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CUCCHI Francesco

17 dicembre 1834 - 01 ottobre 1913 Nominato il 10 ottobre 1892 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! [...]
La morte di Francesco Cucchi, avvenuta in Roma il 1° ottobre, riaccese la memoria delle gesta eroiche, cui egli partecipò nelle schiere garibaldine per la liberazione della patria; degli ardimenti suoi, e delle sue destrezze d'azione per il conquisto di Roma all'Italia.
Giovane nel 1859, ch'era nato il 17 dicembre 1834 in Bergamo, si arruolò ai cacciatori delle Alpi sotto la bandiera del grande capitano nizzardo, fu nel battaglione comandato da Nino Bixio a Varese, a S. Fermo, a Rezato, a Treponti, allo Stelvio. L'anno appresso è a preparare la spedizione dei Mille, vi prende parte con più di duecento de' suoi bergamaschi, è de' primi a sbarcare in Sicilia, è ferito gravemente a Palermo il 28 maggio; e nello Stato maggiore di Garibaldi finisce la campagna con il grado di maggiore e con la croce dell'Ordine militare di Savoia. Organizzatore de' volontari per la campagna del 1866, intermediario fra Garibaldi ed il ministro della guerra, addetto al quartiere generale, fu in tutti i combattimenti, e meritò in quello di Bezzecca la medaglia d'argento al valor militare.
Cospiratore contro l'Austria, contro il Borbone, contro il Papa, il milite della libertà, il fido del gran duce popolare, fu il legato della rivolta per il partito d'azione in Roma a sommovere nel 1867; vi fu nel 1870 nunzio clandestino della marcia delle regie truppe ad occuparla, e predispositore del loro ingresso; vi rientrò da porta Pia al seguito del generale Cadorna. Diplomatico della Sinistra parlamentare, era stato presso il cancelliere allemanno ad accaparrarne il favore; ed a lui tornò nel 1889, quando l'Italia ebbe a temere della Francia. Più volte fu il messo di Garibaldi e mediatore, latore pur anche di lettere del generale a Vittorio Emanuele, e piacere, guidato dalla virtù d'allora, di collaborare per la patria, senza pregiudizi, senza rancori, senza ambizioni.
Vediamo il Cucchi corriere nelle terre straniere per l'alleanza con gli altri popoli aspiranti a libertà. È in Ungheria nel 1861; passa nel 1864 dal veneto nell'Istria, in Dalmazia, nella penisola balcanica, torna in Ungheria, va ne' principati danubiani.
All'uomo della rivoluzione e delle battaglie non poteva mancare posto in Parlamento. Francesco Cucchi fu deputato dalla IX alla XVII legislatura; la prima volta eletto nel 1867 dal collegio di Zogno, che gli confermò il mandato fino al 1876; nel novembre del quale anno fu eletto dai due collegi di Sondrio e di Guastalla onde egli optò per il primo; e di Sondrio fu il rappresentante, sino a che lo portò in Senato la nomina del 10 ottobre 1892. Le legislature non lo distolsero dall'azione; ché deputato era di Zogno, quando penetrò in Roma nel 1867, e deputato di Sondrio, quando fu la seconda volta dal conte di Bismarck nel 1889. Eppure alla Camera non fu inerte, e se raramente discusse, spesso interpellò. Fu membro di commissioni e talvolta relatore; fu tra i segretari della Presidenza durante la X legislatura.
Nato di nobile famiglia e di censo provveduta, l'avere spese a servizio della patria ed in generosità. Di qual cuore egli fosse prova il fatto, che narrasi, d ella rinunzia ad una eredità di oltre dugento mila lire, essendo egli in istrettezze, a favore delle persone del sangue del testatore. Lo vedevamo fra noi sereno, sopportare senza querimonie le sue angustie, non vanitoso di sé, sempre entusiasta della risorta Italia. Ma, esaurito di forze, era, innanzi morte, da noi scomparso. La memoria della parte migliore della sua vita, che durerà nella storia del risorgimento nazionale italiano, fa onoranda la sua tomba. (Approvazioni). [...]
CADOLINI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CADOLINI. Onorevoli senatori! Il nostro illustre Presidente vi ha narrato quale sia stata la vita di Francesco Cucchi. Io non ripeterò ciò che egli ha detto, e così bene; voglio soltanto chiamare l'attenzione del Senato sull'eroismo eccezionale che dimostrò il compianto nostro collega nel 1867; la qual cosa posso testimoniare con cognizione di causa, perché in quei giorni mi trovai io pure in Roma.
