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COMPAGNA Pietro

05 dicembre 1831 - 09 giugno 1910 Nominato il 15 novembre 1874 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Calabria

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! Abbiamo il doloroso annunzio della morte del senatore Pietro Compagna, avvenuta ieri in Napoli. Nato il 5 dicembre 1831 in Corigliano Calabro di quella baronale famiglia, che già aveva pagato con il sangue di due de' suoi l'amore della libertà, ebbe questa in cuore ei pure e fu cospiratore per la patria a cominciare dagli anni giovanili. Senno poi, cultura di mente, ricchezze, amicizie, tutto impiegò a preparare il moto italiano, collegandovi nel segreto la provincia al centro napoletano. Del Compagna e del Guzzolini e del Morelli si compose il Comitato rivoluzionario in accordo con i liberali di Catanzaro e di Basilicata. L'occhio su loro teneva la polizia borbonica e ne' primi del 1860 non poté il Compagna scampare al carcere ed al domicilio forzoso datogli in Amalfi. Ma, suonata l'ora dell'insorgere, egli stesso fu ed il suo Comitato con pochi armati a fugare dalla provincia un corpo borbonico di tremila uomini sì audacemente da meritare al valore calabrese l'ammirazione di Garibaldi nel suo passaggio per Cosenza.
Liberata la Calabria Citeriore, Pietro Compagna le fu dato governatore; ma rifiutò l'ufficio, come rifiutò quello offertogli di consigliere di Stato. Pago di aver servito la patria, nulla ambì, nulla per sé volle. Nel 1861 il Governo gli commise un'ispezione sulle condizioni agricole, industriali e commerciali di quella provincia calabrese; e questa adempì per far conoscere i bisogni, cui provvedere. Di altro gratuitamente si occupò per il bene pubblico.
I meriti politici, l'onestà della vita, l'amabilità del carattere e la cortesia delle maniere, gli procacciarono la stima e l'affetto dei conterranei, il favor popolare, i voti degli elettori di Rossano, e fu per quel collegio alla Camera, nell'ottava legislatura, alla proclamazione del Regno d'Italia. Senatore dal 15 novembre 1874, fu veduto poco fa tra noi, circondato da amore e riverenza. Ora la nostra venerazione si porta sulla sua tomba; e le nostre condoglianze, che ho già rivolte alla vedova illustre, dicano al superstite nipote barone Francesco, altro collega nostro amato, quanto viva parte prende il Senato al suo lutto. (Approvazioni).
BARRACCO GIOVANNI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
BARRACCO GIOVANNI. Dopo la splendida commemorazione dell'eccellentissimo nostro Presidente, a me null'altro resterebbe da aggiungere intorno alle benemerenze politiche dell'estinto. Ma non mi dà l'animo di lasciar chiudere quella tomba senza una parola di rimpianto, senza una lacrima da parte mia.
A Pietro Compagna mi stinsero vincoli di amicizia fraterna, e durante la sua lunga e bene spesa vita, ebbi mille occasioni di ammirarne l'indole generosa, liberale ed equanime. Fummo colleghi nel primo Parlamento italiano dal 1861 al 1865, e in quest'ora luttuosa mi si schierano innanzi gli anni vissuti insieme a Torino, nella più dolce ed intima dimestichezza, e l'assalto delle memorie mi strazia il cuore e mi vieta di continuare.
Oggi è scomparso uno dei più modesti, ma più operosi e devoti figli d'Italia. Vogliate, onorevoli colleghi, mandare, per mezzo dell'ottimo nostro Presidente, le condoglianze alla virtuosa vedova sconsolata ed ai figli. (Vive approvazioni).
DE CESARE RAFFAELE. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
DE CESARE RAFFAELE. Amico ed estimatore di Pietro Compagna, io mi associo con viva commozione alle nobili parole pronunciate dal nostro illustre Presidente e dal mio carissimo amico Giovanni Barracco, in memoria dell'estinto. Pietro Compagna fu uno dei più operosi cospiratori dell'unità d'Italia, ed il nostro Presidente l'ha ricordato felicemente, rievocando la vicende della sua vita. A me non rimarrebbe quasi altro d'aggiungere, ma voglio leggere una sua breve e caratteristica lettera del 1859 a Donato Morelli, che forse pochi conoscono, la qual lettera è una rivelazione del suo acume politico e della sua fede nei destini d'Italia.
La lettera è dell'ottobre del 1859, e dice: "Se si può fare l'Italia una, non deve farsene né tre, né due: se la deve essere divisa, la sia, ma, se si può, senza il Borbone. E se tal canchero non può diradicarsi, valga l'impiastro Bozzelliano a moderarne la noia, e a dare il mezzo di mandarlo alla malora".
L'impiastro bozzellianoera la Costituzione del 1848.
Avvenne quanto egli aveva preveduto. La Costituzione fu data il 25 giugno, quando Garibaldi era in possesso di quasi tutta la Sicilia, e la Costituzione non servì ad altro che a mandare alla malora, come egli aveva scritto, la dinastia dei Borboni.
Egli fu, con Donato Morelli, l'anima di quel Comitato insurrezionale della Provincia di Cosenza, che preparò la rivoluzione nelle Calabrie, e la compì; e ottenendo le capitolazioni con le truppe regie, fece trovare a Garibaldi sgombra la strada da Soveria dei Mannelli a Napoli. Il resto è noto.
Io, associandomi, ripeto, a quanto han detto il nostro Presidente ed il senatore Barracco, prego che siano ad un tempo manifestate le condoglianze del Senato alla città di Corigliano, che fu patria dell'esimio cittadino, il quale ci lascia un nobile esempio di disinteresse, di austerità e dignità della vita, nonché di altissimo carattere politico. Onore alla sua memoria! (Approvazioni vivissime).
RAINERI, ministro di agricoltura, industria e commercio. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RAINERI, ministro di agricoltura, industria e commercio. Il Governi si associa con animo reverente e commosso, alle parola pronunziate dall'illustre signor Presidente e dai senatori Barracco e De Cesare Raffaele, in memoria del compianto senatore Pietro Compagna. (Bene).
PRESIDENTE. Il Senato ha udito la proposta fatta dagli onorevoli senatori Barracco e De Cesare Raffaele. Se non vi sono osservazioni in contrario la proposta s'intenderà approvata; la Presidenza si farà premura di inviare alla famiglia del compianto senatore Compagna ed alla sua città natale di Corigliano Calabro, l'espressione delle condoglianze del Senato.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 10 giugno 1910.