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ARBIB Edoardo

27 luglio 1840 - 06 marzo 1906 Nominato il 04 marzo 1904 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza Toscana

Commemorazione

 

Atti Parlamentari - Commemorazione
Tancredi Canonico, Presidente

Signori senatori! Sembra fatale per la nostra Assemblea che non vi sia sospensione di lavori senza che abbiamo a rimpiangere quale collega. [...]
Un'altra perdita inaspettata abbiamo fatto l'altro giorno, 6 marzo, nel senatore Edoardo Arbib. Noi lo avevamo veduto vivace e festivo il giorno prima nelle sale del Senato; ed alle 15 del domani un colpo apoplettico lo aveva già reso cadavere.
Nato a Firenze il 27 luglio 1840, l'intera sua esistenza fu una vita di lavoro e di lotta.
Costretto per la morte del padre a troncare gli studi, tenne per alcun tempo un modestissimo impiego nella tipografia Barbèra. Ma appena scoppiata la guerra del 1859, corse ad arruolarsi volontario nei Cacciatori delle Alpi, partecipando a tutta la campagna.
Tornato dopo la pace di Villafranca al suo ufficio, lo interruppe di nuovo ben presto per seguire nel 1860 Garibaldi in Sicilia; e fu promosso sottotenente pel suo singolare valore alla battaglia di Milazzo. Entrato quindi nell'esercito nazionale, se ne ritirò dopo l'infausta campagna del 1866, con due medaglie al valor militare.
Si diede d'allora in poi alla vita giornalistica; collaborando, prima, nella Nazione, poi dirigendo il Corriere della Venezia, indi la Gazzetta del popolo di Firenze. Seguì nel 1870 le truppe italiane a Roma: e quivi fondò subito il giornale quotidiano La libertà, che seppe serbarsi immune da ogni gretto spirito partigiano, sostituito poi nel 1886 da una rivista settimanale col medesimo titolo.
Dal 1879 al 1892 fu eletto deputato in cinque legislature: due volte a Viterbo, due a Perugia ed una volta a Rieti; e il 4 marzo 1904 venne nominato senatore.
Fu egli principalmente che contribuì a costituire il sodalizio Italia e Casa Savoia, e promosse attivamente l'Associazione della stampa periodica.
Né si limitava la sua attività letteraria alle sole colonne dei giornali da lui diretti; egli pubblicò altresì non pochi racconti e romanzi, alcuni assai pregevoli, come ad esempio Il marito di quarant'anni, Rabagas banchiere, Le Catene, ed altri.
Coraggioso ed intrepido sui campi di battaglia, non lo era meno nelle lotte parlamentari.
Nella sua parola facile e chiara vibrava sempre la giovinezza della nota patriottica, con cui scolpiva il suo pensiero senza fronzoli e senza ambagi.
Riammogliatosi da poco tempo, rallegrato dalla recente nascita di un bambino, pareva entrato in una seconda giovinezza.
Lavoratore indefesso, uso ad alzarsi per tempissimo, oltre alle ordinarie sue occupazioni, egli attendeva da parecchio tempo a scrivere una storia del Parlamento, quale riassunto del periodo di storia contemporanea da lui vissuta: e vi lavorava con speciale amore.
Tutto questo è ora troncato a mezzo: dov'era la serenità e la gioia domestica, è ora la mestizia e il dolore.
All'annunzio improvviso e funesto, tutto il Senato ne fu profondamente colpito. Possa l'unanime nostro rimpianto riuscire di qualche conforto (benché troppo povero dinanzi a tanta sciagura) per l'angosciata famiglia! (Benissimo).[...]
BOSELLI, ministro della pubblica istruzione.Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BOSELLI, ministro della pubblica istruzione. Con cordoglio pari a quello manifestato dall'illustre Presidente del Senato del Regno, il Governo si associa al compianto del Senato e del paese per la perdita di alcuni tra i componenti di questo altissimo consesso. Le perdite che in esso avvengono, toccano in modo particolare il pensiero e l'animo del paese, perché qui in mezzo a voi, onorevoli senatori, si accolgono coloro che ne esprimono, in modo eminente, i ricordi patriottici e i servigi e le virtù amministrative e intellettuali e le operosità economiche. [...]
Mi associo ancora in nome del Governo alle parole di compianto colle quali il Presidente del Senato, il quale possiede le eleganze della parola, come possiede gli affetti delicati dell'animo, espresse il dolore del Senato per la morte così repentina del senatore Arbib. Egli appartenne al Parlamento italiano operosamente e studiosamente, e scrisse del Parlamento italiano con vero culto per le tradizioni più degne e più memorabili della nostra vita nazionale. Egli, in mezzo alla politica più ardente, serbò cordialità di sentimento ed è a questa cordialità che io personalmente mando un saluto amichevole, mentre in nome del Governo del Re mi associo ancora una volta alle parole che il Presidente del Senato eloquentemente ha pronunziato. (Bene).
CAVALLI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
CAVALLI. Mi si permetta di associarmi a quanto ha detto l'illustre nostro Presidente colla espressione del più sincero compianto per la perdita del nostro commilitone, e valorosissimo commilitone, Arbib e col mandare ad esso un saluto a nome de' suoi compagni d'armi.

Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 9 marzo 1906.