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BENSA Paolo Emilio

27 marzo 1858 - 17 gennaio 1928 Nominato il 03 giugno 1908 per la categoria 21 - Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria provenienza Liguria

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tommaso Tittoni, Presidente

Onorevoli colleghi. [...] Un eminente giurista si è spento il 17 gennaio in Genova, il prof. Paolo Emilio Bensa, nel quale la straordinaria potenza dell'ingegno fu vivificata da un animo nobilissimo, da una forza morale superiore, quella forza che fino agli ultimi momenti Egli ha fatto dominare con stoica rassegnazione i tormenti, pur gravi, della sua lunga infermità.
Esemplare vita fu la sua, tutta pervasa di appassionata e geniale operosità, di alta rettitudine, di infinita gentilezza. Nato il 27 marzo 1858 in Genova, sin dalla più giovane età egli si appalesò degno continuatore del padre Maurizio, che era vanto della Facoltà giuridica genovese, e rivelò somme attitudini agli studi giuridici. Infatti aveva appena diciotto anni quando, fra l'ammirazione dei suoi maestri, si addottorava in giurisprudenza, recandosi poi a compiere severi studi di perfezionamento a Lipsia e a Berlino dove frequentò la scuola dell'illustre romanista Windscheid. E nelle discipline privatistiche sopra tutto divenne ben presto tanto versato, che nel 1895 nel prediletto Ateneo di Genova saliva, fra l'unanime consenso dei maestri, alla Cattedra di istituzioni di diritto civile, passando tre anni dopo a quella di diritto civile, che tenne poi fino alla morte.
Fu invero l'insegnamento suo faro di luce e non solo nel campo del diritto civile ma pur nelle altre discipline giuridiche, che tutte dominò, dalla storia del diritto al giure pubblico, onde, mentre nella scuola con grande competenza teneva per incarico anche corsi di diritto e procedura penale, di esegesi delle fonti giuridiche, di contabilità di Stato nei suoi numerosi scritti, mirabili per classica eleganza di stile, egli si rivelava sommo giurista non solo nelle sue note alle Pandette del Windscheid, nelle sue trattazioni scolastiche e in tutti gli studi di diritto civile, ma pur nelle tante monografie e relazioni sui più svariati argomenti disseminate in riviste e in pubblicazioni ufficiali. Ché il Bensa può dirsi il vero maestro: acuto ingegno, dotato di una vastissima dottrina, spaziante nei più diversi rami dello scibile umano, egli considerava il diritto come un organismo unitario in cui le varie branche non sono che aspetti di un unico fenomeno e non possono quindi cogliersi adeguatamente se non studiandone le connessioni. Il suo insegnamento ha gittato in più generazioni fecondo seme, procurando all'insigne collega la riconoscenza infinita di tanti discepoli, l'ammirazione incondizionata di maestri e colleghi che già in questi giorni dolorosi hanno voluto subito onorarlo col consacrare al suo nome l'istituto giuridico genovese nella sua nuova sede.
Ma non fu la scuola soltanto la palestra del suo ingegno poderoso, ché, per il suo valore, per l'integrità del carattere, per la dirittura della coscienza, per la particolare sensibilità alle questioni di giustizia, il Bensa fu principe del foro, richiesto spesso dagli stessi colleghi in cause assai difficili, chiamato più come arbitro che come patrono di una parte, dove mantenne sempre la contesa in un campo elevato.
Paolo Emilio Bensa non tenne agli onori ed alla popolarità e volle così esimersi dalla carica di primo cittadino della sua amata Genova, cui per unanime designazione era stato chiamato nel 1920, ma, dati i suoi sentimenti e la sua competenza, non poteva non dedicare assidue cure alla vita pubblica, e dei problemi della sua regione fervidamente ognora si interessò nei numerosi uffici locali che gli furono affidati e nel periodo non breve in cui fece parte del Consiglio comunale di Genova.
Al Senato, in cui era venuto dal 3 giugno 1908, la sua operosità fu notevolissima. Membro di molte commissioni, partecipò con grande assiduità ai nostri lavori e nelle più importanti discussioni non mancò mai la sua parola, sempre serena, avvincente e magnifica per dottrina e per elevatezza di forma: mi basti accennare alle discussioni sulla capacità giuridica della donna, sul notariato, sulla protezione degli orfani di guerra, sulle derivazioni di acque pubbliche, sulla riforma del Senato e del suo regolamento ove ha portato poderoso contributo. Ma nella preparazione delle riforme legislative egli ebbe larga parte anche fuori del Parlamento, ove per il suo alto valore di giurista la sua collaborazione fu reclamata in importantissime commissioni reali e ministeriali; attualmente era anche nella Commissione reale per la riforma dei codici.
Né qui si arrestano le sue pubbliche benemerenze; ché, nobile figura di italiano, durante la guerra ei prestò opera altamente patriottica. Interventista dei più ferventi, non si prodigò soltanto in ogni modo e con rara abnegazione nell'organizzazione della resistenza interna, ma, non ostante la sua età, con ardore giovanile - magnifico esempio - volle pur prestare servizio da ufficiale.
In sé Paolo Emilio Bensa riassumeva le più elette virtù e come simbolo purissimo di esse noi sempre lo ricorderemo, noi che oggi siamo in grande lutto per la sua dipartita. Ed è lutto e vuoto incolmabile per la scienza giuridica e per l'Italia che ha perduto uno dei suoi migliori figli.
Sulla sua tomba il Senato si inchina commosso e alla sua memoria invia il tributo affettuoso del più vivo rimpianto. (Benissimo).
FEDELE, ministro della pubblica istruzione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FEDELE, ministro della pubblica istruzione. Con animo riverente il Governo si associa al compianto del Senato per la perdita di tre suoi insigni membri: [...], Paolo Emilio Bensa e [...] i quali per le opere, per l'ingegno, per la virtù, per la devozione alla patria, han meritato che la nazione ne ricordi il nome con orgoglio e con riconoscenza. [...]
Paolo Emilio Bensa fu giurista di romana sapienza; e dalla Cattedra dell'Ateneo genovese, dall'Aula del Senato, dai Fori delle principali città d'Italia, dette sempre prove luminose della sua intelligenza, della sua saggezza, della sua insuperabile probità. Di vastissima cultura, non vi era forse scienza od arte di cui non seguisse lo sviluppo attentamente. Perciò il suo insegnamento, che egli predilesse sopra ogni altra cosa, fu di singolare efficacia, tutto pieno di una profonda umanità, avvivato dalla luce di uno spirito nobile e tendente sempre a mete più alte.
Quando fu dichiarata la guerra, egli sentì riscuotere nell'animo suo ancor giovane, pur nel declinare degli anni, i fermenti entusiasmi della prima giovinezza; e non dubitò di prendere le armi e di prodigarsi, poiché gli era impedito d'andare al fronte, nelle opere di assistenza civile.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 7 febbraio 1928.