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CORSI Tommaso

07 marzo 1814 - 03 marzo 1891 Nominato il 06 novembre 1873 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Nel giro di tredici giorni abbiamo avuto da deplorare cinque morti!
[...]
Un'altra nobile esistenza, a cui fu gloria partecipare alla preparazione delle sorti italiane, quella del senatore Tommaso Corsi, si è spenta.
Laureato nell'ateneo Pisano, apprese la pratica forense alla scuola di Vincenzo Salvagnoli, che il fôro toscano onorò col brioso ingegno, con magniloquenza pari alla dottrina. In quella convivenza, in quell'ambiente temperò l'animo a liberi principî e visse tutte le vicende attraverso le quali il mite Governo fu spinto a costituzionale larghezza.
Già si era fatta una bella via, ed aveva clientela e fiorita riputazione, quando la difesa del Guerrazzi, amicissimo suo, gliela accrebbe, sopratutto per l'animo franco ed il coraggio imperterrito con che, in mezzo all'occupazione straniera ed alle minaccie dei tempi tristissimi "non vide che due fari nel suo viaggio: la giustizia e l'accusato; ogni pensiero secondario, ogni timore nell'adempimento dell'ufficio reputando dispregievole viltà".
Non una transazione, non una debolezza gli si poté rimproverare negli anni infausti in cui la causa della libertà pareva per sempre perduta.
Fortemente pensando, alla luce del giorno arditamente operando, per tenere viva e rinfrancare l'opinione pubblica, con una eletta di cittadini, sul cadere del 1858 fu editore di quella "biblioteca civile dell'italiano" che mostrò quanto le menti erano deste ed apparecchiate a nuovi fatti. Segno e promessa di tregua fra le antiche parti, dimentiche dei dissidi e dei vecchi errori, memori solo dei meriti di ciascuna, del fine a tutte comune: concordia auspice delle prossime fortune! (Bene).
Usciti di Toscana i Lorenesi, fu il Corsi della consulta eletta dal Governo provvisorio, e prefetto di Firenze e membro dell'Assemblea fiorentina. Senza trepidazione, senza incertezze, seguì la politica che, nel volger di un anno, mutava la faccia delle cose italiane.
Chiamato a rappresentare la Toscana nel primo Ministero che, presidente il conte di Cavour, fu costituito dopo l'annessione, Tommaso Corsi non ebbe prima portafoglio, poi quello dell'agricoltura. Lasciò quel posto, il 22 marzo 1861. Vi era entrato titubando: "non distinguendo" come scherzosamente scriveva "un erpice da un coltro" pregando "le menti sane non si sgomentassero della sua nullità, né le ambizioni della speranza di surrogarlo"; ne uscì volenteroso tornando alla toga che mai più volle deporre.
Invero, Tommaso Corsi, malgrado stesse per quattro legislature alla Camera de' deputati, malgrado fosse senatore dal 6 novembre 1873; quantunque possedesse facondia non comune, non ordinaria dottrina, animo fermo, fine criterio, giudizio sicuro, a dir breve, ogni qualità che avrebbe potuto scorgerlo ai più alti uffici della vita pubblica, se ne ritrasse sempre. Un fare tra il contegnoso ed il melanconico, un sentire fra il modesto, il ritroso ed il severo lo induceva a vivere appartato cansando, col mettersi innanzi, di profferirsi.
Il che non tolse che in questo e nell'altro ramo del Parlamento la sua voce si udisse e fosse con deferenza ascoltata ogni qualvolta la mise in qualche argomento; preferendo quelli nei quali poteva recare, non rumore vano di parole, ma qualche utile esperienza o studio. E quanta fosse la cultura e sapienza sua, a tacere altro, basti la relazione dettata nell'anno 1880 per approvare il Codice di commercio; dacché agli argomenti commerciali egli appunto specialmente intendeva.
Il senatore Tommaso Corsi era nato a Livorno il 7 marzo 1814, morì a Firenze il 3 marzo 1891. A Firenze visse lungamente, molti uffici amministrativi coprì; lungamente al municipio e al Consiglio provinciale, di cui fu vicepresidente, appartenne. Non che a Firenze, nella Toscana il nome suo, onore del foro, si riveriva; oltre all'ambito della natia regione, in tutta Italia la sua riputazione di cittadino prestante e intemerato si distendeva. Folla di amici, di estimatori, di popolo ne seguì il feretro. Un bel cuore ha cessato di battere, una bella mente si è estinta.
Mesti salutiamo quel nome, quella mente, quel cuore; quel nome facciamo segno, ancora una volta, della nostra ammirazione! (Approvazioni generali).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 10 marzo 1891.