COSENZ Enrico
12 gennaio 1820 - 28 settembre 1898 Nominato il 09 novembre 1872 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza LazioCommemorazione
Atti parlamentari Commemorazioni.
Giuseppe Saracco, Presidente
Signori senatori! Ora devo compiere un mesto ufficio che è quello di commemorare la vita dei colleghi che furono rapiti da morte nel corso delle vacanze parlamentari. [...]
Giorno di cordoglio e di lutto per la madre Italia fu quello del 28 passato settembre, poiché fu l'ultimo della vita di un uomo, in cospetto del quale pareva, a noi vecchi, di rivivere in quei giorni beati in cui tutto un popolo era sorto per conquistare la sua libertà e l'indipendenza dalla dominazione straniera. Quest'uomo rispondeva al nome venerato di Enrico Cosenz, ed io che son chiamato a parlare di lui non ho bisogno di dire, con quale animo e con quanta tristezza sia giunto al nostro orecchio il fatale annunzio della morte che aveva d'improvviso colpito qui in Roma l'insigne patriota, il soldato ricco di valore e di dottrina incomparabile, il cittadino senza macchia che era l'onore di questo nostro Senato.
Però, voi non vi dovete attendere che io mi provi a tratteggiare la vita e le gesta del collega perduto, in quel miglior modo che per me si possa, sì perché il nome di Enrico Cosenz è ormai entrato nella storia, e sì perché non può essere concesso a me, né a molti altri, di riassumere in brevi cenni i punti principali di una vita che per tanti titoli si raccomanda all'ammirazione del popolo italiano; e poiché a ragione fu detto, che il Cosenz si può chiamare l'uomo di Plutarco, la penna di un Plutarco o di un Tacito potrebbe soltanto ritrarne al vivo la figura, che rimarrà lungamente presente al nostro sguardo.
Laonde io mi terrò contento di chiamare brevemente l'attenzione del Senato sovra lo stato di servizio del perduto collega, perché ciascuno di voi, raccogliendosi in se stesso, si senta chiamato a meditare, quale e quanta parte spetti al Cosenz nella storia del risorgimento italiano.
Enrico Cosenz era nato a Gaeta il 12 gennaio 1820, e dopo essere stato allievo nel collegio militare della Nunziatella di Napoli, veniva nominato alunno alfiere nell'artiglieria dell'esercito delle Due Sicilie, poi primo tenente nel 1844. Non era quella la bandiera che il Cosenz dovesse seguire, e nel 1848 cessò dal servizio per correre alla difesa di Venezia, dove militò nell'artiglieria in qualità di capitano alla dipendenza del generale Pepe; maggiore nel maggio 1849 per nomina del Governo provvisorio di Venezia, tenente colonnello poi, e quindi colonnello comandante la 1ª linea di difesa al ponte della darsena nel giugno successivo.
Sopravvenuta la capitolazione di Venezia, il Cosenz si ritrasse a vita privata, ma non fu vita di ozio, sì piuttosto di studi e di preparazione che doveva portare i suoi frutti, in grazia eziandio della grande concordia negli animi, di cui la nostra storia non offriva più esempio da parecchi secoli in poi. Fra i principali artefici di questa concordia, io so di poter noverare il Cosenz, di cui mi è grato ricordare che, invitato nei dì che corsero fra il 1849 e il 1859, ad ascriversi al partito detto Murattiano, che in quel tempo contava molti seguaci, rispose sdegnosamente, e si ribellò fieramente al pensiero che si dovesse seguire altra bandiera, fuor quella della casa di Savoia, inalberata dallo stesso Garibaldi, per conseguire il fine supremo dell'unità e dell'indipendenza d'Italia.
Così nel maggio 1859, quando era giunta l'ora di correre alle armi, il Governo sardo affidava al Cosenz il comando del 1° reggimento Cacciatori delle Alpi, che abbandonò volontariamente nel settembre, per assumere nella qualità di colonnello, il comando della brigata Ferrara conferitogli per decreto del generale in capo delle truppe nelle provincie dell'Emilia.
