ALLIEVI Antonio
28 febbraio 1824 - 29 maggio 1896 Nominato il 12 giugno 1881 per la categoria 03 - I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio provenienza LombardiaCommemorazione
Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente
Signori senatori! Nacque il senatore Antonio Allievi, in Greco Milanese, l'anno 1824 il ventottesimo giorno di febbraio.
Nell'Università di Pavia studiò la legge. Volontà tenace; non deviare dalla meta, non torcerne mai l'animo, diedero vigore al naturale buon ingegno. A questo ed allo studio indefesso dovette il nome che Lui, nato di popolo, sin da scolaro sollevò e fece emergere nella vita pubblica subito entrata. Dall'Università aveva appartenuto alle congreghe di giovani, di studiosi, che la sollevazione di Milano prepararono. Nel fervore dell'età, nell'ebbrezza degli eventi accarezzò, seguì gli ideali onde i cuori si commuovono, si appassionano le menti giovanili: era stato cospiratore, fu pubblicista banditore di audacie.
Rioccupata dagli stranieri Milano riparò a Firenze; vi continuò a scrivere sui giornali: fra le agitazioni politiche continuò a studiare. Oltre alle materie giuridiche, coltivò la pubblica economia; al non ordinario sapere di questa e di quelle facevano corona la storia, l'arte, la letteratura: tornato che fu in Lombardia insegnò giurisprudenza quale privato docente. Gli anni e l'esperienza gli avevano scoperto la vanità de' sistemi sociali o politici campati fuori della realtà; le vuote nebulosità, la impotenza della disperazione, per conquistare la indipendenza, gli apparvero evidenti. Solo sforzo da ciò, un fascio di volontà concordi, di tutti attorno alla sola forza d'Italia: il popolo, il Governo, l'esercito, il Re di Piemonte. Obliando le discordie, si unì con altri egregi a tenere su gli animi, a destare, a confortare, ad indirizzare la pubblica opinione, preparatrice della pubblica vendetta. Il Crepuscolo, nel quale collaborò, destreggiandosi fra le spire della censura e le spine della polizia, fu insegna della nuova via; le discussioni, le doglianze legali stupefecero, svigorirono i dominatori. All'ingrossare dei tempi, per avere su di un glorioso feretro evocate le prodezze dei difensori di Roma, ad incitamento di altri strenui, a speranza di altre glorie italiane, dovette cercare scampo a Torino.
Rientrò a Milano a fianco del primo commissario che libera la governò; indi ebbe brevi uffici nel Ministero dell'interno, in quello delle finanze e fra i referendari del Consiglio di Stato. Direttore dal 1861 al 1866 del maggiore giornale milanese; nella Camera dei deputati, per i collegi di Barlassina, di Desio e di Macerata durante quattro legislature (VII-VIII-IX-XIII); in Senato, ove entrò il 12 giugno 1881, mostrò soda dottrina. Io non potrei ridire ad una ad una le relazioni che dettò, i discorsi che profferì, tanti e così vari argomenti dal versatile scrittore, dall'oratore pacato e stringente, furono trattati. Perché è da considerare come egli discutesse le tariffe daziarie, la moneta, le ferrovie, le imposte, i trattati di commercio, i bilanci, il credito fondiario, le pensioni, gli organici; come, sopra i più ardui temi politici, ragionasse con elevatezza di pensiero, con abbondanza di idee, con copia di cognizioni, con maturità di consiglio. Sollecito dell'istruzione e della educazione della gioventù, raccomandò, promosse la ginnastica ed il tiro a segno; affinché petti robusti ed animi gagliardi rinvigorissero le menti; e menti ed animi e petti stessero pronti alla patria difesa: supremo precetto, ansiosa cura con che la generazione la quale sentì sul collo i soldati stranieri, e vide e pianse lo scempio d'Italia, ammonì le sopravvenute.
Nell'ultima guerra d'indipendenza commissario a Rovigo, usò l'autorevolezza della persona contegnosa e grave, i molteplici partiti suggeritigli dalla mente ferace, da singolare conoscenza d'uomini e pratica di pubbliche faccende, il patriotta della prima ora fu lieto di dare opera al trionfo della gran causa in un ufficio, cui la novità del Governo ed i casi straordinari, davano somma importanza. Dopo, e a quasi tutto l'anno 1871, resse la cospicua Provincia di Verona, bene accetto agli amministrati, lodato.
Ritornato in condizione privata, quantunque nuovamente deputato e poi senatore, a poco a poco dalla politica militante si allontanò.
