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BONCOMPAGNI LUDOVISI Ignazio

27 maggio 1845 - 28 ottobre 1913 Nominato il 07 giugno 1886 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Lazio

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! [...]
Della fine del senatore Boncompagni-Ludovisi, spento il 28 ottobre dal crudo morbo, che da due anni lo insidiava, dura vivo in noi ed in Roma il cordoglio; ma solleviamo i cuori; il nostro estinto sopravvive nella grata memoria della patria e nelle orme luminose delle sue virtù e della sua grandezza.
Nato Don Ignazio in Roma il 27 maggio 1845, secondogenito di Don Antonio principe di Piombino, ebbe infusi dal padre i sensi liberali ed il patriottismo; ed a 22 anni, il discendente di famiglia principesca romana, due volte papale, vediamo con la rossa divisa, milite di Garibaldi, il 1867, per liberar Roma dal giogo pontificio e darla capitale all'Italia risorta. Prodigio dell'amor di patria; potenza del sentimento nazionale; predestinazione del riscatto italiano! La giornata di Mentana precorse sfortunatamente, ma la meta segnò. Prima di quella giornata il giovane principe di Venosa, esule da Roma, come il padre, aveva in Torino cercato di arruolarsi, in compagnia di altri emigrati romani, ai corpi che formavansi per l'Agro romano; ma, impeditone, andò solo e fu aggregato allo Stato maggiore del duca di Lante, uno dei comandanti. Trasportato da Garibaldi il suo quartiere generale nell'antico castello feudale dei Piombino, don Ignazio, ch'era passato suo aiutante di campo, gli tenne corte cavalleresca. Dopo la battaglia, non uscì dal castello, che veduti tutti i garibaldini avviati a Passo Corese; ed uscì per riprendere la via dell'esilio. Ma Roma doveva riaverlo nel trionfo; fu il principe di Venosa fra i componenti la Giunta provvisoria di Governo, nominata dal generale Cadorna il 3 ottobre 1870, che preparò l'annessione di Roma alla patria italiana; e meritò anche l'onore di ricevere e firmare l'atto di consegna del plebiscito della città leonina.
Patriotto, liberale, garibaldino, combattente per la rivoluzione, la mano aristocratica stesa alla democrazia, non obliò i doveri della nascita, serbò illibate le tradizioni del casato; e seppe il suo spirito signorile, generoso e benefico, scendere agli umili, pur mantenendosi in rispetto fra gli eminenti dell'aristocrazia romana. (Approvazioni).
Erudito nelle lettere e nelle belle arti, amava la società de' più chiari in esse. Al suo circolo convenivano anche gli uomini politici; ed ai numerosi amici e devoti, era ospitale.
In Roma l'insigne patrizio ebbe importanti uffici e cariche pubbliche. Fu consigliere comunale e provinciale, e ne' Consigli amministrativi dell'Ospizio di S. Michele e dell'Opera degli orfani; di Albano consigliere comunale. Facevalo amare l'ottimo cuore; era pregevole il suo carattere franco e leale. Il Senato, che contò fra i suoi il principe di Piombino dal 1861 al 1863, teneva in grande pregio il figlio, che vi entrò per nomina del 7 giugno 1886. Gramaglie domestiche sopraggiunte alla malattia, lo afflissero nell'ultimo della vita: ma non giunse all'ora estrema senza grande compenso d'affetti, di riconoscenza, di venerazione. (Approvazioni). [...]
TITTONI. Consenta il Senato che io aggiunga una sola parola a quelle efficaci e commoventi colle quali il nostro illustre Presidente ha commemorato il compianto collega Ignazio Boncompagni.
Io non ripeterò gli episodi più salienti della sua vita, che l'onorevole Presidente ha così bene illustrati. Dirò soltanto che tutti riflettono la fiamma purissima di patriottismo che scaldava il suo petto; tutti rappresentano una esistenza intemerata, nella quale rifulgono le più belle virtù civiche e domestiche.
Con Ignazio Boncompagni è scomparso un altro dei patriotti che prepararono il risorgimento nazionale; e noi, mentre circondiamo della nostra venerazione i pochi gloriosi superstiti, onoriamo con animo compreso di mestizia la memoria dei caduti e additiamola quale esempio alle nuove generazioni. (Approvazioni vivissime, applausi).