In questa stessa qualità il Cosenz veniva confermato con R. decreto 21 marzo 1860, ma il suo destino, o meglio l'amore ardente di patria lo spingeva a cose maggiori, ed ottenuta la dispensa dal servizio, volò ad arruolarsi nell'esercito dell'Italia meridionale col grado di colonnello brigadiere, e poi di maggiore generale comandante la 16ª divisione, alla cui testa entrò in Napoli al seguito del Dittatore, che lo fece ministro della guerra, e nell'ottobre gli conferì il grado di luogotenente generale.
Più tardi, cioè nel maggio 1861, il nostro Cosenz veniva con R. decreto ammesso nel corpo volontari italiani e trasferito infine collo stesso grado di luogotenente generale nell'esercito italiano nel marzo 1862, collocato prima a disposizione del ministro della guerra, destinato poscia al comando della 20ª divisione attiva dell'esercito italiano.
Non è qui luogo a ricordare l'opera prestata dal Cosenz nei diversi uffici, e nelle diverse commissioni di carattere militare che gli furono affidate di poi. Importa invece rammentare, che nel giugno 1866, quando l'esercito italiano stava per scendere in campo per la liberazione di Venezia nostra, il Cosenz fu chiamato a comandare la 6ª divisione dell'esercito combattente; siccome nell'agosto 1870, allorché l'esercito italiano si raccoglieva intorno a questa Roma, ed un corpo di truppe in osservazione veniva radunato nell'Italia centrale, lo stesso Cosenz venne incaricato del comando generale della 11ª divisione attiva, pronta alla chiamata e preparata a tutti gli eventi.
Per nostra buona ventura, le porte della città eterna si schiusero innanzi all'esercito italiano senza grandi sforzi guerreschi, e non andò guari che il Cosenz fu destinato al comando della divisione militare territoriale di Roma, dove esercitò lungamente le sue funzioni, finché fu chiamato al comando del I corpo d'Armata (Torino), d'onde fece ritorno a Roma nel 1881, per assumere l'ufficio di presidente, poi di comandante il corpo dello Stato maggiore, che conservò fin quando nel novembre 1893 domandò ed ottenne di essere posto in servizio ausiliario. Finalmente col decreto 31 agosto 1896, il nostro Cosenz otteneva il riposo.
È bene che si sappia, che fino dal 1862 il gran Re lo volle a suo aiutante di campo effettivo, e Re Umberto fino dai primordi del Regno lo chiamò a suo aiutante, poi ad aiutante generale onorario nel 1882.
Né vuolsi tacere, che il generale Cosenz aveva già ottenuto i supremi onori negli ordini cavallereschi militari e civili, quando piacque ancora alla Maestà di Re Umberto nel 14 marzo 1890 di decorarlo col Collare dell'ordine supremo della SS. Annunziata. Gli rimaneva ancora a conseguire un'ultima distinzione, e la ebbe con la medaglia mauriziana pel merito militare di dieci lustri di servizio, conferitagli nello stesso anno 1890.
Accanto a questi segni distintivi d'onore, brillavano, manco a dirlo, sul petto di Enrico Cosenz, le medaglie commemorative di tutte le guerre combattute dal 1848 al 1870 per l'indipendenza e l'unità d'Italia, alle quali aveva partecipato combattendo sempre da prode, onde io mi sento dispensato dal far cenno particolarmente delle singole medaglie conquistate sul campo di battaglia per atti di singolare valore. Del quale portava sul corpo le traccie più luminose, perocché tre ferite aveva toccate nelle campagne del 1848 e del 1849 e nel 20 luglio 1860 aveva pure riportato una ferita al collo d'arma da fuoco nel fatto d'armi di Milazzo.
Ad un tanto uomo non era possibile che rimanessero chiuse le porte del Parlamento. Gli elettori politici di Como ebbero primi l'onore nel 1860 di inviare il Cosenz a sedere nella Camera elettiva; poi i collegi di Pesaro, Forlì, 4° di Napoli e Piove gli diedero il mandato nelle quattro legislature successive di rappresentarli in Parlamento: quando con decreto del 9 novembre 1872 fu innalzato a dignità di senatore, ed a noi toccò la fortuna di averlo a collega.
