senato.it | archivio storico

BORGHESI BICHI Scipione

03 novembre 1801 - 01 dicembre 1877 Nominato il 23 marzo 1860 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Toscana

Commemorazione

 

Sebastiano Tecchio, Presidente
Signori Senatori, [...]
Il conte Scipione Borghesi-Bichi nacque in Siena il 3 dicembre 1811, dal conte Luigi, barone dell'Impero, e da Maria di Marc'Antonio Fortini, ultima discendente di illustre famiglia Senese.
Negli anni giovanili ricevette da precettori privati un insegnamento, che per tutta la vita giudicò scarso; massime, per ciò che attiene alla letteratura classica. Fuor dell'usanza del patriziato senese d'allora, frequentò nella patria Università le scuole del Diritto, e vi conseguì la laurea dottorale. Poco dopo, in Firenze ebbe il titolo di avvocato. Ma, mortogli il padre, s'è dovuto restituire a Siena; e quindi innanzi si diede tutto alle cure del patrimonio della sua nobilissima famiglia, e agli studi della storia e letteratura senese, che furono, quasi direi, l'oggetto precipuo di quella cara e onorata esistenza. Il nome insigne del casato, il largo censo, la singolare coltura, e la grande modestia, lo resero accettissimo a coloro che hanno avuto la fortuna di avvicinarlo e l'agio di pregiarne le esimie virtù. Fra i quali sarebbero a ricordare, dal Manzoni al Giusti, quanti salirono ad alta fama negli annali della letteratura contemporanea del nostro paese. E agli studî suoi, appena chiusa la giovinezza, si prefisse un intento; e sempre a questo guardò con costanza mirabile. Poiché, lunghi anni di seguito, attese a compilare una Bibliografia senese, nel più lato senso della parola. Infatti, non solo accolse con amore e peculiar diligenza le notizie della Stamperia senese dagli incunaboli fino al 1875, ma, quasi corredo o illustrazione a sì prezioso lavoro, riunì quanti più ha potuto ragguagli di scrittori senesi, o di cose alla città appartenenti, non ricusandosi nemmeno alla fatica del trascrivere per intero più centinaia di documenti che avessero relazione alle cose politiche, o artistiche, o letterarie di quella, o sivvero ai cittadini più celebrati. Qual miniera di informazioni venisse egli a formare in tal guisa, sel seppe il Litta, e il Passerini, e tutti gli altri che per contezze bibliografiche di cose pur non senesi ebbero occasione di ricorrere alla sua copiosa dottrina.
Quest'amore preclaro agli studi dell'erudizione lo invogliò naturalmente ad accrescere la già doviziosa suppellettile dei libri e dei manoscritti trovati nel tetto paterno; ché anzi ei riesciva a creare un Archivio Bichi-Borghesi, che ha nome presso i cultori della istoria Senese e Toscana, e che valenti stranieri, venuti in Italia per ragioni di studî, consultarono con molto profitto.
La collezione delle pergamene Bichi-Borghesi, notevole pel numero a cui ascende, e per la importanza delle carte, diventò celebre quando al conte Scipione è toccato in sorte di scoprire fra quei documenti, da lui lumeggiati con affetto pari al sapere, il testamento di Giovanni Boccaccio. Certo, sifatta carta non poteva capitare a mani migliori. Essa, dopo che fu lunga pezza ornamento invidiabile della stanza di studio del fortunato suo possessore, per volontà testamentaria di lui è passata, insieme alla stupenda raccolta delle pergamene, ad arricchire la serie diplomatica dell'Archivio di Stato di Siena.
Come la famiglia e gli studi, così ebbe gran parte dei suoi affetti la politica; e fin dall'età giovanile professò liberali principî, che non ha smentito dappoi. In questo egli fu propriamente d'esempio al patriziato della città nativa. Ond'è che il nome del conte Scipione si trova nel 1831 fra i promotori degli Asili infantili di Siena; instituzione, che segnò in Toscana il risveglio delle idee liberali, e veduta perciò di mal occhio dal Governo Granducale. Negli anni del ‘49 e del ‘59 fu chiamato come Consigliere presso l'Autorità governativa della città; e poiché la Toscana decretò col solenne suo plebiscito di volersi unire alla monarchia di Vittorio Emanuele, il conte Scipione fu tra gli eletti a presentare al glorioso Principe i voti di quelle popolazioni. Indi a breve, la sua devozione alla patria, la sua inalterata fermezza ai principî liberali, e le belle qualità della mente e del cuore gli procacciarono la dignità Senatoria: ciò fu per decreto reale del 23 marzo 1860.
Prese parte a molte popolari Associazioni; e con zelo esemplare rimase quattro anni nel Consiglio direttivo della Società di mutuo soccorso degli operai, rifiutandovi sempre il primo posto, ma tenendovi quello di vice-presidente.
Malgrado le esortazioni degli amici più cari, la modestia (che dianzi ho accennato) lo dissuase da rendere di pubblica ragione il benché menomo saggio dei suoi studî bibliografici. Tuttavia, chiunque si volse a lui per notizie, e molti furono, anche stranieri, provarono e quanto estesa in lui fosse la cognizione delle cose di Siena, e quanta la liberalità del comunicarle ai chiedenti; sopratutto se si trattasse di coadiuvare giovani ingegni.
La quale liberalità gli valse favore e affezione appo tutti: né maggiore consolazione sentì nella tranquilla sua vita che di fornire col sussidio della sua tenace memoria, meglio altresì che col riguardare a' voluminosi suoi manoscritti, nozioni e copie integre di documenti ai vogliosi che facessero capo a lui per lo studio o il commento di qualche fatto senese. Ora, per disposizione testamentaria, ha ordinato che il corpo di que' manoscritti fosse consegnato al cavaliere Luciano Banchi, Sindaco della città: egregio uomo, cui vogliamo desiderare che le occupazioni pubbliche non lo distolgano da far palese agli studiosi e agli eruditi la molta dottrina del nostro Collega.
Vissuto in gagliarda salute, sullo scorcio del novembre fu colto d'infreddatura nella sua villa di Ucciano. Il malore, che dapprincipio pareva leggero, s'è alquanto aggravato. Tornato a Siena, gli sopravenne la febbre; e fatto anasarca, la mattina del 1° dicembre, quasi come pigliasse sonno, rendette l'anima.
Il suo testamento, che scrisse erede il nipote Luigi, figlio giovinetto del conte Tiberio, portò cospicui legati al Regio Archivio di Stato, alla Biblioteca comunale, all'Istituto di Belle Arti, del quale fu Presidente negli ultimi tre mesi della vita, duratagli per anni sessantasei.
La intera cittadinanza, affollata dietro il suo feretro, volle mostrare che dilezione e che ossequio sentisse al nome e alle virtù del conte Scipione Borghesi-Bichi.
E qui suggellasi il necrologio dei Senatori per l'anno che fugge.
A cui nella nuova Sessione prenderà questo seggio, auguro di gran cuore che non gli tocchi mai, o rarissimamente, il mesto ufficio ch'è a me toccato le troppe volte; l'ufficio del doversi aggirare tra le tombe recenti de' suoi Colleghi.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 29 dicembre 1877.