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BACCELLI Giovanni

08 luglio 1833 - 08 ottobre 1914 Nominato il 14 giugno 1900 per la categoria 08 - I primi presidenti e presidenti del Magistrato di cassazione e della Camera dei conti provenienza Lazio

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! [...]
Improvvisamente l'8 di ottobre in San Vito Romano spirò Giovanni Baccelli, che i natali aveva avuto da Roma l'8 luglio 1833, e collega ci era dal 14 giugno 1900. In San Vito, ov'era amato, ne fu generale il cordoglio, che di là corse a Roma, ove il suo nome era pur caro come di romano. Laureato in giurisprudenza, entrò apprendista al Tribunale criminale pontificio di Roma nel 1854; la sua dottrina gli valse nel 1857 a conseguire l'autorizzazione all'insegnamento delle istituzioni di diritto civile e canonico, pareggiato all'universitario; ed il Governo italiano lo trovò nel 1870 degno di essere confermato primo giudice del Tribunale civile e criminale di Civitavecchia. Meritate poi vicepresidenze e presidenze in vari Tribunali, fu nel 1875 mandato consigliere della Corte d'appello di Firenze e di là l'anno dopo trasferito a quella di Roma. In ogni tempo e luogo si dimostrò magistrato ottimo, amministratore sapiente, indipendente ed integro della giustizia; fu eccellente presidente di Corte d'assise. Dall'ordine giudiziario passò alla Corte dei conti consigliere nell'aprile 1887, e vi salì degnamente alla presidenza di sezione nel novembre 1898; dalla qual carica in sommo onore prese il riposo pei limiti dell'età nel 1908. Al Senato, cui appartenne dal 14 giugno 1900, era assiduo e dava opera pregiata e profittevole, specialmente nella Commissione permanente d'accusa dell'Alta Corte di giustizia, che della sua perdita molto risente. (Bene). [...]
SALANDRA, presidente del Consiglio, ministro dell'interno. Con animo commosso e reverente il Governo si associa alle nobili parole pronunciate dal Presidente del Senato per onorare la memoria degli eminenti uomini che il Senato ha perduto. [...]
TITTONI. Poche volte la parola mesta e solenne del Presidente ha annunciato al Senato perdite così gravi per la patria.
Innanzi alla pleiade di uomini insigni che scompare, torna alla mente il pensiero malinconico di un uomo di Stato, il quale, vedendo morire in breve spazio di tempo molti contemporanei suoi di grandissimo valore, ebbe ad esclamare: “sembra quasi che la morte abbia dei momenti nei quali, con speciale cura, vada alla ricerca delle personalità più elette!”. [...]
Ma per tutti potrei ripetere la frase di Cicerone, il quale assicurava un posto speciale agli Elisi omnibus qui patriam conservarint, adiuverint, auxerint.
Ed anche una parola di affettuoso rimpianto vorrei dedicare [...], ed a Giovanni Baccelli, che portava un nome caro ai romani. Ma io penso che il dolore, più che nelle parole, deve trovare la sua espressione negli atteggiamenti. Ed inoltre, degli illustri estinti io non saprei né potrei dire meglio o più di quanto ha detto il nostro Presidente, le cui nobili parole, mentre egli le pronunciava, sembrava a me che s'incidessero indelebilmente nelle tavole della storia, sfidando l'oblio, che troppo spesso è compagno fedele del tempo. [...]
Gli uomini di quella generazione consacrarono alla patria tutta la loro esistenza e forse mai come oggi sarà stato opportuno ricordarne e celebrarne le virtù, i sacrifici, lo spirito di concordia e di abnegazione.
Inspiriamoci dunque, carissimi colleghi, a quei grandi esempi. [...]
DE CUPIS. Onorevoli colleghi. La scomparsa dalla scena del mondo delle più alte e nobili figure della politica italiana, e la luce che per esse si diffonde anche nei bui regni della morte impallidisce e fa scomparire le figure minori. Ma non deve anche ad esse, che in più ristretta e men luminosa sfera ben meritarono della patria, mancare la parola dell'affetto. E voi permetterete che io, romano, vecchio amico della famiglia Baccelli, estimatore sincero delle virtù che adornarono il nostro carissimo collega estinto, grato pur anco a lui dei primi incoraggiamenti all'esercizio di questa nobile palestra, poche parole io spenda ad onorare in quest'Aula la sua memoria.
