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ARTOM Isacco

31 dicembre 1829 - 24 gennaio 1900 Nominato il 23 marzo 1876 per la categoria 07 - Gli inviati straordinari dopo tre anni di tali funzioni provenienza Piemonte

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Saracco, Presidente

Signori senatori! [...]
Un lutto ancora, o signori, un grave lutto per l'Italia, e singolarmente per noi. Ieri stesso noi fummo chiamati a rendere un ultimo tributo di affetto al collega Isacco Artom, morto in questa Roma la sera del 23 [sic] di questo mese, fra le braccia de' suoi diletti nipoti. Egli era nato in Asti l'ultimo giorno di dicembre 1829, e mentre parlo, la sua cara città si prepara forse a ricevere la preziosa salma cogli onori dovuti ad uno de' suoi più illustri e benemeriti concittadini.
Io vorrei adesso, o colleghi, che mi fosse concesso dall'angustia del tempo di commemorare degnamente, siccome il cuore di detta, le qualità veramente esimie del collega sventuratamente perduto. Ma se in mezzo a tanta tristezza io fossi pur giunto a raccogliere i miei pensieri, così da poter tessere con meditate parole il supremo elogio di Isacco Artom, dovrei scegliere altro tempo, per compiere il mesto ufficio; ond'io mi stringerò a brevi cenni, che valgano a far conoscere qual uomo egli fosse, e quale perdita abbia fatto il Senato, e con esso la patria, con la morte di così degno cittadino. Altri potrà dire, e dirà, più ampiamente con grande e maggiore autorità dei grandi servigi resi all'Italia dal compianto collega.
Isacco Artom era studente di legge nell'Università di Pisa nel 1848, ed anch'esso fece parte del battaglione universitario, che corse a combattere per la santa causa d'Italia sui campi rimasti gloriosi di Curtatone e di Montanara. Laureatosi di poi nell'Università di Torino, noi lo troviamo volontario, indi applicato nel 1856 presso il Ministero degli affari esteri, addetto al gabinetto particolare del ministro Cavour nel 1858, segretario di legazione a Parigi e consigliere nel 1863. Inviato straordinario e ministro plenipotenziario a Copenhagen ed a Carlsruhe, infine segretario generale nel Ministero degli affari esteri, fino al 1876, quando uscì dal Governo il marchese Visconti Venosta. Chiese allora ed ottenne di essere collocato in aspettativa senza stipendio e più tardi gli fu concesso il riposo.
Tale lo stato di servizio lasciato da Isacco Artom, onde meritò nel 23 marzo 1876, a segno di particolare distinzione, di essere elevato alla dignità di senatore del Regno. Ma di lui si può affermare con sicurezza e verità che non la carica onorava l'uomo, sibbene l'uomo onorava l'ufficio di cui era e rimase lungamente insignito. E bene il conobbe Camillo Cavour, che lo tenne sempre al suo fianco, e l'onorò della sua particolare fiducia nei difficili negoziati che si succedevano in quel tempo, e sempre, fino a che visse l'illustre uomo di Stato; talché l'Artom fu tra gli eletti, che col Nigra egualmente nostro, conobbe più specialmente il pensiero e raccolse direttamente gli insegnamenti di quel Grande, che furono il vangelo di tutta la sua vita politica. Così, nel tempo di poi, sia nelle sue missioni all'estero, e sia ancora nell'esercizio delle sue alte funzioni presso il Ministero degli affari esteri, acquistò fama di singolare perizia e diede prova di possedere l'esperienza politica che si acquista e si rivela particolarmente nelle opere e nei consigli.
Accorto diplomatico, fu di coloro, i quali professano la dottrina che il mezzo migliore per servire il proprio paese è ancor quello di camminare sulla via diritta della verità e della giustizia per tutti.
Uscito fuori dal Governo, il nostro Artom non pensò mai a dolersi di aver lasciato il potere ad altre mani, ma gli parve di poter occupare degnamente e nobilmente il suo tempo, lungi dalle gare infeconde e dai partiti che mirano a succedersi gli uni agli altri nel governo della cosa pubblica.
