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CIRAOLO Giovanni

24 maggio 1873 - 05 ottobre 1954 Nominato il 06 ottobre 1919 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Calabria

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Cesare Merzagora,Presidente

[...]
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il senatore Molè. Ne ha facoltà.
MOLÈ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei, anche a nome dei senatori giornalisti che gli furono amici ed avversari, dire una parola di ricordo per un senatore giornalista che entrò in quest'Aula trentacinque anni fa e vi rimase per venti anni onoratamente, anche nei periodi più oscuri del regime: di un uomo insigne e generoso, nato nella mia terra di Calabria, che arrivò alle più alte affermazioni del mondo intellettuale e della vita pubblica partendo dal giornalismo, da quel giornalismo avventuroso e romantico, che fu una milizia, una passione, una missione prima di essere una impresa o un'industria e richiedeva le potenti intelligenze prima che i potenti capitali. Giovanni Ciraolo fin dai primi decenni del 1900 fu una figura fra le più note di questo giornalismo battagliero che si affidava all'opera dello scrittore più che alla ricchezza delle notizie.
Collaborò a Napoli con una donna di genio, Matilde Serao, e passò poi a lavorare con un altro grande maestro, Luigi Lodi, maestro di tutti, che ahimè, pochi ricordiamo. Come il suo insigne conterraneo Vincenzo Morello, scrisse l'articolo politico e l'articolo di cultura, rivelandosi subito scrittore elegante, polemista appassionato, lottatore cavalleresco, studioso di questioni sociali e politiche, e raggiunse una grande notorietà a Roma, ove scrisse nella "Vita" e sul "Messaggero" e fu corrispondente politico del "Secolo" di Milano. Dal giornalismo passò alla politica parlamentare e fu deputato e senatore, quando durante la guerra e dopo la guerra fu alla presidenza della Croce rossa, e fu il lavoro quotidiano e la profonda vocazione per questa istituzione di bontà umana che determinò il suo orientamento definitivo di studioso, di organizzatore, di uomo politico, al quale fu fedele per tutta la vita e avrebbe dato il lavoro di un'altra vita ancora.
Dopo la guerra, quell'immane inutile spargimento di sangue, pensò fosse necessario tra i popoli rinsaldare i vincoli della fraternità solidale, creando una organizzazione internazionale della pietà in cui tutti i Paesi fossero insieme riuniti per cercare il modo di alleviare le sventure, ovviare ai danni prodotti dalla furia degli elementi e dal flagello delle cose, in qualunque angolo della terra, senza barriere di odii e diversità di razze.
Ebbe grande successo. L'Accademia dei Lincei lo nominò presidente di una Commissione di studio che preparò un lavoro completo e pregevole e la Società delle Nazioni lo chiamò a dettare le norme di questa istituzione che rappresentava l'internazionale della bontà pronta a intervenire ovunque uomini colpiti o doloranti invocassero il soccorso della grande famiglia umana.
Poi venne l'altra guerra e tutto finì; e fu un grande dolore per lui abbandonare l'iniziativa e distaccarsi da questa Camera nella quale non c'era più posto per i senatori vitalizi. Fu un tramonto malinconico: si allontanò e si chiuse nella casa tra i suoi libri per dimenticare prima di essere dimenticato. Nella città popolosa visse in silenzio, in raccoglimento, in solitudine come se volesse che nessuno parlasse di lui. Ne parliamo oggi che a 81 anni raggiunge l'estremo riposo, noi che lo conoscemmo e lo amammo e lo ricordiamo, perché appartiene al nostro passato, a quelli che lo conobbero e a quelli che non lo conobbero, nel momento in cui ha nobilmente compiuto la sua giornata.
Signor Presidente, si compiaccia di esprimere alla famiglia il cordoglio dei senatori della Repubblica di fronte alla perdita di un senatore che era della monarchia, ricordando che questa Assemblea di uomini liberi apprezza la nobiltà dell'ingegno e dell'animo, cioè gli alti valori dello spirito al di sopra delle differenze di parte.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il ministro dell'agricoltura e delle foreste. Ne ha facoltà.
MEDICI, ministro dell'agricoltura e delle foreste. Il Governo si associa alle nobili alte parole di rievocazione pronunciate dal senatore Molè ed esprime alla famiglia dello scomparso i sensi della sua solidarietà.
Presidente. Onorevoli colleghi, tengo ad assicurare il senatore Molè, che con tanto calore e con tanta passione ha ricordato la vita e le opere del senatore Ciraolo, che il Senato prende parte a questo dolore e a questo lutto. Anche se questo lutto riguarda un Senato che non esiste più, esiste il ricordo delle persone che hanno bene operato per la patria. Sarò certamente interprete di questo sentimento nei riguardi della famiglia.

Senato della Repubblica, Atti parlamentari. Resoconti stenografici, 9 ottobre 1954.