Sì, io non potrei dispensarmi, senza quasi parere di mancare a me stesso, dal pronunziare una parola di compianto per la sua dipartita. E una parola vorrei trovare che in una volta tutti esprimesse i sentimenti che mi facevano cara la sua persona.
Se il sentimento dell'onestà deve congiungersi, come a me parrebbe, con quello dell'onore; e se questo, il che voi facilmente mi consentirete, sta principalmente nel tener fede a tutti i doveri dello Stato, che ciascuno ha assunto, a me pare che di lui si potrebbe ben dire che fu sovranamente onesto. Nella famiglia, nell'amicizia, nei pubblici uffici, nei quali spese tanta parte della vita, dette esempio di alte virtù; e nella famiglia venerazione, nell'amicizia gratitudine, nei pubblici uffici, nei quali giunse a gradi elevati, ebbe stima indiscussa, grandissima considerazione.
Integerrimo e dotto magistrato fu della magistratura togata vanto e decoro; e nel difficile agone delle assise dette di sé tal saggio da dover essere richiamato alla memoria velut exemplar.
Altissimo fu in lui il sentimento della giustizia, al quale conformò e mente e cuore; e questo sentimento non lo abbandonò quando dalla magistratura ordinaria fece passaggio alla magistratura dei conti, dove il conflitto si svolge tra il privato e lo Stato. Nell'una e nell'altra egli dette prova in se stesso di quella coraggiosa risposta che un venerando magistrato fece una volta ad un despota coronato: “la magistratura non rende servigi”; coraggio che purtroppo manca talvolta anche di fronte a despoti non coronati. Servizio supremo allo Stato per parte della magistratura e che questa dalla contemplazione della giustizia già mai si diparta.
Amico carissimo, nella fede che io serbo della comunione degli spiriti trapassati coi viventi, io spero che tu accolga lietamente queste mie parole; nella vita che ora tu godi ti sentirai così congiunto ancora con la vita che lasciasti; e a noi il pensiero dello spirito tuo fra noi vivente renderà, per me al certo, men dolorosa la tua lontananza. (Approvazioni vivissime - Applausi). [...]
SALADINI. [...]
Eppur tuttavia oggi più ancora dolorosa è la nostra commozione per la morte, per la perdita di cittadini così preclari, di colleghi così illustri e gloriosi, come ci ha ricordato con commossa parola il nostro illustre Presidente.
Perché noi, dinanzi alla morte e alla perdita di questi illustri cittadini sentiamo tanto dolore?
Perché in essi, con l'uomo, scompare dalla vita del paese un simbolo che era decoro, orgoglio e presidio nostro; si allontana dal paese una luce che aveva cominciato a splendere nei primordi dell'italico risorgimento, e fino a questi ultimi giorni aveva continuato serena, fulgida, a scorgere, illuminare, le vie più rette e sicure per raggiungere l'agognata meta di una completa grandezza nazionale.
E sentiamo che la patria in questo momento, colpita da gravi preoccupazioni, poteva da tali uomini, come ben disse il presidente del Consiglio testé, avere ancora preziosi consigli.
Ma ci conforti il pensiero che le loro memorie ci saranno tutelari, ci conforti il pensiero che i nostri reggitori attuali onorano, custodiscono quelle memorie e ne saranno degni illustratori, continuando, completando, con non minore senno, con non minore patriottismo, l'opera di quei grandi. [...]
TAMI. Mi consenta il Senato di associarmi brevissimamente alle nobili parole espresse dal nostro illustre Presidente e dal senatore De Cupis commemorando l'onorevole Baccelli col quale io ebbi affettuosa e cordiale consuetudine per circa un decennio nella Corte dei conti. Del suo intelletto, della sua cultura, del suo valore giuridico è stato già detto e detto benissimo. [...]
ricorderò soltanto la bontà del suo animo, il suo nobile sentire, la sua fedeltà nell'amicizia: onorato da questa, io mando un riverente saluto alla sua memoria, pregando il Senato di inviare le nostre condoglianze alla sua famiglia. [...]
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni,3 dicembre 1914.