senato.it | archivio storico

CORRENTI Cesare

03 gennaio 1815 - 04 ottobre 1888 Nominato il 07 giugno 1886 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! È mio dovere, e pietoso ufficio ad un tempo, ricordare quei colleghi nostri che passarono di vita dalla scorsa estate ad oggi: i senatori Vegezzi, Morandini, Luciani, Correnti, Di Robilant, Di Castagnetto. [...]
Una preziosa vita fu rapita alla patria il 4 di ottobre, il giorno in cui Cesare Correnti mancò ai vivi nella sua villa presso a Meina.
Nato a Milano, addì 3 gennaio 1815, egli si segnalò subito per ingegno versatile e potente. Alla Università di Pavia, licenziato in giurisprudenza e lettere nel 1837, colla superiorità della mente, la facile parola, la molta operosità aveva acquistato grande autorità sui condiscepoli.
Cospiratore audace, scrittore forbitissimo, per quanto il velame del titolo o della forma il nascondesse, per quanto ne apparisse umile o discosto l'argomento, una sola ne era la mira: la patria; la fede nell'avvenire di essa.
E la penna or bonaria, or tagliente, spesso sublime, elegantissima sempre, infervorava i giovani, del vivere libero innamorati, nel santo intendimento.
Altri illustrerà l'opera letteraria di lui e ne mostrerà l'influsso che ebbe nel diffondere, nel volgarizzare la coscienza italiana.
Io ricorderò soltanto lui banditore audacissimo; col consiglio, colla persona organatore ed attore della gloriosa sollevazione che nel marzo 1848 cacciava di Milano la straniera signoria.
Merito questo solo, quando pur ogni altro gli fosse venuto meno dipoi, da rendere il nome di Cesare Correnti dai posteri ricordato e benedetto.
Segretario generale del Governo provvisorio, ne fu la penna animosa, l'oratore ispirato.
Rotte le armi piemontesi, riparò a Torino.
Quivi, durante il decennale esilio, scrittore e deputato al Parlamento, fu tutto inteso, con ardore non mai affievolito, ad eccitare alla terza riscossa, derisa dai timidi e dai neghittosi, e che, maturi i tempi, un gran ministro, un miracolo di Re guidavano alla vittoria.
Di che il Correnti, quasi presago, "alla torbida subitezza della sensazione lasciando succedere le lunghe previsioni della ragione e dagli amici dissentendo per la prima volta piuttosto nelle conclusioni che nei principî", recava aiuto efficacissimo a quel trattato di alleanza colle potenze occidentali che doveva, al Piemonte, rialzato il prestigio delle armi sui campi della Tauride, offrire occasione di trattare animosamente nei congressi d'Europa i martirî, i diritti, la bandiera d'Italia.
La guerra del 1859 apriva al Correnti le porte di Milano. Di lui il nuovo governo si valse nella nativa città, or chiamandolo nella Commissione per il riordinamento delle provincie lombarde, or prefetto del Monte, or plenipotenziario per il riparto del debito lombardo-veneto.
Deputato al Parlamento per ben dodici legislature, i più ponderosi argomenti per ordinare l'antico ed il nuovo Stato furono da lui trattati con meravigliosa dottrina, sviscerando luminosamente ogni tema.
Ministro due volte, nel 1867 e nel 1869, della pubblica istruzione, iniziò leggi schiettamente liberali e qualcuna ne vinse. Che se altri diede il nome alla importantissima sull'istruzione obbligatoria, fu suo merito l'averla, per primo, introdotta e difesa in Parlamento.
Consigliere di Stato; primo segretario del Gran magistero dell'Ordine mauriziano, volse a questo ogni cura. E il nuovo ospedale eretto in Torino, monumento insigne di carità e di scienza, ricorderà, accanto a quello del Re ad ogni miseria soccorrevole, quello di Cesare Correnti.