Colto e dotto quale egli era, specialmente negli argomenti militari, siccome ne fanno fede i suoi scritti, editi soltanto in piccola parte, che avrebbe nella sua modestia desiderato di tener tutti nascosti, poteva facilmente primeggiare fra i colleghi dell'una e dell'altra Camera, ma nol volle per deliberato animo, abbastanza soddisfatto di essere chiamato da amici, e da me stesso che parlo, a spiegare i suoi pensieri, nel riguardo specialmente degli ordinamenti militari, sempre alti e sereni, non senza però che quasi costretto dai colleghi gli sia avvenuto di dettare alcune relazioni su questo tema, che rimarranno preziose negli atti del Senato.
Ben altre di maggior lena rimangono di sicuro presso il Ministero della guerra che potrà farne tesoro nell'interesse della difesa nazionale. Non è però men vero che il Cosenz fu sempre assiduo, fino allo scrupolo, alle sedute del Senato, ed entrando in quest'Aula il nostro sguardo si rivolgerà per lunga pezza con dolore ineffabile verso quel banco, dove s'era sempre sicuri di rivederlo in mezzo ai suoi compagni d'armi, con quel volto soave, attento alle discussioni, modesto in tutti gli atti suoi, riverito ed amato in ricambio dai colleghi, come uomo posto naturalmente al di fuori, ed al disopra di qualunque partito.
Tale fu Enrico Cosenz, non quale mi sono studiato di dipingere innanzi a voi, poiché vi ho detto prima che l'animo ed anche un po' il tempo non mi sarebbe bastato a farlo degnamente, ma quale vi apparirà alla mente, al solo ricordo delle gesta principali dell'uomo che mi è parso di dovere per sommi capi ricordare. Questo solo mi permetto aggiungere, sicuro del vostro consenso, che si compendia in forma di augurio: che quando l'Italia fosse costretta a combattere a difesa della unità e della sua indipendenza, sorgano uomini della tempra e del valore di Enrico Cosenz, ai quali sappia di poter affidare con sicurezza le sorti della patria. (Vivissime approvazioni). [...]
DI SAN MARZANO, ministro della guerra. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
DI SAN MARZANO, ministro della guerra. Io ho chiesto la parola per associarmi a nome dei miei colleghi del Governo, di cui il maggior numero non ha potuto intervenire alla seduta, alle commemorazioni che il Presidente del Senato ha or ora fatte dei senatori che recentemente cessarono di vivere.
In qualità poi di ministro della guerra e come il più antico dei generali dell'esercito, tengo a dire come la perdita del generale Cosenz, che fu cotanto sentita dall'intero paese sia stata in modo veramente rimarchevole ed in grado altissimo lamentata dall'esercito, dove le qualità esimie di patriota, e di militare dell'illustre estinto, erano immensamente apprezzate così da quelli della mia età che hanno potuto avvicinarlo, come dai più giovani, e di grado inferiore che non erano in contatto diretto con lui.
Ma tale era la reputazione sua di valoroso soldato e di integro capo, che egli era da tutti altamente stimato e riverito.
La sua morte è stata pur troppo una vera perdita per l'esercito.
Della carriera del generale Cosenz, vi ha detto con forbita parola l'egregio nostro Presidente, né la voglio qui ripetere; intendo solo dichiarare come egli riuscisse ad organizzare in Italia un servizio di Stato maggiore il quale non credo non sia al di sotto delle altre grandi potenze militari; ed è un vero servizio che il generale Cosenz ha reso al suo paese. Non ricorderò le difficoltà di ogni natura ch'egli seppe superare con tenace persistenza, per potere riuscire nel suo intento ed istituire il corpo di Stato maggiore che spero che potrà rendere quanto che sia, e già posso dire che ne rende sin d'ora, grandi servigi al paese. Con quest'opera il generale Cosenz ha lasciato traccie profonde di sé nell'esercito.
Il generale Cosenz ebbe ogni sorta di onori dal Governo, e li aveva ben meritati.
Io per mia parte, come ministro della guerra, ho recentemente cercato di rendere imperitura la sua memoria, non fra i viventi che non lo dimenticheranno, ma per i soldati futuri, intitolando con recente decreto, col suo nome, la principale caserma della città di Gaeta, ov'egli ebbe i suoi natali. (Benissimo). [...]
