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D'ANTONA Antonino

18 dicembre 1842 - 21 dicembre 1913 Nominato il 25 ottobre 1896 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Sicilia

Commemorazione

 

Atti parlamentari - Commemorazioni
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi!
Anche oggi dobbiamo il compianto a chi dei nostri in vita non è più. È spento lo scienziato illustre, il rinomato chirurgo Antonino D'Antona. Siciliano, nato in Riesi di Caltanissetta il 18 dicembre 1842, studiò in Palermo, e si addottorò in medicina e chirurgia in quell'Università. Viaggiò a scopo scientifico per circa due anni, in Francia, in Inghilterra, in Germania; e salì nel 1884 la cattedra di propedeutica e patologia speciale dimostrativa chirurgica nell'ateneo di Napoli; ove divenne maestro, che rese chiara la scuola, ed operatore di tale rinomanza, che si espanse per tutta l'Italia e varcò i confini. Va celebrato de' primi che introdussero l'antisepsi; e si hanno di lui pubblicazioni giudicate di molto valore. Socio di più accademie, era presidente della R. Accademia medica di Napoli. Non che fra discepoli e colleghi, amici e congiunti, funestaronsi nel pubblico gli animi, quando nella preziosa vita dell'insigne uomo apparvero i sintomi di tabe minacciosa; e, lungo la malattia, generali e caldi furono i voti per la sua salvezza; ma la negò il fato; ed i giorni di Antonino D'Antona la morte troncò in Napoli il 20 di questo dicembre.
Grandi sono stati gli onori funebri, quanto i meriti dell'estinto. Hanno perduto la cattedra, la scienza, l'arte sanitaria; ha perduto il Senato, che della perdita sente vivo il cordoglio. (Approvazioni).
[…]
DURANTE. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DURANTE (vivamente commosso).Onorevoli colleghi. La morte del senatore D'Antona è lutto angoscioso per l'umanità sofferente e perdita difficile a ripararsi per la scienza e per l'arte chirurgica,
Io vorrei non trovarmi nello stato morale in cui sono in questo momento per poter descri­vere la figura di quell'illustre che onorò la scienza e la patria.
Recente è il suo decesso. Cinquant'anni di amicizia ci legarono indissolubilmente senza che mai una nuve avesse offuscato il nostro affetto. Quindi, data questa condizione dell'a­nimo mio, non potrò dire convenientemente e degnamente dell'uomo. Dirò qualche parola, soltanto come attestato del mio profondo dolore.
Antonino D'Antona, giovinetto ancora, lasciò il paese nativo per educarsi nello studio della grammatica e dei classici in Bronte, da dove uscì con lode per andare a Palermo prima ea Napoli poscia a studiare medicina, che egli seguì con un entusiasmo pari al suo ingegno, pari alla sua invincibile volontà. Eravamo al­lora in un periodo che non volgeva bene per la scienza fra noi specialmente per la scienza medica. I grandi illustri maestri erano spariti e l'indirizzo scientifico, che fu gloria dei secoli passati in Italia, aveva varcato le Alpi, dove luminosamente si era svolto.
Il D'Antona, col suo acume, concepì che per favorire l'insegnamento in Italia, per svolgerlo secondo l'indole della nuova era che andavamo attraversando con la indipendenza della patria, era mestieri di andare all'estero. E corse in quasi tutte le capitali delle nazioni europee, seguendo i più illustri maestri e riportando in patria una messe infinita di sapere scientifico, nel campo medico e nel campo chirurgico.
Iniziò in Napoli il suo insegnamento con un nucleo esiguo di volenterosi giovani che, concepito l'alto valore del maestro, lo seguirono con entusiasmo e diffusero nella studentesca la nozione di quanto si fosse arricchita la scienza, e quali fossero i nuovi orizzonti che si dovevano tenere di mira per ringiovanire la scienza italiana e riportarla alle sue origini di scienza eminentemente sperimentale. Frattanto una folla di giovani studenti lo seguì nelle lezioni e nell'esercizio pratico, dove egli indicava sempre nuove vie di accesso ai più segreti recessi del corpo umano.
Con le sue geniali operazioni, con la sua facile e spedita mano riuscì a strappare alla morte centinaia di persone che vi erano consacrate.
Fu nominato professore ordinario nell'Università partenopea e lì esplicò tutta l'opera sua in una maniera veramente luminosa: maestro insigne, insigni opere diede. Molti sono i suoi lavori teoretici e moltissimi i pratici. Basta ri­cordare l'infinita serie di memorie che riguar­dano le affezioni più gravi che affliggono gli organi interni del nostro corpo: basta l'opera sua classica sulle malattie e tumori cerebrali per fare del D'Antona un caposcuola, quale egli fu, dell'ateneo napoletano. Si devono a lai schiere di chirurgi illustri, che ora onorano tutta l'Italia meridionale e che onorano la perdita del con un largo rimpianto.
