialmente la descrizione della terra, sopratutto in connessione con l'uomo che l'abita. Egli cercò di impedire questa confusione strana, la quale ha potuto spingere alcuni insegnanti a grandi esagerazioni. Ed è questo un gran merito suo, oltre quelli più speciali che egli ha verso quella scienza, che tanto illustrò fra gli scienziati italiani e insegnò con tanta lucidezza e dottrina nell'Università di Roma. (Approvazioni). [...]
MORTARA, ministro della giustizia e degli affari di culto. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTARA, ministro della giustizia e degli affari di culto. [...] Il professore senatore Dalla Vedova, come fu rammentato, salì dal più umile stato la scala degli onori e quella della gerarchia didattica, sempre degno di innalzarsi, sempre professando l'insegnamento con grande sapienza e zelo, e sopratutto facendo della scienza geografia, di cui egli era grande maestro, il fondamento di felici iniziative per la restaurazione degli studi su questa materia in Italia, restaurazione necessaria e purtroppo non venuta abbastanza presto, malgrado la feconda attività del compianto Dalla Vedova, poiché l'Italia oggi si duole, e amaramente, che gli altri popoli gli abbiano rubata la gloria dei suoi antichi viaggiatori e antichi geografi, e così sia rimasto il nostro paese nella condizione dolorosa di vedere in occasione della Conferenza della pace, le questioni coloniali tutte risolute con detrimento degli interessi dell'Italia. Certamente se di uomini come Giuseppe Dalla Vedova se ne fossero avuti parecchi nella generazione che con lui si va estinguendo nel nostro paese, simile sfortuna all'Italia non sarebbe toccata.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 6 dicembre 1919.