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BELTRAMI Eugenio

16 novembre 1835 - 18 febbraio 1900 Nominato il 04 giugno 1899 per la categoria 18 - I membri della Regia accademia delle scienze dopo sette anni di nomina provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Saracco, Presidente

Signori senatori! [...]
La morte, o signori, la morte crudele non sembra ancor sazia di battere alle porte di questo Senato. Or fanno sette giorni, ebbimo il dolore di perdere in Paolo Onorato Vigliani il decano dei senatori; ieri, nelle ore pomeridiane, moriva in Roma il senatore meno anziano di tutti, il professore Eugenio Beltrami. Nato a Cremona nel 1835, contava dunque 64 anni di una vita nobilmente spesa in servizio della patria e particolarmente della scienza che dilesse con singolare amore e coltivò con altezza di ingegno e tale una operosità che si può giustamente chiamare incomparabile.
Vi ha qualche cosa abbastanza strana nella vita di questo scienziato, che merita di essere ricordata sovra ogni altra, e torna sostanzialmente in onor suo; vale a dire che il Beltrami, dopo aver seguito il terzo anno del corso di matematica nell'Università di Pavia, fu costretto da critiche circostanze di famiglia ad abbandonare gli studi, cosicché il dotto e celebrato professore non possedeva il diploma della laurea, allorché nel 1862 venne eletto professore straordinario di algebra complementare nella Università di Bologna. Però, fino dal 1856, il nostro bravo collega veniva approvato dottore in scienze naturali nell'Università di Bologna.
È forse soverchio che io soggiunga del giovane Beltrami, che innamorato della matematica pura che prediligeva, sudavit et alsit, come pochi seppero mai fare, fino a che raggiunse la desiata meta, e salì tant'oltre che in breve s'innalzò alle più alte cime della scienza. Dall'Università di Bologna era passato nel 1863 a professore ordinario di geodesia teorica in quella di Pisa, e lo troviamo a cominciare dal 1891 professore di fisica matematica ed incaricato dell'insegnamento della meccanica superiore nell'Università di Roma.
Io non vi parlerò dello scienziato e dei lavori che gli procurarono larga e meritata fama in Italia e fuori. Né io saprei discorrerne con sufficiente competenza. Basterà forse che io dica, a lode di questo valent'uomo, che le sue numerose pubblicazioni furono così concordemente apprezzate, od a meglio dire ammirate in paese ed in lontane terre, che le accademie scientifiche e gl'istituti maggiori d'Italia andarono a gara per iscriverlo nell'albo dei soci effettivi e corrispondenti; e così pur fecero le accademie di Gottinga, Berlino e Francia. La quale ultima, morto il Beltrami, non conta più che pochi soci in Italia, e fra questi alcuni che appartengono a questo nostro Senato.
Socio effettivo dei Lincei, il Beltrami era pure entrato a far parte del Consiglio superiore della pubblica istruzione, ed in questo ufficio egli soleva portare quella nota d'indipendenza e di imparzialità che era la caratteristica del suo animo volonteroso e buono. Egli infatti non conobbe nemici, e nemmanco avversari.
Ancor più dello scienziato va ricordato il professore, affabile coi giovani, sempre pronto a guidarli e ad incoraggiarli negli studi e nelle ricerche scientifiche; siccome dalla cattedra sapeva trattare le materie più astruse con tale chiarezza e lucidità, da rendere eleganti e fino attraenti pei cultori delle scienze le teorie più difficili ed intricate. (Benissimo).
Venne giorno nel quale compagni ed amici furono chiamati a dimostrare di quanto affetto e di quanta stima fosse circondato il collega che piangiamo estinto. Venuto a morte il Brioschi, presidente dell'Accademia dei Lincei, una sola voce si alzò a favore del Beltrami per sostituire il Brioschi nell'alto ufficio. Il voto fu unanime e solo il Beltrami, nella sua innata modestia, fu l'ultimo a sapere che il suo nome raccoglieva i voti concordi dei colleghi. Eletto con sua meraviglia, non mancò però di dedicare tutta l'opera sua a rialzare le sorti di quel grande istituto.
Così nel concetto universale parea che nelle elezioni del novembre 1898, il nome di Eugenio Beltrami potesse degnamente figurare nel novero dei nuovi senatori e parve oblio, che non vi fosse compreso. Ma Re Umberto, conoscitore dei meriti di Eugenio Beltrami, lo chiamò; con separato decreto del 4 giugno 1899, agli onori del Senato, e da quel fine e delicato cavaliere che esso è, colse il momento stesso in cui le LL. MM. sogliono onorare ogni anno la solenne adunanza dei Lincei, per consegnare personalmente al Beltrami il diploma sovrano di nomina. Piace soggiungere che subito, nel dì 6, il Senato si affrettò, a segno di alto compiacimento, di sanzionare col suo voto di approvazione la nobilissima scelta.
