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BRIGNONE Filippo

13 settembre 1812 - 23 gennaio 1877 Nominato il 09 novembre 1872 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio e per la categoria 14 - Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Sebastiano Tecchio, Presidente

Signori senatori! [...]
Filippo Brignone, figlio di un medico assai stimato, e di una Soardi [sic], donna di nobile schiatta, di alti pensieri.
Si avviò giovanissimo alla carriera delle armi, che i Re di Sardegna, anche in miseri tempi, sapientemente tenevano in cura ed in pregio.
Nelle battaglie del 1848 e del 1849 fece le sue prime prove come tenente di fanteria, e poi capitano aiutante maggiore nel 5° reggimento, che vale a dire nella brigata Aosta; della quale sarebbe indarno il cercare se altra mai l'abbia superata di fedeltà, di bravura, di temerità nei pericoli. Sin d'allora, due medaglie d'argento al valor militare insignirono il petto del giovane capitano. Indi a non molto, fu promosso a maggiore.
Nel marzo del 1855 il ministro per la guerra organava il corpo dei quindici mila, che nella Tauride, d'accosto agli eserciti di nazioni potentissime, dovea far manifesta la disciplina, la costanza, la intrepidità dell'esercito di quel piccolo paese che era il Piemonte. Non fu scritto fra i prescelti alla partita il Brignone, poc'anzi per pleurite acutissima dissanguato. Ei mostravasi fuor misura dolente di quella preterizione; sentivasi quasi come invilito; meditava desistere dalla milizia. Non so per quale mia fortuna, altri volle che io porgessi fervide istanze acciocché nol lasciassero a casa. Ho sentito rispondermi: “Ma che! Nol vedete, sparuto, cachetico, tisicuzzo? Se parte con noi, il Brignone ci muore nei primi tratti del viaggio”. Replicai: se non lo aggiungono al corpo di spedizione, ei basisce di crepacuore. Di corto, ebbi a rendere grazie al conte di Cavour, che avea patrocinato le istanze e saputo vincere le resistenze.
La giornata della Cernaia lo ravvisò tra i più prodi; tantoché là sul campo ottenne funzioni e grado di tenente colonnello.
Tornato dal Ponto, gli hanno affidato il comando del 9° reggimento nella brigata Regina; del reggimento, che tre anni di poi si guadagnò tanti allori a Palestro.
Chi non ricorda che addì 30 maggio 1859 (correndo l'anniversario della vittoria di Goito del 1848), il colonnello Brignone, dopo avere alquanto armeggiato dinanzi a Palestro, che gli Austriaci fortemente occupavano, s'è slanciato alla testa di uno dei battaglioni del suo reggimento; coll'inclito esempio trascinò sulle orme di quello gli altri battaglioni della quarta divisione; surse all'assalto del villaggio, e verso notte costrinse il nemico allo sgombero?
Il seguente mattino gli Austriaci ricominciarono con viemaggior forza la lotta, deliberati di ripigliarsi a ogni costo la possessione di Palestro. Ma il Brignone, sotto gli occhi del Re, arresta l'urto impetuoso, e, secondato gagliardamente dalla intera divisione, e dal 3° reggimento de' zuavi, riscaccia il nemico alle tende di Robbio: di che (giusta gli ordini provvidissimi di Enrico Cialdini) si rafferma sulla sinistra della Sesia, e protegge il tragitto degli alleati che miravano rapidamente al Ticino. - La medaglia d'oro, il più splendido dei premi al valore, ha rimeritato il Brignone per le sue gesta dei 30 e 31 del maggio, eternamente gloriosi al Re ed all'Italia.
Sul finire del 1860 il Brignone, di già innalzato a generale della quarta divisione, toglie ai soldati del Re pontefice, quasi tutti irlandesi, la Rocca di Spoleto.
Nei primi mesi del 1861, veglia ed incede d'incontro ai bastioni di Capua.
Poco più tardi, inviato alla Sicilia con poteri pressoché dittatorî, osta energicamente, ma senza spavalderia, a improvvisi disordini, e redime da strane sciagure la povera plebe, sobillata dai piagnoni, dai borbonici, da ogni fatta retrivi.
Una truce setta (grande Iddio! Che corrucci, che sangue, l'ultimo decennio della tirannide avea preparato all'isola delle riscosse!) una truce setta di pubblici accoltellatori perfidiava a Palermo. Il Brignone, meglio col senno che colla spada, l'ha raumiliata, l'ha vinta. -.
