senato.it | archivio storico

BERARDI Filippo

02 marzo 1830 - 09 marzo 1895 Nominato il 16 novembre 1882 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Lazio

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente

Signori senatori! Doloroso è a me l'annuncio, a voi l'udire dei colleghi venuti a morte dacché non ci adunammo. [...]
Ucciso da un forsennato, moriva nel giorno 9 di marzo il marchese Filippo Berardi.
Nato in Ceccano l'anno 1830, da modesta condizione prevenne a ricchezza e nobiltà; a sé strinse molti amici, moltissimi conoscenti; ebbe in questa città larga clientela, uffici diversi; esercitò dove era nato e in quel contado incontestata supremazia.
Volontà piuttosto ostinata che tenace, ne soccorse l'ingegno acutissimo, in servizio di questo e di quella mise operosità febbrile; operosità, ingegno, volontà gli volsero benigne le occasioni: afferrò la fortuna.
E mostrò, a prova, come i volenti vincano e salgano.
Per intraprese avvedutamente condotte già noto e dovizioso, quando la capitale qui si insediò le sue peculiari qualità ed aderenze lo fecero ricercare. Di lui piaceva ricordare come al tempo in cui mercenari forastieri qui spadroneggiavano, per sospetto di Stato poco era mancato fosse passato per le armi; a grado a grado entrava nella vita pubblica; la Camera dei deputati per la quattordicesima legislatura, il Senato dal 16 novembre 1882 lo accoglievano. E quantunque non apparisse mescolarsi attivamente alle politiche contese, pure anche su di esse non era senza influsso.
Nella sua Ceccano, industrie, agricoltura, istruzione, beneficenza avevano da lui avuto l'essere, da lui preso nome, a lui dato quello di benefattore. Ma dove pose la sorprendente operosità, tutta la sua vita, fu l'amministrazione della provincia romana, al Consiglio della quale dal 1870, da vent'anni alla deputazione apparteneva, presiedendola anzi, da quando l'ufficio divenne elettivo.
A questo la sua giornata, la sagace esperienza, la tenacia stessa come se si trattasse de' proprii affari; tutto personalmente sorvegliando, a tutto di persona provvedendo. E ne ebbe premio il durarvi incontrastato e lodato; orgoglioso di udire l'amministrazione che da lui riceveva norma ed impulso additata ad esempio di abusi sradicati, di spese ridotte, di servizi ampliati, semplificati, migliorati; pure assidendone il bilancio ed il patrimonio sovra saldissime basi. E per l'azienda provinciale perdette la vita; perché, mentre vegliava a riordinare il manicomio che da poco ne dipendeva, un pazzo lo assassinò.
Al truce caso lo stupore, la indignazione, la pietà furono generali. Ressa di autorità, di clero, di fratellanze religiose e civili dietro al suo feretro apertamente disse quanta somma di sentimenti e d'interessi attorno a lui si aggirassero, su di lui convergessero, per lui si governassero.
E noi onorammo il collega che per zelo di ufficio cittadino fu morto; onoriamo la vittima del dovere. (Benissimo).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 12 giugno 1895.