Francesco Cucchi qui si trattenne più di un mese, sempre in pericolo d'essere trascinato in prigione, e finanche di finire sul patibolo come finirono i martiri di quel tempo, Monti e Tognetti. Rimaneva tra queste mura perché sperava di poter preparare l'insurrezione del popolo romano. Ma egli lo sperò invano, perché mancavano le armi, e senza le armi non si fanno insurrezioni; e perché i mille fucili che egli attendeva, giunsero tardi, e in quel momento di allarme la polizia pontificia poté impadronirsene. Il possesso di quelle armi avrebbe destato il fuoco nella gioventù romana che invece, per non mancare all'appello, accorse a Monterotondo.
Egli aveva un concetto chiaro della situazione, né pensò mai di desistere dalla cospirazione; e in quei giorni di ansietà aveva l'animo sempre sereno, sebbene fervente per la speranza di poter raggiungere il suo fine. E giova notare che, mentre il sommo Garibaldi, incoraggiato da infondati affidamenti, tentava impavido la invasione, che era vietata dal primo articolo del trattato 15 settembre 1864, Francesco Cucchi voleva conquistar Roma combattendo entro le mura di essa, impresa non vietata dal trattato stesso, il quale consacrava il principio "Roma dei romani".
Francesco Cucchi allora espose la vita in un modo veramente eroico. Mentre sul campo di battaglia si combatte generalmente non più di un giorno, egli qui rimase in continuato pericolo per più di un mese, sicché è lecito affermare che, del lungo patriottico cammino da lui percorso, il tentativo di preparare l'insurrezione fra queste mura, fu l'episodio più glorioso.
Ed ora prego il nostro illustre Presidente a volersi compiacere di mandare alla famiglia del compianto collega un saluto di gratitudine e di omaggio, per l'opera gloriosa compiuta da Francesco Cucchi per la libertà e la grandezza della patria. (Vive approvazioni).
GATTI CASAZZA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GATTI CASAZZA. Onorevoli colleghi! Anche a nome dei senatori Luigi Cavalli e Giovanni Tabacchi che ragioni di salute tengono lontani da Roma, prendo la parola perché nell'Aula del Senato, del quale era membro da molti anni l'onorevole nobile Francesco Cucchi, si elevi a ben meritato tributo d'onore alla di lui memoria la voce del fraterno rimpianto di coloro che già furono testimoni delle gesta eroiche di un sì splendido campione di valor militare, sacrato con indomita tempra al culto della libertà e unità della patria. Noi intendiamo rendere così omaggio non solo alle specchiate virtù del prode che seppe meritare la predilezione del cuore dello immortale condottiero delle schiere volontarie, ma eziandio al sentimento di altissima ammirazione, ognora ben vivo nell'animo dei superstiti delle falangi garibaldine, per cotesto intrepido brillantissimo cavaliere del più nobile e santo degli ideali.
Fia pertanto degna onoranza al radioso patriottismo del fu senatore Francesco Cucchi che negli atti di questo alto consesso resti impronta della reverenza nostra all'avello di tal collega a gloria del quale per la verità è a dirsi che, nato e cresciuto fra gli agi della paterna ricchezza, il patrimonio avito sagrificò in gran parte al fine sublime delle italiche rivendicazioni e che sua nobile vita imperterrito offrì nelle prove tutte le più perigliose pel nazionale riscatto.
Mentre l'anima della nazione si è meravigliosamente ridesta al commovente fascino di un grande ideale civile e pel trionfo di esso il valore delle generazioni ultime venute al gaudio ineffabile del diritto dei liberi riaffermò la indistruttibile vigoria del tradizionale spirito onnipossente del popolo d'Italia e dei suoi prodi soldati, noi compiamo carissimo dovere del cuore qui dedicando glorificante pensiero alla memoria di Francesco Cucchi che rifulse fra i più baldi e strenui campioni della libertà e dell'onore della patria. (Vive approvazioni). [...]
COLOSIMO, ministro delle poste e dei telegrafi. Mi associo in nome del Governo, alle nobili ed eloquenti parole pronunziate dal Presidente dell'Assemblea e dagli onorevoli senatori Molmenti, Rolandi-Ricci, Canevaro, Cadolini, Gatti-Casazza, Tittoni, Colonna e Santini, commemorando i senatori Tiepolo, Doria, Boncompagni, Cucchi e Roux. [...]
PRESIDENTE. La Presidenza, certa di aver consenzienti tutti i senatori, si farà un dovere di dare esecuzione alle varie proposte, che sono state fatte per l'invio di condoglianze alle famiglie e alle città natali dei colleghi, che abbiamo oggi commemorato. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 1° dicembre 1913.