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COLONNA AVELLA Fabrizio

28 marzo 1848 - 08 agosto 1923 Nominato il 26 gennaio 1889 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Lazio

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Onorevoli colleghi. Durante la pausa dei nostri lavori abbiamo dovuto deplorare la perdita di ben quindici nostri carissimi colleghi. Io vi chiamo a commemorarli in un raccoglimento severo e solenne che è al tempo stesso omaggio alla memoria loro ed indice della maestà di questa eccelsa Assemblea. [...]
L'8 agosto un gravissimo lutto ci ha colpito, giacché in quel giorno si spense in Roma, dopo lunghe sofferenze, stoicamente sopportate, il principe Fabrizio Colonna, nostro amato Vicepresidente. La sua morte ci è stata tanto più dolorosa, in quanto la sua fibra fortissima pareva destinata a sfidare le infermità.
Era nato a Roma dalla nobilissima illustre famiglia, una fra le più antiche del mondo, il 28 marzo 1848, in quell'anno cioè che veramente inizia la storia del nostro riscatto nazionale.
Pur essendo figlio del principe Giovanni, assistente al soglio pontificio, Fabrizio Colonna sentì giovanissimo il richiamo della gran madre comune e passato l'allora ristretto confine, lasciava ancor giovinetto la sua città e la sua famiglia per servire nell'esercito italiano e fu allievo della Scuola militare da cui uscì brillante ufficiale nei Lancieri di Milano, e col suo reggimento ebbe la gioia di partecipare alla campagna del '70 e di entrare il 20 settembre in Roma, congiunta finalmente all'Italia. Nel 1880, già capitano e aiutante di campo del duca Amedeo d'Aosta, lasciò il servizio attivo, ma fu sempre straordinariamente affezionato all'esercito e raggiunse il grado di maggior generale della riserva: con tale grado, nonostante l'età avanzata, volle prestare servizio durante la guerra, conseguendo la croce al merito di guerra, decorazione di cui, fra le moltissime di cui era insignito, andava singolarmente superbo.
Del suo altissimo patriottismo, del suo squisito senso del dovere, dette fino all'ultimo magnifiche prove; presidente del Comitato per l'erezione del monumento ai Cavalieri d'Italia, spiegò opera attivissima e volle assistere alla inaugurazione in Torino, pronunziando un bellissimo discorso, semplice come tutto ciò che diceva, ma improntato ad elevatezza di sentimenti incomparabile. E dopo le fatiche di quella cerimonia volle partecipare alla inaugurazione del Cimitero di Redipuglia per recare il nostro saluto ai morti gloriosi. E quel viaggio faticoso gli fu fatale, poiché il male che doveva ucciderlo lo colpì appunto durante il ritorno. E così ei coronò degnamente una vita tutta ispirata all'amore ardente della patria cui aveva improntato anche la sua lunga opera parlamentare.
Nel 1882, per la XV legislatura, fu eletto deputato per il 1° collegio di Roma, ed alla Camera s'impose per la sua assiduità e per i suoi discorsi improntati sempre a grande senno e lucidità.
Il 26 gennaio 1889, la nomina a senatore venne a ricompensare le sue grandi benemerenze: ben presto l'alto intelletto, il tratto squisitamente signorile e cortese, il carattere generoso e fiero gli acquistarono le generali simpatie e in quell'anno stesso veniva eletto segretario dell'Ufficio di Presidenza: e dell'Ufficio di Presidenza era adesso il decano, non essendone mai più uscito: nel 1902 veniva eletto questore e dal 1918 era Vicepresidente; disimpegnando tali cariche con profondo zelo e con tatto squisito, congiunti ad uno scrupoloso senso di dignità.
Nell'adempimento dei suoi doveri di senatore fu di una scrupolosità pari all'operosità eletta: di moltissime leggi importanti fu relatore, specialmente riguardanti l'esercito e il diletto Lazio, e spessissimo la sua parola calma, misurata ed efficace suonò in quest'Aula, fra la deferente attenzione dei colleghi. La unanime fiducia lo chiamò a far parte di commissioni importanti: dal 1900 era ininterrottamente membro indi vicepresidente e presidente della Commissione per la verifica dei titoli dei nuovi senatori cui dette il prezioso contributo della sua lunga esperienza: ricoprì anche con molto zelo la carica di presidente della Commissione permanente d'accusa dell'Alta corte.
E numerosissime altre cariche ei ricopriva, tutte disimpegnandole con ammirevole intelligenza e con signorile disinteresse ed attività: era fra l'altro presidente del Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio di Roma, membro del Comitato centrale della Croce rossa, membro della Giunta permanente della Consulta araldica e Presidente della Commissione araldica romana.
La sua perdita è gravissimo lutto per il Senato, per Roma, per l'Italia.
Nella seduta del 5 luglio 1905 Fabrizio Colonna, commemorando il mio compianto genitore Vincenzo Tittoni, che da venti anni sedeva in Senato ed al quale egli era legato da affettuosa amicizia, concludeva con questa invocazione che io oggi ripeto per lui: Onorate coloro che intensamente amarono la patria! (Approvazioni).
E noi mentre evochiamo qui la sua nobile figura, esempio a tutti di patriottismo e di carattere esprimiamo il vivo profondo nostro cordoglio all'illustre famiglia ed in particolare al fratello suo, nostro diletto collega, Prospero Colonna ed alla città di Roma. (Vivissime approvazioni).
CORBINO, ministro dell'economia nazionale. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CORBINO, ministro dell'economia nazionale. Voi avete ascoltato, onorevoli senatori, nell'alta parola del nostro illustre Presidente, la rievocazione della vita, delle benemerenze, dell'opera tutta, che fu svolta dai compianti colleghi che abbiamo perduto.
Al rimpianto del Senato il Governo unisce l'espressione del suo omaggio riverente e di associa alla proposta di inviare vive condoglianze alle famiglie e alle città natali degli scomparsi. Tutte le forme di attività più nobili del pensiero e dell'azione sono rappresentate nell'elenco dei colleghi che oggi commemoriamo;
[...]
Ma due altri nomi mi piace richiamare e associare in questo momento: Fabrizio Colonna e [...]; l'uno forte germoglio di famiglia illustre nei secoli, l'altro [...]
L'Aula senatoria ritrovò nel grande patrizio e nel modesto lavoratore il sentimento comune: l'amore per la patria. Per l'Italia l'uno abbandonò i fastigi di una corte ultra-secolare e mondiale, all'Italia dedicò.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 12 novembre 1923.