La maschia figura del D'Antona mi si pre­senta alla mente in tutti i suoi più piccoli atti, in tutte le sue più segrete cose, avendo egli avuto lunghissima dimestichezza con me. Io vedo nella volontà ferrea di lui, io vedo nell' adamantino carattere suo quale perdita abbia fatto l'Italia, e quanto giustificato, sia il dolore per essa nei suoi allievi. Egli amò la patria e la libertà: l'amò con la fede di apostolo; .a questo amore informò sempre le sue azioni come uomo e come cittadino; resta per­ciò a noi memoria grata di lui e resta a me singolarmente il cordoglio di aver perduto l'a­mico più intimo, il fratello più caro. (Vivissime approvazioni).
TODARO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TODARO. Mi unisco alla lode che testò ha fatto il nostro Presidente in memoria del com­pianto senatore D'Antona e a quanto ha detto, commosso, il collega senatore Durante con tanta competenza,
II senatore D'Antona, che pari all'alto ingegno ebbe l'animo buono, è stato fra' sommi che in questi ultimi tempi hanno tenuto in grande onore la chirurgia italiana.
Egli fu lustro e decoro dell'Università di Napoli, ammirato dai maestri e venerato dagli scolari. E perciò propongo che sia inviato dal Senato un telegramma di condoglianze all'Uni­versità dì Napoli ed un altro alla città di Riesi che deve essere orgogliosa di avergli dato i natali. (Approvazioni).
PLACIDO. Domando dì parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PLACIDO. Dopo le commosse parole che avete inteso, onorevoli colleghi, a me non resta che raccogliere le fronde sparse riguardanti la memoria di questo illustre estinto, che rappre­sentava davvero una gloria, una illustrazione italiana. Ed io, senza ingolfarmi nelle parti scientifiche, di cui con tanto affetto avete in­teso parlare dal suo compagno ed amico da cin­quanta anni, mi permetterò solo di ricordare quello di cui fui testimonio tante volte a Napoli.
Egli era stato fin dal 1871 nominato professore a Padova; nel 1873 fu nominato profes­sore a Modena, e trionfando in altri concorsi, era stato anteposto a tutti gli altri i quali si presentarono con lui: ma egli preferì rima­nere a Napoli perché di Napoli egli era entusiasta, di Napoli egli ammirava le glorie, la bellezza naturale, il vivace intelletto dei suoi figliuoli, e di Napoli s'interessò come ammini­stratore del comune, come individuo, il quale in tutti i momenti dava consigli, spendeva d'o­pera sua, e nello stesso tempo tutto praticava nell'interesse della città, che egli aveva scelto come sua patria adottiva, dimenticando la sua nativa Riesi in provincia di Caltanissetta. Ma non era soltanto lo scienziato che s'interessava di Napoli nei congressi, nelle conferenze, nelle discussioni: era il padre, l'amico, era l'uomo di cuore vero e sincero.
Una forma apparentemente burbera nascon­deva un cuore elevato. Quante lacrime egli ha terse! Quanti individui ha strappati dallo spettro della morte! Quante azioni generose egli ha compiuto!
La sua dipartita fu compianta universal­mente; dallo splendore della reggia al modesto abituro del povero, unanime fu il dolore!
A quest'uomo, che rappresentava una gloria d'Italia, a questo scienziato illustre, a questo padre e maestro di tanti discepoli, giunga il lacrimato addio di questo consesso.
Io mi associo alle proposte fatte e mi per­metto di aggiungere che le stesse espressioni di dolore del Senato siano inviate anche alla famiglia che è rimasta inconsolabile. (Appro­vazioni vivissime).
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno.Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno.A nome del Governo, mi associo al dolore del Senato per la perdita di uno dei più illustri suoi membri, di uno scienziato, i cui meriti insigni furono ricordati dal Presidente del Senato e degli onorevoli senatori che parlarono testé.
Il cordoglio del Senato è pure cordoglio della città di Napoli, che annoverava il compianto senatore D'Antona tra i suoi cittadini più be­nemeriti, fra i più chiari scienziati del suo ateneo.
Vadano alla città di Napoli, con le profonde condoglianze del Senato, quelle dei Governo. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 dicembre 1913.