Da allora si volse a dirigere un grande Istituto di credito, ad amministrare intraprese industriali; da allora indirizzò una delle nostre maggiori aziende ferroviarie. Incappò nelle fasi, subì le vicende, fu rudemente colpito dalle rovine con che una crisi economica lunga ed ostinata travolse la pubblica e le private fortune.
Ineffabili dolori lo contristarono; una cocente amarezza ne turbò, ne afflisse gli ultimi giorni: morì in Roma nel mattino di ieri.
Siangli ristoro le lacrime con che i figli lo composero nella bara: la pietà con la quale noi seguimmo la crudele infermità e la straziante agonia; il dolore con che ne apprendemmo la morte, diano a lui requie.(Benissimo, approvazioni).
GADDA. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
GADDA. Alla commemorazione del defunto collega Allievi fatta dall'illustre nostro Presidente, io non dovrei osare di aggiungere parola, perché non mi è possibile parlare con altrettanta autorità e con forma e pensiero tanto elevato. Ma a me amico e compagno di Allievi fino dalla prima giovinezza, incombe come un pio dovere l'esprimere innanzi a voi il mio dolore per la perdita di questo collega che ebbe la mia affezione e la mia stima durante tutta la sua vita.
Io lo seguii con fraterno interessamento nelle diverse sue vicende, ed ora sento il dovere di dichiarare che quella affezione e quella stima che mi legò a lui dai primi anni, andò sempre crescendo per la sua bontà di animo e per la sua condotta.
Egli era entrato nella vita povero, e col solo ingegno e col lavoro si era aperta ben presto una strada onorevole e bella. Ebbe però il patrocinio migliore, quello che dà la base più solida alla fortuna ed alla stima pubblica, ebbe il patrocinio dei suoi compagni coetanei che, dai primi passi della vita, lo riconobbero e proclamarono subito distintissimo fra i migliori per ingegno e per dottrina.
Quando giovanissimo ancora si diede all'insegnamento, e col suo compagno ed amico Antonio Mosca, che fu poi luminare del foro lombardo, aprì in Milano una scuola privata per gli studi del diritto e dell'economia pubblica, la migliore gioventù accorse alle lezioni dei giovani maestri, e tributando ad essi un plauso meritato preparò a loro la gloria e la fortuna. Io non voglio né devo seguire le diverse fasi della vita del nostro compianto collega, perché il nostro Presidente ne ha già fatto chiara e completa esposizione; solo desidero di fermare la vostra attenzione sopra un fatto che ebbe tanta influenza sulle sue future vicende. Voglio alludere a quel momento in cui, nel 1871, abbandonò l'amministrazione pubblica, nella quale aveva ottenuti brillanti risultati, per assumere la direzione di un istituto di banca.
L'Allievi venne a quella deliberazione dopo molta titubanza, e vi fu indotto da due considerazioni egualmente lodevoli e che mostrano il suo cuore e la sua mente.
L'una fu la grande affezione per la sua famiglia, il desiderio di provvedere con maggiore larghezza di mezzi alla educazione dei suoi figli. Il modo con cui corrisposero i figli alle cure del padre, dimostrò poi come l'Allievi avesse ragione di seminare largamente in così fecondo terreno. La sua famiglia formò il suo giusto e naturale orgoglio nei giorni felici; come fu il più grande, il più vero conforto nei giorni del dolore.
L'altra considerazione, da cui fu condotto l'Allievi ad accettare la direzione d'una banca, onora la sua mente. Era il momento in cui la conquista della capitale Roma, dando all'Italia il suo coronamento, pareva aprisse l'orizzonte ad un'era nuova di lavoro, alla fortuna dei nostri commerci e delle nostre industrie. Chiamare i capitali a secondare col loro concorso questo avvenire promettente doveva a un uomo dell'ingegno e degli studi di Allievi sembrare opera opportuna ebella perché rispondeva ai bisogni del paese. Non era possibile che in quelle condizioni potesse egli respingere il pressante invito che gli veniva da diversi capitalisti, principalmente milanesi, per assumere la direzione di un nuovo istituto di banca che si proponesse di aprire alle industrie le fonti del credito.
Quel programma attraente e grande in gran parte corrispose alle date speranze e si può dire che molta parte delle industrie che ora sono fiorenti in Lombardia, ebbero vita ed incremento da questa ampliata applicazione del lavoro bancario, del quale la Banca generale fu uno dei principalissimi e utili fattori.