COLONNA PROSPERO. Vogliate consentirmi, onorevoli colleghi, che, seguendo un imperioso impulso del cuore e con profonda emozione associandomi alle nobili parole pronunciate dal venerato nostro Presidente e dall'onorevole collega Tittoni, aggiunga anch'io una parola e rivolga un mesto e doloroso pensiero all'amico mio carissimo Ignazio Boncompagni-Ludovisi, al quale mi legavano vincoli saldissimi d'incrollabile amicizia e devozione.
Umile e modesto, come solo sanno esserlo gli uomini d'azione, Ignazio Boncompagni visse negli ultimi anni della sua vita una esistenza ritirata, solo dedito alle opere buone e circondato da pochi e fidi amici. Ma l'integrità del suo carattere, la rettitudine e lealtà dell'animo suo, lo resero caro ed apprezzato a quanti avevano la fortuna di avvicinarlo. Ed io, nel parlar di lui, non intendo solo di esprimere il dolore di un amico, ma la sincera riconoscenza del cittadino; riconoscenza profonda per l'esempio luminoso di patriottismo che egli seppe dare ai romani, quando in tempi procellosi l'amor di patria era un delitto, il sentirsi italiano costituiva un grave pericolo di ogni ora e di ogni momento. (Benissimo).
In quei giorni di lotta e di persecuzione Ignazio Boncompagni, che non conosceva debolezze, non esitò ad indossare la camicia rossa, e a correre a fianco di Garibaldi sui campi di Monterotondo e di Mentana; e, fallita la generosa impresa, prese la via dell'esilio, sereno, ma fidente nell'avvenire.
Roma lo rivide il giorno glorioso della sua liberazione; lo rivide ascendere il Campidoglio recando le urne che contenevano le schede del plebiscito spontaneo della città leonina, e lo vide assidersi, all'ombra del tricolore issato sullo storico colle, fra i membri della prima giunta di Governo di Roma italiana.
Onorevoli colleghi, lo ripeto, è con una profonda commozione che io oggi parlo di lui in quest'Aula, e da questo posto, che fu il suo, ed al quale avevo preso la dolce consuetudine di accostarmi giornalmente per recargli il mio quotidiano e fraterno saluto.
Io sono certo di avervi tutti uniti a me nel volerne onorare la memoria, e nell'esprimere il crudo dolore che ci ha cagionato la sua perdita. E ciò sia di conforto a quella donna esemplare che fu compagna dei suoi giorni, e che oggi sconsolata lo piange. (Approvazioni vivissime).
SANTINI. Pur avendo il nostro insigne Presidente, e gli egregi colleghi Tittoni e Colonna Prospero degnamente illustrata la nobile e lagrimata figura di Ignazio Boncompagni-Ludovisi, sia consentito anche a me, che di essergli concittadino ho tenuto sempre come ad altissimo onore, rammentare che egli, al pari di tanti altri cittadini di Roma, nella cui grande anima, anche a' tempi tristi del servaggio, ha sempre palpitato fervido l'amore di patria, esuli, combattenti, prigioni per contribuire col pensiero e col braccio, alla sua redenzione, non si attardò ad attendere il 20 settembre 1870, ché nel 1867, pugnò valorosamente, duce Giuseppe Garibaldi, a Mentana e a Monterotondo.
Io mi associo al compianto, che onora la memoria di questo nostro illustre collega, il quale, genialmente disposando il sentimento religioso, in sua famiglia nobilmente tradizionale, ai santi, irresistibili ideali della patria, a sé attrasse alta estimazione e vivissimo affetto.
E mi associo altresì alla proposta che alla degna vedova del nostro lagrimato collega vada il memore e affettuoso ossequio del Senato. (Approvazioni). [...]
COLOSIMO, ministro delle poste e dei telegrafi. Mi associo in nome del Governo, alle nobili ed eloquenti parole pronunziate dal Presidente dell'Assemblea e dagli onorevoli senatori Molmenti, Rolandi-Ricci, Canevaro, Cadolini, Gatti-Casazza, Tittoni, Colonna e Santini, commemorando i senatori Tiepoli, Doria, Boncompagni, Cucchi e Roux. [...]
PRESIDENTE. La Presidenza, certa di aver consenzienti tutti i senatori, si farà un dovere di dare esecuzione alle varie proposte, che sono state fatte per l'invio di condoglianze alle famiglie e alle città natali dei colleghi, che abbiamo oggi commemorato. (Approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 1° dicembre 1913.