Nominato senatore il 7 giugno 1886, non prese parte alcuna alle nostre discussioni. Forse la sanità assai scossa glielo impedì; certo la diligenza con cui frequentava quest'Aula fece fino all'ultimo testimonianza del suo amore per la cosa pubblica.
Natura d'artista, ingegno privilegiato, mente cultissima, Cesare Correnti poté discorrere e scrivere con pari maestria di finanza e d'arte, di letteratura e di opere pubbliche, di economia politica e di istruzione.
Uomo a larghe vedute, lo si appuntò di troppa voltabilità; quasiché nel meraviglioso svolgersi degli avvenimenti italiani dell'ultimo mezzo secolo, corsi quasi sogno dalle più umili aspirazioni al felice costituirsi della nazione, alla stessa stregua, ben altri non dovessero con eguale severità essere giudicati.
Ma, un giudizio da noi più lontano, a purgare la sua memoria dall'incresciosa accusa, non dimenticherà ciò che egli di se stesso ai suoi elettori milanesi apertamente dichiarava: "Fedele al pensiero, dovetti parere ed essere spesso infedele agli uomini; ma nessuno poté accusarmi di slealtà, di parola mancata, di promessa tradita".
Ed ora che egli uscì dal mareggiare della vita, sia conceduto dargli lode di salda fede nella libertà, di grande amore della patria, cui devotamente servì col poderoso ingegno. Mi sia consentito onorarlo quale uno degli artefici della prima ora, che potentemente contribuì al trionfo dell'idea italiana, e le cui benemerenze verso la patria non saranno dal volgere del tempo o dei casi rimpicciolite (Benissimo. Approvazioni generali). [...]
CANNIZZARO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CANNIZZARO. Come cultore di scienze fisiche, sento il debito di rendere oggi un omaggio alla memoria di Cesare Correnti, rammentando ciò che egli fece per dare impulso alla fondazione degli istituti di scienze sperimentali in Italia.
Da ministro dalla pubblica istruzione comprese che, per mettere le nostre università a livello di quelle delle altre nazioni civili, conveniva dapprima preparare la pubblica opinione, la quale in allora non avvenne appoggiato la proposta di spese ingenti per le nuove costruzione scolastiche.
Egli mandò tutti a studiare i vasti ed imponenti edifici di scienze sperimentali già sorti nelle altre nazioni e specialmente in Germania; ne pubblicò le descrizioni ed i disegni in un grosso volume, che distribuì ai membri del Parlamento ed alle persone che lo potevano coadiuvare in quest'apostolato.
Quando io, unitamente ad altri, fui chiamato a Roma, egli ci accolse con queste parole: "È tempo di far la propagando più efficace, quella cioè dell'esempio, fondando nella università romana gli istituti delle scienze sperimentali quali lo stato attuale della civiltà richiede".
Con me percorse tutta la capitale per cercare l'area dove far sorgere tutti questi nuovi edifici.
Fu suo pensiero di non fondare soltanto un istituto chimico, ma successivamente tutti gli istituti delle scienze sperimentali, accanto l'uno all'altro.
A tal fine non volle fermasi ad espropriare il convento di San Lorenzo in Panisperna che avrebbe bastato per l'istituto chimico, ma volle espropriare una vasta area, il così detto Orto di San Lorenzo, e preparò anche l'acquisto di altra superficie.
Egli aveva innanzi agli occhi l'esempio di ciò che aveva fatto a Strasbourg la Germania la quale fondò ivi una cittadina universitaria.
Per quanto di questo suo vasto disegno ne sia stata pur troppo finora eseguita una sola parte, bisogna tuttavia convenire che l'esempio è stato efficace, poiché tutte le università italiane d'allora in poi si sono affrettate ad ampliare almeno i loro locali.
L'Università di Torino ha superato di già quelli di Roma; l'Università di Napoli e di Palermo hanno avviato le loro proposte allo scopo.
Ora è bene rammentare che in questa grande riforma degli studi sperimentali che si sta compiendo in Italia, bisogna dare una parte di merito a Cesare Correnti, il quale da ministro vi diede il primo impulso.
