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CAMPO Francesco

11 giugno 1827 - 30 luglio 1915 Nominato il 05 giugno 1910 per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza Sicilia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! Nel tempo, in cui sono state chiuse le nostre sedute, abbiamo perduto i senatori Fergola, D'Alì, Grenet, Masi, Calvi, Massabò, Villa Tommaso, Campo, Balestra, Tournon, San Donnino, Di Martino, Florena, Salvarezza Cesare. [...]
Un collega perduto, che la vita intera pur consacrò alla patria, ma nelle armi, fu Francesco Campo, morto il 30 luglio in Palermo, ove era nato l'11 giugno 1827. Benché data la giovinezza agli studi e preso laurea nelle leggi nel 1845, la rivoluzione del 1848 lo trasse ad arruolarsi nell'esercito siciliano. Fu alla spedizione in Calabria, della quale teniamo un cenno storico da lui pubblicato. Fallita l'impresa, e catturato, dopo diciotto mesi di detenzione in Castel Sant'Elmo, fu liberato ad intercessione dell'Inghilterra, ed esiliato. Di Francia passò in Piemonte a guadagnarsi il pane insegnando. Venuto il felice 1859, lo vediamo capitano dei Cacciatori della Magra; e, dopo le annessioni di Emilia e Toscana, con detto grado nell'esercito italiano. Sbarcati i Mille a Marsala, si unì alle schiere garibaldine della seconda spedizione condotta dal generale Medici, e guadagnò a Milazzo il grado di maggiore. In Calabria, nella Campania combatté ancora da valoroso; a Caiazzo comandò in modo il suo battaglione, da meritare la croce di Savoia; non meno prode fu al Volturno. Riammesso maggiore nell'esercito regolare, fece la campagna del 1866, e con nuove prove di coraggio, fermezza ed acume, nella stima di tutti, salì i gradi sino a tenente generale. Nell'occasione del cinquantenario della annessione di Sicilia, la maestà del Re premiò il prode veterano, dandocelo a collega con il decreto del 5 giugno 1910; e noi ne facemmo il caro acquisto, del quale piangiamo la perdita. (Bene). [...]
ORLANDO, ministro di grazia e giustizia e dei culti.Domando di parlare.
PRESIDENTE, Ne ha facoltà,
ORLANDO, ministro di grazia e giustizia e dei culti.Assolvo il compito altrettanto onorevole quanto doloroso di esprimere a nome del Governo tutta la simpatia riverente, che esso prova innanzi ai gravi lutti, che quest'alto consesso ha subiti; e in questa simpatia si contiene il pieno consenso al tributo di riconoscenza e di lode, che le inspirate parole del Presidente illustre e degli altri senatori hanno apprestato alla memoria degl'insigni uomini, di cui piangiamo la perdita.
Ascoltando quelle parole, la mia mente quasi astraeva dalle persone singole, e al di sopra degli uomini commemorati, io vedevo passare innanzi ai miei occhi tutta una serie di vite nobilmente spese nei campi più diversi: dall'esercito all'amministrazione civile, dal Parlamento alle amministrazioni locali, dalle aule della giustizia alla cattedra della scuola e così via via - forme di attività diverse, ma congiunte tra loro da quest' unica idea e da quest'unica fede: il servizio reso alla patria (Bene! Bravo!).
E pensavo a quanti tesori di sapienza e di patriottismo in quest'Aula nobilissima si racchiudono. Né io nulla aggiungerei a quanto così egregiamente è stato detto; ma concederà il Senato che trovi qui un'eco la vibrazione di talune note particolari, che o per ragioni personali o per ragioni di ufficio più vivamente palpitano nell'animo mio, a proposito, della dipartita di alcuni valentuomini. [...]
E così, il dolce vincolo della concittadinanza creò rapporti quasi fraterni nell'un senso, quasi filiali nell'altro, con due senatori palermitani, di cui oggi si è rimpianta la perdita. [...] L'altro è Francesco Campo, il cui ricordo si confonde con quello dei capelli bianchi del padre mio: magnifica, fulgida figura d'intemerato patriota e di eroe, il recluso di Sant' Elmo, l'esiliato dai Borboni, che conquistò le spalline a Milazzo e al Volturno, che percorse tutta la gloriosa carriera dell'esercito e che, con la semplicità dell'antico romano, si ritirò modesto, nulla chiedendo, non volendo neppure essere ricordato, finché fu ricordato allorché, commemorandosi la ricorrenza cinquantenaria della spedizione dei Mille, si volle che in questo supremo consesso entrassero, quasi simboli viventi della rivoluzione siciliana e della grande epopea garibaldina, due nomi e furono quelli di Cesare Abba e di Francesco Campo. (Applausi vivissimi).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 15 dicembre 1915.