Non è questo il momento di esaminare i gravi e molteplici problemi che la storia delle banche presenta fra noi: e neppure io devo ora ricordare come da una grande altezza a cui era onorevolmente salita, la banca diretta dall'Allievi, sia stata travolta nella crisi generale dei nostri principali istituti di credito. Sono fatti troppo dolorosi e troppo recenti, né si possono esprimere senza provare una emozione eccessiva.
Parlando dell'amico nostro dirò solo che egli muore povero e che egli fu tra le principali vittime della caduta del suo istituto. Il solo conforto che egli ebbe in questa sventura fu che il suo nome non solo uscì purissimo dalle dure prove che dovette subire, ma uscì degno di altissima onoranza per la riconosciuta sua lealtà, per il suo disinteresse, per il suo nobile carattere: e questo giudizio non è solo formato qui fra noi, suoi amici e colleghi, ma io ebbi ora a Milano la mesta compiacenza di sentirlo ripetere da onorevolissime persone che ebbero a soffrire gravi perdite dalla liquidazione della Banca generale: esse mi fecero dell'Allievi i più grandi elogi per le sue qualità morali, e quasi dimentiche dei propri danni, le sentii deplorare le sventure che avevano colpito l'Allievi e la sua famiglia.
Questa grande onorabilità del nome, èla sola eredità che lascia ai suoi figli, ma è per essi un tesoro che prevale ad ogni altra fortuna. (Vive approvazioni).
PRESIDENTE. Ha la parola il signor senatore Cannizzaro.
CANNIZZARO. Chi tesserà la storia del notevole sviluppo industriale della Lombardia negli ultimi anni, dovrà riconoscere la grande ed efficace influenza della Società d'incoraggiamento di Milano, colle sue scuole, colle varie pubblicazioni e con ogni altro modo di aiuti e di incitamenti. A quest'opera benefica prese non piccola parte il mio compianto amico il senatore Allievi.
Mi torna in questo momento vivissima la memoria di una riunione della Società d'incoraggiamento a Milano, che ebbe luogo dopo il 1859, quando un nuovo orizzonte di rosee speranze si aprì ai patrioti italiani. A quella riunione intervenni io pure, invitatovi dal benemerito Tenca, affine di prender parte alla discussione di vasti progetti per estendere l'opera educatrice industriale in tutta la penisola, opera che aveva prodotto sì benefici effetti in Lombardia. Io non posso dimenticare che tra i più caldi ed entusiastici propugnatori di quella benefica propaganda fu l'amico Allievi al quale in quella occasione mi strinsi con legami di amicizia che non si sono mai più rallentati.
Dopo il 1871 l'ho riveduto a Roma, e l'ho trovato animato dalla medesima viva fede nell'efficacia morale ed economica della scienza.
Ed anche in questi ultimi giorni, sul letto di morte, dove con filosofica rassegnazione prevedeva ogni cosa per la sua prossima fine, in dati momenti egli cercava conforto nei recenti disinganni colla speranza che il movimento scientifico italiano si sarebbe ravvivato ed avrebbe influito a rianimare la vita economica ultimamente depressa.
In tutti i rapporti che negli ultimi anni ho avuto col senatore Allievi non ho udito da lui altro che alti e nobilissimi propositi anche in quei momenti nei quali la dura realtà avrebbe dovuto spegnerli. Queste parole, come quelle dell'onorevole Presidente e del collega Gadda, potranno riuscire di conforto alla desolata famiglia, alla quale io propongo che il Senato rivolga parole di condoglianza. (Benissimo).
COLOMBO, ministro del tesoro.Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
COLOMBO, ministro del tesoro.Amico del compianto senatore Allievi fin dai primi anni della gioventù ed ammiratore costante delle alte doti del suo intelletto e dell'animo suo, comprendo e divido il cordoglio del Senato per la sua perdita.
L'onorevole Cannizzaro ha parlato della Società d'incoraggiamento di Milano. Io ho cominciato la mia carriera presso cotesta società, sorretto dai consigli e dall'amicizia del senatore Allievi, e non posso che rammentare con sentimento di profondo affetto gli amichevoli rapporti che da allora incominciarono tra lui e me.
Poiché ho l'onore di rappresentare oggi davanti al Senato il Governo, io mi associo al lutto del Senato ed alle nobili parole pronunciate in commemorazione dell'illustre estinto dall'onorevole Presidente, dal senatore Gadda e dal senatore Cannizzaro.
PRESIDENTE. Come il Senato ha udito, il senatore Cannizzaro propone di porgere le sue condoglianze alla famiglia del senatore Allievi.
Chi approva questa proposta è pregato di alzarsi.
(Approvato).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 30 maggio 1896.