Auguroso, sospiratissimo, giunge finalmente per l'esercito, per l'Italia, il giugno dell'anno 1866. Nel giorno 20, Vittorio Emanuele indice all'Austria la guerra.
Il generale Brignone comandava la terza divisione, alla quale spettavano le due brigate de' granatieri di Lombardia e di Sardegna; orgogliose che fosse capo dell'una Amedeo di Savoia, principe animosissimo.
Il mattino del 24 giugno, la 3ª divisione, movendo da Castiglione delle Stiviere, dovea per Valeggio, Custoza e Sommacampagna, tendere a Sona. Mentre che sulla strada di Villafranca si accosta a Valeggio, ode tuonare improvviso sulla sinistra il cannone nemico. Il generale, varcato il Tione, balza alla fronte de' suoi granatieri; mena una brigata alle vette di Monte Torre e di Monte Croce; spinge l'altra alla volta della fatale Custoza.
Si faceva evidente che il centro degli italiani stava per essere di repente assalito da forze poderosissime: Custoza l'obbiettivo della battaglia; la 3ª divisione, innanzi ogni altra, a bersaglio.
Il capo di Stato maggiore dell'esercito, e il Re medesimo, sopravvenuti alle falde del Monte Torre, riconoscono la necessità di raggruppare intorno a Monte Torre e Custoza altre due divisioni, l'8ª e la 9ª. A ciò subitamente spiccano gli ordini.
Senonché il nemico, soverchiante di uomini e di cannoni, previene in fretta e in furia l'arrivo di coteste due divisioni, e si getta sopra la 3ª, a molti doppî inferiore pel numero agli imperiali che già la investono.
La relazione storica del Corpo di Stato maggiore italiano, data fuori nel 1875, narra e descrive le quante volte in quel mattino la 3ª divisione abbia ributtati dalle cime di Monte Torre e Monte Croce, e dai poggi attigui, or l'uno or l'altro drappello degli Austriaci, or l'una or l'altra delle loro brigate.
Ma l'arciduca Alberto, di momento in momento, rinnovava, aumentava gli assalitori.
La divisione 8ª e la 9ª, impedite in altri cimenti, non poterono arrivare in tempo a soccorso del generale Brignone. Cadono a lui d'accanto, piagati o morti, ufficiali molti, soldati moltissimi. Amedeo di Savoia, che facea miracoli di valore, anch'egli è ferito. La notizia della ferita del principe rompe i nervi ai soldati, eziandio ai più valenti. Oramai, alle reliquie della 3ª divisione ogni lotta torna impossibile. Oramai, il generale sente nell'animo che per lui l'unico trionfo sarebbe la morte e combatte da disperato: e quando i suoi retrocedono, egli (strappato via dal campo per divoto officio dello Stato maggiore) è l'ultimo di tutti a seguirli. Delle virtù militari, delle quali a Filippo Brignone non fece difetto nessuna, questa io voglio additare singolarmente l'affetto vero e grande di padre, ch'egli ha sempre portato ai compagni, ai soldati: virtù preziosissima, che fa del quartiere un tetto domestico, dell'esercito una famiglia, dell'onore di ciascheduno l'onore di tutti: virtù preziosissima che abbiamo ammirato nei migliori tra i capi che più non sono, e (per fortuna d'Italia) nei viventi persevera: nomino, tra quelli che più non sono, Ettore De Sonnaz, il vincitore di Pastrengo; e Alessandro Lamarmora, il creatore de' bersaglieri. Sinora del generale: ora, brevissimamente, del cittadino.
Nella legislatura del 1860 stette il Brignone tra i deputati del Parlamento, per mandato degli elettori di Bricherasio. A quella del 1861 fu eletto dal collegio di Arezzo; e poi rieletto per le altre del 1865, del 1867, del 1870. Ha ripagato di assidue sollecitudini la fiducia di quei Comizî, anche dopo che il Governo del Re, sullo scorcio del 1872, ce lo diede a collega.
Si mostrò nell'arena politica così riservato e discreto, com'era stato potente di risoluzione e d'azione nei bellici rischi. Ma frattanto una immane calamità gli sbigottiva i penati (Profondamente commosso).
Il duce di patrie schiere avea potuto durare con paziente animo ai tedî del lungo attendere; e giunta l'ora, avea potuto perigliarsi impavido in disuguali conflitti. Ma il marito di Lei, che ben tre volte lo avea giocondato di nati dolcissimi, non poté reggere all'angoscia del vedersela offesa di una malattia, la più acerba, e la più pervicace. Quella angoscia ineffabile lo ha trafitto, lo ha spento.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 24 febbraio 1877.