Io ho voluto rammentare in onore della di lui memoria questa cooperazione così attiva in cosa che ha una grande parte nella civiltà di un popolo.
MASSARANI. Domando la parola. [...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole senatore Massarani.
MASSARANI. Sebbene alla memoria di Cesare Correnti non si possano consacrare più splendide parole di quelle che ha pronunziate il nostro onorevolissimo Presidente, né più efficaci di quelle che testé udimmo dall'onorevole senatore Cannizzaro, mi pare doveroso che la voce di un concittadino, per quanto umile e inadeguata, si levi in questo recinto a rendere al compianto collega testimonianza d'onore.
Di tutti gl'italiani, in effetto, hanno i concittadini dell'illustre uomo v'é maggior debito di ricordare come egli sia stato dei più strenui promotori ed operai di quel mirabile moto per l'indipendenza della patria, che dalla torre di sant'Ambrogio diede il segnale alla penisola, e dopo avere con magnanimo senso d'italianità ricusata la pace all'Adige, fu, undici anni di poi, coronato di così piena e vittoriosa riscossa. Anche sanno i concittadini di Cesare Correnti, e seppero fino da' suoi giovani anni, essere egli stato uno di coloro la mercé dei quali fu palese al mondo come l'Italia vivesse già prima nel pensiero che nell'azione, e dal pensiero traesse alimento alla incoercibile speranza ed alla fede eroicamente operosa.
Certo nessuno dei provetti che abbiano avuto l'onore di essere al Correnti compagni di fede e di lavoro, nessuno pur di quelli che più tardi abbiano conosciuto nelle aule del Parlamento, nei Consigli della Corona, nell'opera collettiva delle commissioni, o nel silenzio dei privati suoi studî, cultore assiduo di ogni disciplina da cui la patria potesse aspettarsi incremento, prosperità, grandezza e decoro, nessuno, dico, potrà dimenticarlo.
Così in ogni venturo tempo lo ricordino i giovani, e facciano in se medesimi rivivere i magnanimi entusiasmi della sua gioventù.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il signor ministro guardasigilli.
ZANARDELLI, ministro di grazia e giustizia.A nome del Ministero sento il dovere di associarmi ai sentimenti espressi con tanta verità, con tanta nobiltà, con tanta esattezza dal nostro illustre Presidente e dagli onorevoli senatori che degnamente fecero eco alle sue parole.
Non io saprei aggiungere novella fronda a quella splendida corona, di meritati elogi che il Senato ha dedicati alla memoria di questi uomini insigni. [...]
E quando penso a Cesare Correnti, io, deputato per tanti anni con lui, non posso non ricordare che vi hanno relazioni dettate dallo estinto amico le quali staranno sempre fra le più belle pagine dei nostri annali parlamentari. Ed inoltre io devo pur rammentare con gratitudine incancellabile che il suo pensiero originale e fecondo, la sua parola di fuoco fu uno dei fattori più possenti nelle lotte sostenute per l'indipendenza dallo straniero.
E poiché l'onorevole mio amico Massarani si è ricordato ben giustamente, a proposito del Correnti, di essere cittadino della sua città, io sentendomi alla mia volta cittadino della mia, non devo dimenticare che a lui si deve quella patriottica istoria che, ad onore dei caduti, ad incitamento dei vivi, egli scrisse sulle dieci giornate di Brescia, i cui incendii furono una vittoria, se è vera la parola profonda del poeta-soldato, che anche il martirio è una battaglia vinta. [...]
Signori, noi tutti in questo recinto sentiamo profondamente con unanime rimpianto come questi uomini, gli egregi spiriti i quali in questi ultimi mesi furono rapiti al Senato, contribuirono a quei solenni ed immortali avvenimenti che dopo tanti secoli di divisioni e di servaggio diedero agli italiani una patria. (Bene, benissimo).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 8 novembre 1888.