Ma il nostro Beltrami non era destinato a rimanere lungamente fra noi. Colpito da un morbo che difficilmente perdona, moriva pressoché improvvisamente, quando più sorrideva la speranza di vederlo restituito in salute, e chiuse gli occhi alla luce nel momento medesimo in cui una sezione dell'Accademia dei Lincei attendeva agli ordinari lavori.
Triste annunzio fu quello che riempì di dolore quanti conobbero e per ciò stesso amarono il Beltrami. È questo particolarmente un nuovo ed irreparabile lutto per la scienza e per il Senato. Ond'io, dinanzi ad una tomba ancora aperta, mi arresto trepidante, ed appena mi permetto nel nome vostro, di mandare una parola di vero rimpianto alla desolata vedova dell'illustre collega miseramente perduto. (Vive approvazioni). [...]
DINI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha Facoltà di parola.
DINI. Sebbene affranto dal dolore per avere assistito e ricevuto fino le ultime parole del compianto nostro collega professor Beltrami, e veduti gli strazî continui e indicibili della infelice moglie di lui che tanto amava e sebbene ben poco alle calde e affettuose parole del nostro illustre Presidente io possa aggiungere, e non possa anzi che ripetere molte delle cose dette da lui, lasci ciò non ostante il Senato che io pure mandi un saluto alla memoria del collega, dell'amico estinto.
Non lo ebbi maestro nella Scuola; ma lo ebbi fra gli amici e consiglieri più affettuosi fino dai miei anni giovanili, e ben vidi come fino d'allora, e sempre, la famiglia, la scienza, la patria fossero i suoi unici pensieri, ad esse solo volgesse le sue cure indefesse.
Intelligenza eletta, la pose tutta, insieme all'animo suo buono e mite, a disposizione dei giovani che volevano avvivarsi al sacro fuoco della scienza.
I suoi lavori geniali ed altissimi, nei quali alla importanza della materia trattata si aggiungeva una lucidezza ed eleganza di esposizione che invogliava a leggerli e meditarli, lo resero presto celebre qui e fuori; e questi e l'amore che egli sapeva infondere in tutti per la matematica, la sua bontà, la sua tanta modestia, la sua gentilezza di modi inspirarono in tanti e tanti il culto della scienza.
Modesto oltre ogni dire, premuroso, degli altri sempre, e non di se stesso, non si mise mai in vista fuori della cerchia degli scienziati, e non ebbe perciò che da pochi mesi un posto fra noi, quale molto tempo prima avrebbe certamente potuto avere; ma nel pensiero di tutti quelli che lo conoscevano, e ne ammiravano le alte doti d'animo e d'ingegno, faceva parte di questo alto consesso da anni; non ci era, ma tutti pensavano che dovesse esserci!
Non parlo dei suoi lavori numerosi e svariati sulla geometria, sull'analisi, sulla fìsica matematica, sulla meccanica, sulle parti più alte insomma della scienza matematica; ché in altro luogo sarà di questi da altri, e meglio che da me, diffusamente parlato. Essi restano negli annali della scienza a testimoniare il suo alto valore. Le sue relazioni, i suoi studî pel Consiglio superiore, esimî sempre per la chiarezza, per l'eleganza, per la cura che poneva nello sviscerare la questione, nell'esaminarla da ogni lato, alieno sempre da ogni personalità, mostrano quanta cura, quanta rettitudine egli ponesse in tutte le questioni che a lui venivano sottoposte.
Ed ora egli non è più! Piange la scienza, e con lei piange l'Italia la perdita di uno dei suoi figli più illustri, una delle sue glorie più pure; ed io non posso che chiudere queste mie poche parole coll'augurio che tanti, sulle orme di lui, le diano l'onore che egli le dette in pressoché quarant'anni di scientifica operosità, interrotta solo dal suo tanto amore per la famiglia, e pel bello e pel buono, al punto da poter dire che neppure conobbe il male. La sua vita non fu rivolta che al bene.
PRESIDENTE. Ora estrarrò a sorte i nomi di sette senatori i quali rappresenteranno il Senato alle onoranze funebri che saranno rese domani mattina, alle 10, al compianto collega Beltrami.
Risultano sorteggiati i nomi dei senatori Ellero, Accinni, Schupfer, Taverna, Manfrin, Codronchi e Cannizzaro.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 19 febbraio 1900.