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ARRIVABENE VALENTI GONZAGA Silvio

12 maggio 1844 - 11 marzo 1913 Nominato il 14 giugno 1900 per la categoria 16 - I membri dei Consigli di divisione dopo tre elezioni alla loro presidenza provenienza Lombardia

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente

Onorevoli colleghi! Abbiamo il dolore di nuova e grave perdita, recataci dalla morte del senatore conte Silvio Arrivabene, avvenuta ieri improvvisa in Firenze. Io ne sono costernato; ché il collega egregio erami amico dilettissimo.
Nato in Mantova il 12 maggio 1844, di nobile e ricco casato, dal conte Carlo, che fu l'ardito rivoltoso del 1848 contro lo straniero, poi emigrato e pubblicista; nipote di quel dotto filantropo, il conte Giovanni, dannato a morte, esule dall'Austria nel 1824, che nostro collega pur esso fu, ascoltato con riverenza sino a mia memoria; tutto l'elogio del conte Silvio è fatto, dicendo che fu degno di tal padre e dello zio chiarissimo.
Giovinetto nel settembre 1859, in Mantova, a pena di una dimostrazione pe' caduti di Solferino e San Martino, e sulle tombe dei martiri di Belfiore, cadde prigione degli austriaci con i compagni e con l'ava paterna marchesa Teresa Valenti, altro esempio virtuoso e forte cui educavasi Silvio in famiglia.
Liberato corse ad arruolarsi nella fila del Garibaldi, fece la campagna del 1860 e fu al Volturno. Combatté il 19 settembre ed il 1° ottobre eroicamente, ed all'assedio di Capua fu promosso sottotenente per merito. Passato nell'esercito regolare, compiti gli studi militari in Ivrea, fu aiutante di campo dei generali Petitti e Pettinengo; fece la campagna del 1866, e guadagnò la menzione onorevole al valor militare nel combattimento di Borgoforte li [sic] 4 e 5 luglio, aiutante di campo del generale Ricotti.
Congedatosi nel 1872, si ritirò nella città natale alla vita amministrativa. Fu in Mantova otto anni assessore del comune; fu presidente del Consiglio provinciale pur lungamente; e del Consiglio provinciale scolastico; amministratore di varie istituzioni di beneficenza: succedette al padre nel 1882 alla presidenza del Comizio agrario, dedicossi agli studi agrari ed economici con intelletto ed amore; attendendo alla coltivazione delle proprie terre. Di Società cooperative di produzione e consumo fra gli operai della città ed i coltivatori dei campi, fu promotore, tanto caldamente da tenere anche conferenze a tale intento.
A grande maggioranza di voti fu dal collegio di Mantova eletto deputato nelle elezioni generali del 1890; e prese parte attiva ai lavori della Camera nella XVII legislatura. Non meno attivo, né meno zelante fu in Senato, ove entrò a titolo della presidenza provinciale, per nomina del 14 giugno 1900; e nell'ufficio di senatore segretario, che occupò dal 1902 fino alle sue dimissioni del gennaio 1911, fu assiduo ed operoso, senza tralasciare d'intervenire non di rado alle pubbliche discussioni. La sua parola, del pari che ogni suo atto, era inspirata a sensi retti e prudenti, a puro amor di patria e di pubblico bene. Di uomo forte, fermo, franco e leale fu il suo carattere.
La scomparsa di Silvio Arrivabene, pianta dal Senato, lo è più amaramente da me e dai colleghi della Presidenza. Diamo l'addio allo spirito di lui, figurandolo aleggiare sugli Ossarii di Solferino e San Martino; ove, presidente devoto di quella Società, ha lasciato, come alle ossa dei nostri caduti nella più cruenta delle patrie battaglie, un culto alla gratitudine, ed ai principii del nostro risorgimento. (Approvazioni).
TAMASSIA. Pochi giorni or sono, in Padova, Silvio Arrivabene, parlavami con giovanile entusiasmo della Società di San Martino e Solferino consacrante con i monumenti e coi ricordi la storia della guerra liberatrice del 59.
Facevami, con la sua parola animata, rivivere quelle splendide giornate, con giusto orgoglio d'italiano, rannodava a quelle recenti e non meno gloriose della Libia.
La sua voce infiammata nel riannodare le fasi delle lotte, finiva con un inno alla patria.
Era allora e sempre la figura quasi romantica del soldato gentiluomo, pronto a riprendere, come nella sua giovinezza, le armi contro lo straniero. Mai, mai mi sarei immaginato che il destino mi avrebbe imposto questo ufficio di piangerlo davanti a voi, illustri colleghi, strappato sì crudamente alla patria, alla famiglia, alla nostra Assemblea, in cui fu per tanti anni operoso ed insigne collega nostro.
Ed in questo momento in me parlare e lacrimare si confondono, perché l'amicizia, che mi legava a Silvio Arrivabene, era dolce consuetudine di famiglia; era ammirazione per la sua vita, volta prima a difesa della patria con le armi, poi a tutte le opere, che ne rialzassero la prosperità e la gloria. Soldato lottò da valoroso; cittadino dedicò tutta la sua vivace, instancabile energia al rifiorimento dell'agricoltura, dell'istruzione popolare, alla tutela ed allo splendore del nostro patrimonio artistico. Non c'è feconda iniziativa nella mia cara terra mantovana, che non porti il suo nome, e quel che è più l'impronta del suo fervore, del suo spirito liberale.