Già in collaborazione col Blanc, egli aveva pubblicato il libro che porta per titolo: L'oeuvre parlementaire du comte de Cavour. Più tardi tradusse magnificamente l'opera magistrale del Gneist, Lo Stato secondo il diritto, e scrisse ancora l'importante lavoro, che porta il titolo di Vittorio Emanuele e la politica estera. In queste ed altre opere, forse in altri lavori rimasti inediti, il nostro Artom die' prova di alto ingegno e di vasta dottrina, che nella modestia dell'animo e dei modi cercava piuttosto di nascondere, che non di farne pompa appresso i colleghi e nel mondo dei politicanti.
Chiamato in tutto questo tempo a servire il paese nativo nella qualità di consigliere comunale e provinciale, il nostro Artom si mostrò sempre di una diligenza impareggiabile, vinta soltanto dallo sviscerato amore del loco natio.
Né fa mestieri che io dica, quanto il collega nostro fosse assiduo ai lavori del Senato. Ricorderò soltanto di lui che, membro da tanti anni della Commissione permanente di finanze, soleva presentare al Senato la consueta relazione annuale sul bilancio del Ministero degli affari esteri, un vero gioiello del genere, nella forma e nella sostanza che riscuoteva il plauso e l'ammirazione dei colleghi.
E tale vi parrà certamente quella sul bilancio dell'esercizio corrente, che uscita dalla sua penna aspetta ancora di essere approvata dalla Commissione permanente di finanze - ultimo lavoro di quel forte e modesto ingegno, che lo aveva concepito e lasciato in eredità al Senato.
Il degno uomo, colpito in mezzo a' suoi studi da improvvisa malattia, rimase lungamente fra vita e morte, ma da più giorni si era perduta ogni speranza di rivederlo tra noi, e finalmente la sera del 23 gli occhi di Isacco Artom, si chiusero alla luce del giorno.
Salve, o anima eletta, mio buono e caro compaesano ed amico. Dormi in pace come hai meritato in vita, e pace ti augurano con me i tuoi colleghi del Senato, che hanno perduto in te un compagno diletto, un ottimo amico ed un insigne cittadino che onorava il Senato. (Vive e generali approvazioni). [...]
VISCONTI VENOSTA, ministro degli affari esteri.Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
VISCONTI VENOSTA, ministro degli affari esteri.Mi conceda il Senato di associarmi all'omaggio così eloquentemente e così affettuosamente reso alla memoria del senatore Artom.
Il Senato ha perduto in lui uno dei nostri più benemeriti colleghi.
Io rimpiango l'uomo pel quale una lunga associazione di lavoro, nei pubblici uffici, aveva lasciato nell'animo mio una profonda amicizia che ero lieto ed orgoglioso di sapere contracambiata.
Che cosa potrei aggiungere alle parole del nostro illustre Presidente che tanto amava e pregiava l'estinto collega?
Egli ci parlò del suo passato a cui si associava un impareggiabile onore, quello di essere stato il collaboratore fedele del conte di Cavour, di avere avuto la fiducia intiera del grande uomo di Stato.
E così in questo uomo modesto, che veniva silenzioso a prendere il suo posto nei nostri banchi, noi vedevamo il testimone e il confidente dell'opera ascosa, dei grandi pensieri, delle ansie profonde di quei giorni procellosi, da cui uscì la redenzione d'Italia.
Io vorrei dirvi o signori della sua vasta coltura della tempra fine e delicata dell'animo suo, di quella sua mente indagatrice ed acuta, mirabilmente dotata per discernere il vero, distogliendone tutte le vane apparenze, che faceva di lui nell'azione politica un giudice così sicuro, e un così fidato consigliere.
Da lunghi anni egli viveva solo pei suoi studi, per le sue memorie, per l'affetto dei suoi; e il ricordo dei servigi resi all'Italia era per lui come il fiore segreto della coscienza, che nella solitudine e nel silenzio conserva meglio il suo profumo (Bene!).
Solo coloro, che lo hanno da vicino conosciuto, hanno potuto sapere quale e quanto fosse il suo valore, e oggi vorrebbero rendere intera testimonianza in mezzo al facile oblio dei nostri giorni.
Ma in questa Assemblea, tra i suoi colleghi del Senato, come in una cerchia eletta, il suo nome vivrà circondato da una memore ed affettuosa stima, il solo e discreto guiderdone che egli ambiva per la sua vita (Benissimo, approvazioni).

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni,27 gennaio 1900.