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CHIAVES Desiderato

02 ottobre 1825 - 29 giugno 1895 Nominato il 27 ottobre 1890 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 05 - I ministri segretari di Stato provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti parlamentari Commemorazioni.
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! A settant'anni, non ancora compiuti, moriva il 29 di giugno in Torino, sua città natale, il senatore Desiderato Chiaves.
Laureato nella legge poco prima che il sorprendente risveglio politico che precedette la prima guerra d'indipendenza agitasse tutta Italia, in quelle caldezze egli si mise innanzi con foga ed ardimento giovanile.
Ingegno versatile, parola culta ed abbondante lo circondarono di notorietà nel foro; l'umore faceto, prodigato con penna facile e bizzarra, lo fece spiccare nel giornalismo.
Censore mordace e correttore severo delle vicende e dei critici momenti del decennio che preparò la riscossa, coll'arguta giovialità della satira assai spesso sintetizzò felicemente e ad un tempo indirizzò l'opinione pubblica, additando i pericoli, flagellando gli eccessi di contraria natura e qualità.
La toga ed il giornale, oltreché la grande rettitudine, lo designarono per il Parlamento, al quale appartenne come deputato per undici legislature, tutte, meno una, consecutive (V-XVI), e come senatore dal 27 ottobre 1890.
Un semplice cenno dell'opera sua nelle due Camere condurrebbe a discorrere ad una ad una le pagine degli annali parlamentari, tanto il nome di lui, scritto in molte, brillò in più d'una. Dirò soltanto che entrato nell'altra Camera il 1° marzo 1857, appena due anni dopo vi era considerato per guisa da essere chiamato a riferire sui pieni poteri per la guerra del 1859; felice segno che i vecchi errori non si rinnoverebbero; forte promessa di ogni sacrificio, come atto che, a difesa dell'indipendenza, le franchigie della libertà senza diffidenze abbandonava. Così nei trent'anni che vi rimase, usò in tutte le controversie politiche la parola eloquente, ispirata dalla coscienza incontaminata, da una rara fermezza. Alla fattura delle leggi per dare assetto al nuovo stato ed ordinarne l'amministrazione recò l'aiuto di non ordinaria dottrina; per scamparlo dal fallimento si affaticò a difesa di molti de' provvedimenti finanziari, in ispecie il ministro Sella, del quale fu intrinseco.
Coraggioso, senza secondi fini e senza rispetti umani, non gli spiacque a volte andare a ritroso della corrente; ed il tenace fu dalla gente fiacca, volubile e versipelle, tassato di ostinazione. Ma sbolliti gli sdegni della lotta acerba gli venne resa giustizia da vivo, perché mai non cedette ad impeti ingenerosi, mai fu agitato da passioni che patriottiche non fossero.
Ministro dell'interno nel secondo e terzo Ministero presieduto dal Lamarmora, i pochi mesi nei quali governò e gli animi intenti all'apparecchio politico e militare per l'acquisto della Venezia non gli fornirono occasione ad opere segnalate. Anzi la franca natura lo mostrò meno adatto a destreggiarsi fra le parti; perfino il discorso ne parve impacciato dalla circospezione dell'ufficio, e non fu più il fluente, armonioso ed efficace che già il conte di Cavour ed altri, prima e dopo, ammirarono e lodarono.
Venuto in questa Assemblea quando già l'età, la salute, e le cure della famiglia adorata lo indugiavano e costringevano altrove, poche volte qui parlò, ma pure sempre udito e con favore ascoltato; perché tutti noi facevamo delle qualità dell'animo e dell'ingegno di lui la maggiore stima.
Era la stessa stima superiore ad effimeri dissidii ed a meschine bizze che nell'altra Camera, acquistata Roma, come per risarcirlo della taccia di spiriti municipali, gli avea procacciata sul cadere del 1870 la nomina a vicepresidente; era il rispetto istesso che a tutti incuteva un carattere integro ed una vita immacolata: stima e rispetto che per oltre mezzo secolo lo assunsero ai maggiori onori cittadini nella sua Torino, dove ogni ordine andava a gara nel ricercarlo e nel farlo segno a venerazione. Ed egli, che conosceva la forza educatrice dell'esempio e come questo possa volgere ai fini i più alti, qualsiasi atto e manifestazione pur in apparenza futile, non reputando a sé meno dicevole nulla di umano, sapeva astrarre dalle preoccupazioni della politica, staccarsi dai codici, deporre la gravità della toga. Allora quell'uomo maturo, dalla mente geniale non sdegnava di partecipare alle festività dell'arte, di mescolarsi coi giovani nei sollazzi intesi a fini benefici e civili. Allora quel fiorito ingegno, cui le lettere in molteplici forme arrisero, rammentava ai superstiti della generazione sua, narrava alle sopravvenute i fasti che egli aveva vissuto, gli uomini nella cui dimestichezza si era ricreato, i servigi, i meriti di Alfonso Lamarmora e di Quintino Sella. Allora lo stanco vecchio, orgoglioso dell'affetto del popolo tra cui era nato, appariva giovane al pari della gioventù che dal suo labbro pendea; tanto la fredda età ne era riscaldata dal ricordo dei portentosi gesti a nostra memoria occorsi; tanto nel suo cuore vibravano i più puri ideali che elevano e sublimano l'uomo, il padre, il cittadino. (Bene). Splendido esempio di parlamentare, anzi di uomo pubblico e privato questo di Desiderato Chiaves che la famiglia e i cittadini or piangono spento con dolore acerbissimo, al quale non meno acerba si accompagna l'afflizione del Senato. (Benissimo - Approvazioni).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il signor senatore Ferraris.
FERRARIS. Il nostro Presidente colla commemorazione pronunziata del nostro collega Chiaves ha saputo interpretare egregiamente l'intenzione del Senato, trasmettendo le sue personali condoglianze alla vedova ed alla famiglia del nostro collega.
Egli in questa parte interpretò, ripeto, degnamente l'intenzione del Senato: tuttavia non sarà certo sgradito e sarà un onore di cui si dovrà tener come gelosa la famiglia Chiaves, allorquando riceverà da parte del Senato la conferma di queste condoglianze.
Il Chiaves per i suoi meriti personali, per la parte avuto fin dal 1848, allorquando egli si trovava ancora quasi all'università nei movimenti che si propagarono dalle regioni subalpine a tutte le altre regioni d'Italia per l'indipendenza della patria, merita al certo questa testimonianza di affetto e di ricorda per parte del Senato. Quindi io propongo piaccia al Senato pregare il nostro Presidente affinché voglia confermare a nome del Senato le condoglianze che egli fece in nome personale (Bene). [...]
SARACCO, ministro dei lavori pubblici. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SARACCO, ministro dei lavori pubblici. A nome del Governo io mi associo di gran cuore e vorrei poter far mie le nobili ed eleganti parole pronunciate dall'illustre Presidente del Senato per onorare la memoria di due valorosi colleghi, dei quali, il Senato, non solo, ma il paese piangono amaramente la perdita.
PRESIDENTE. Pongo ai voti la proposta fatta dai senatori Ferraris e Cannizzaro di inviare le condoglianze a nome del Senato alle famiglie dei due senatori estinti.
Chi approva questa proposta è pregato di alzarsi.
(Approvato).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 5 luglio 1895.