E voi, illustri colleghi, non avete dimenticato le parole inspirate da sollecitudine reverente, quasi affannosa, con le quali Egli invocava dal Ministero il soccorso ai monumenti mantovani minaccianti rovina; l'ardore con cui ne descriveva le forme mirabili e la storia; la campagna da lui iniziata e coraggiosamente condotta, perché il palazzo Farnese, gloria d'Italia, appartenesse per sempre all'Italia.
Gli esempi alti, nella sua famiglia, del patriottismo, delle cospirazioni sfidanti serenamente il martirio infiammarono e guidarono sempre l'anima sua, perennemente giovanile, verso l'ideale di un'Italia forte, gloriosa, al di sopra di ogni meschino confine di regione, d'ogni spirito gretto di partito. La patria per lui era quella di Tito Speri, “la madre che chiama i suoi figli”. Ed egli a questa voce ha sempre obbedito.
Devoto a queste nobili tradizioni lavorò per la concordia, per lo svolgimento liberale delle nostre istituzioni, cui prestò ossequio sicuro, a fronte alta, anche quando, affermando fieramente la sua fede, vedeva sfuggirli il non ambito favore popolare.
La memoria di Silvio Arrivabene sarà sempre cara alla patria; esempio di una vita senza macchia e senza paura, che attinse la sua nobiltà e la sua forza dai più puri ideali.
Voglia il Senato consentirmi nella proposta pietosa di mandare alla famiglia desolata dell'amatissimo nostro collega una parola di rimpianto. Essa vorrà dire a quelle anime prostrate che il loro dolore è pure nostro dolore. (Approvazioni vivissime).
MORTARA. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MORTARA. Come concittadino del compianto nostro collega, e già suo collega, molti anni or sono, nei consessi amministrativi della nostra città natale, io sento, più che il dovere, l'impulso irresistibile del cuore che mi induce ad associarmi alle nobili, doverose e sincere manifestazioni di compianti per tanta perdita, espresse dal nostro onorevole Presidente e dal carissimo collega senatore Tamassia. (Bene).
Silvio Arrivabene entrò in questa Camera vitalizia portando una eredità morale di grandissimo pregio; egli doveva sostenere qui la dignità altissima del nome che nel Senato italiano aveva fatto brillare e venerare per molti anni Giovanni Arrivabene, il martire cospiratore del 1821, il compagno di Silvio Pellico e di Maroncelli.
Egli adempì il dovere che questo onore altissimo gli imponeva con quell'entusiasmo di devozione alla patria, con quel sentimento di abnegazione per adempiere tutti i suoi doveri di cittadino e di legislatore di cui è testimonianza l'omaggio resogli dal Senato quando lo volle membro, per molti anni, del proprio Ufficio di Presidenza, contendendo al suo desiderio di abbandonarlo allorché la salute, già declinante, gli impose di ritirarsi.
Io lo ricordo egualmente acceso di patriottismo e di devozione ai più elevati ideali, nei Corpi pubblici della nostra città nativa, nei quali ebbi la fortuna di conoscerlo e di apprezzarlo.
Mi associo alla proposta, che non dubito sarà accolta dal Senato, fatta dal collega Tamassia, perché sia trasmessa l'espressione del sentimento di dolore del Senato alla famiglia del nostro compianto amico e collega. Aggiungo la preghiera che eguali sentimenti siano manifestati alla città nativa del senatore Arrivabene. (Approvazioni).
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno.Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOLITTI, presidente del Consiglio, ministro dell'interno.A nome del Governo, mi associo al dolore di quest'alta Assemblea per la perdita del senatore Arrivabene. Il Presidente di quest'Assemblea ha ricordato i grandi servizi che egli ha reso al paese. Io, anche in questo momento, debbo ricordare che molti anni or sono fui in dissenso con lui sopra una importante questione di politica interna, in quest'Aula; ma allora pure dovetti ammirare la saldezza delle sue convinzioni, la sincerità delle sue idee e la grande cortesia di modi, con la quale egli sosteneva una tesi diametralmente contraria alla mia.
Questo ricordo di un'antica discussione, fatta in modo così alto in quest'Assemblea, io ho creduto di portare innanzi al Senato per dimostrare come la diversità di opinioni non può mai turbare la profonda stima per una persona che ha reso così alti servizi al paese. (Vive approvazioni).
PRESIDENTE. Sicuro dell'approvazione del Senato, darò esecuzione alle proposte dei senatori Tamassia e Mortara.

Senato del Regno, Atti parlamentari.Discussioni,12 marzo 1913.