SPROVIERI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SPROVIERI. Egregi colleghi, dopo tutto quello che disse l'illustre Presidente, ricordando il caro defunto, il generale Cosenz, le mie parole sono inutili, però ho un dovere da compiere, e mancherei a me stesso se non spendessi due parole ad onorare la memoria dell'illustre collega estinto.
Io fui suo soldato nell'assedio di Venezia 1848-49, e nel bombardamento di Marghera fummo gli ultimi a ritirarci. Mi ricordo quella notte memoranda quando fu assalita la batteria di S. Antonio, in cui egli, con eroismo senza pari, respinse il nemico, ed io per pura combinazione aveva condotto con me in soccorso le truppe della legione napoletana che erano al quartiere di San Sepolcro. Fu pure mio comandante nel 1859 contro gli austriaci che battemmo a Varese e a Como, e se non ci fu possibile prendere la fortezza di Laveno, però quello fu certo uno dei più belli episodi della guerra d'allora, tanto vero che un esimio patriota, per eternarne la memoria, innalzò a sue spese su quella fortezza un monumento ai prodi che mossero all'assalto, nella memoranda notte del 31 maggio 1859.
Le ossa dei caduti amici e nemici giacché oltre la tomba non regna ira nemica, furono assieme riunite.
E ben ricordo che l'illustre generale Bertolè-Viale, ministro in quell'epoca della guerra, contribuì anche lui all'opera pietosa, e fornì dei vecchi cannoni, che furono messi in batteria in quella fortezza a maggior gloria degli audaci che avevano tentato di impadronirsene di sorpresa.
Nei tristi avvenimenti di Milano e di altrove quel monumento fu quasi distrutto, e l'animo mio ne fu addoloratissimo, perché sperava che si avesse più rispetto a quelle ossa di patrioti, il cui ideale fu l'unità della patria dalle Alpi all'Etna, colla casa di Savoia, e che soffersero esilii, dure carceri e qualche cosa di più terribile ancora, la fame.
Fu pure mio duce il compianto Cosenz nelle campagne del 1860-61 per l'unità della patria e mi fu padre amoroso. Non tutti gli emigrati però in politica avevano lo stesso ideale, le stesse sue aspirazioni. Egli voleva l'unità italiana dalle Alpi all'Etna, con la casa di Savoia, e nella lunga emigrazione dai '48 al '60, io appartenni alla sua scuola divisi le sue idee, sostenni il suo stesso ideale, m'informai sempre ai suoi pensieri. Si amava senza alcun interesse la gloriosa dinastia di Savoia, e si voleva che fosse essa posta a capo dell'Italia libera riunita e indipendente, e le nostre proposte, i nostri pensieri erano divulgati dai giornali liberali di Torino e di Genova in quei tempi di lotte contro quasi tutta la maggioranza degli italiani.
Questa è storia, non parole inutili, egregi colleghi. Fui amico rispettoso, subordinato e leale del defunto Cosenz, di questo prode e valoroso soldato alla cui memoria rendo omaggio da questo banco.
Così vorrei che la nuova generazione s'inchinasse a questi nomi, che sono un'epopea, e non dimenticasse quelli che le dettero una patria con la sua unità e libertà e vissero nella miseria. Potrei dilungarmi di molto, ma troppe cose comprendo di questa fragilità umana! Però da questo banco mando al mio affettuoso padre, il comandante Cosenz, un tributo di affetto, di stima e di devozione al suo patriottismo, al suo valore, ed alla sua onestà.
Il suo nome vivrà nel cuore degli italiani fino a quando avrà vita l'unità della patria. (Approvazioni).
FINALI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
FINALI. Io mi tenni molto onorato ventisei anni fa di entrare in Senato in compagnia del generale Enrico Cosenz; e ieri ed oggi ho guardato con mesto desiderio a quel banco innanzi al quale passava ogni volta che io entrava in Senato, senza più vedere quella venerata e cara persona. (Bene, bravo!). Parlare di Enrico Cosenz delle alte sue qualità di mente e di animo, e dei grandissimi servigi resi all'esercito e alla patria, sarebbe cosa vana dopo gli eloquenti ed autorevoli discorsi pronunciati dall'onorevolissimo nostro Presidente e dall'onorevole ministro della guerra: dopo i ricordi militari e patriottici, con tanto calore di amicizia, espressi dal nostro collega e mio amico Sprovieri.
Mi sia solamente permesso di fare al Senato con intima convinzione, una proposta la quale fu già adottata per altri illustri nostri colleghi; cioè: che il Senato deliberi che nelle aule del Senato stesso sia eretto un busto ad Enrico Cosenz
(Applausi), che attesti la nostra gratitudine, la nostra reverenza; e che insieme sarà un omaggio dovuto ad uno dei più grandi servitori dell'Italia. (Vivissimi applausi. Bene, bravo!).
CERRUTI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CERRUTI. Se l'eloquente, direi commovente commemorazione testé letta dall'onorevole nostro Presidente, le belle parole di S.E. il ministro della guerra e quelle dei colleghi, mi hanno interdetto ogni ulteriore parola sulle virtù deL generale Cosenz, mi è ancora però permesso, a nome mio e della marina, versare una lagrima, deporre un fiore, una preghiera, un bacio sulla tomba del collega estinto.
S.E. il generale Enrico Cosenz, schiavo anche egli di leggi superne come ogni altra cosa del creato, nacque, crebbe, amor di patria gl'impose amarezze e sacrifizi, ebbe meritato ben giustificato impero e passò; ma egli come avete sentito, lascia grande eredità di benemerenza nazionale, lascia eredità di affetti e di ammirazioni, il di lui nome segnato nella storia, epperò registrato nel tempio dell'immortalità, impera sugli animi dell'esercito e della marina, i cui componenti, come disse il sen. Finali, vorrebbero offrirgli tra di loro un soglio; ma un trono ognuno per Enrico Cosenz, nel proprio cuore rinserra su questi; egli regna, e i deserti congiunti, a parziale conforto del loro dolore, ricordino, non dimentichino che il cuore del militare vale, e voi tutti il sapete, qualsiasi trono in terra. (Benissimo).
MEZZACAPO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
MEZZACAPO. Amico d'infanzia, di studi, di carriera, di vita politica, di Enrico Cosenz, m'associo col cuore a quanto udii dire in quest'Aula per l'uomo onorando che venne a mancarci da poco tempo.
Io mi proponeva appunto di chiedere al Senato che facesse appello alla Presidenza, perché il ricordo rimanesse continuo agli occhi dei nostri colleghi: quindi non posso che associarmi con l'animo alla proposta fatta dall'onorevole collega Finali, eprego la Presidenza di prenderla in considerazione e far comprendere il generale Cosenz fra gli altri di cui si conserva il ricordo nel Senato.
Il generale Cosenz era tale uomo, aveva tali qualità come soldato, come uomo politico, da mostrarlo ad esempio alla gioventù così militare come civile.
Aggiungo poi la preghiera che il Senato mandi un saluto di rimpianto alla famiglia del senatore Cosenz, la quale si compendiava qui in Roma nella sua vecchia sorella e nella nipote, che l'hanno assistito fino all'ultimo momento. (Approvazioni).
SPROVIERI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SPROVIERI. Propongo, come di consuetudine che il Senato invii le proprie condoglianze a tutte le famiglie dei nostri colleghi defunti.
PRESIDENTE. Il Senato ha inteso la proposta presentata dal collega Finali ed alla quale si è associato il collega Mezzacapo, quella cioè di voler deliberare che nelle sale del Senato venga innalzato un busto marmoreo ad Enrico Cosenz, che faccia fede dell'affetto e della gratitudine del Senato; ed io mi permetto di soggiungere, del paese, di cui diciamolo pure, sappiamo essere fedeli interpreti. (Benissimo).
Metto a partito questa proposta.
Chi crede di approvarla è pregato di alzarsi.
La proposta è approvata, e, mi piace constatarlo, approvata all'unanimità. [...]
Chi approva la proposta del senatore Sprovieri è pregato di alzarsi.
(Approvato).
La Presidenza si farà un dovere di provvedere affinché le deliberazioni del Senato abbiano esecuzione.
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni,18 novembre 1898.