Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale
Commissione parlamentare per il parere al Governo sulle norme delegate previste dalla legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale
Sintesi
VII legislatura (5 luglio 1976 - 19 giugno 1979)
VIII legislatura (20 giugno 1979 - 11 luglio 1983)
La Commissione, composta da 10 senatori e 10 deputati, fu nominata al Senato e alla Camera rispettivamente l'11 aprile e l'8 maggio 1979.
Per l'VIII legislatura fu nominata al Senato e alla Camera il 20 novembre 1979.
Presidente: sen. Del Nero Alberto.
Il disegno di legge Istituzione del Servizio sanitario nazionale, di iniziativa governativa, fu presentato alla Camera (n. 1252) il 16 marzo 1977 e assegnato il 26 aprile, per l'esame in sede referente, alla Commissione Igiene e Sanità assieme ai disegni di legge di analogo contenuto nn. 971, 1105, 1145 e 1271. L'esame in Commissione si interruppe più volte (iniziato il 27 aprile 1977, continuò dal 3 all'11 maggio, poi dal 6 al 28 luglio, il 14 e il 29 settembre, dal 5 ottobre al 7 dicembre 1977), tuttavia la Commissione presentò una relazione di maggioranza (n. 1252-971-1105-1145-1271-A) e una di minoranza (n. 1252-971-1105-1145-1271-A-bis) che proponevano all'Assemblea un testo unificato dei disegni di legge citati. La discussione in Assemblea iniziò il 13 dicembre 1977 e proseguì anch'essa intervallata da pause fino al 22 giugno 1978, quando il disegno di legge fu approvato. Trasmesso al Senato (n. 1291) il 7 luglio, il suo esame in sede referente fu deferito alla Commissione Sanità e si svolse dal 4 ottobre al 29 novembre 1978. La discussione in Assemblea si svolse dal 12 al 15 dicembre, data in cui venne approvato con emendamenti. Trasmesso di nuovo alla Camera (n. 1252-971-1105-1145-1271-B) il 19 dicembre, venne esaminato dalla Commissione Igiene e Sanità, in sede referente, il 20 dello stesso mese e discusso e approvato definitivamente dall'Assemblea il giorno seguente. Divenne la legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Questa legge prevedeva numerose deleghe legislative in capo al Governo, specificando per ognuna i principi e criteri direttivi a cui esso doveva ispirarsi nell'emanarle. Le deleghe riguardavano: l'istituzione dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (art. 23); l'emanazione di un testo unico in materia di sicurezza del lavoro, unificando e innovando la legislazione vigente (art. 24); la disciplina dell'assistenza sanitaria agli italiani all'estero, ai cittadini del comune di Campione d'Italia ed al personale navigante (art. 37); l'emanazione di decreti per disciplinare gli Istituti di ricovero e di cura a carattere scientifico (art. 42); l'emanazione di decreti per disciplinare lo stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali (art. 47). Per l'esercizio di tali deleghe erano richiesti i pareri espressi da questa Commissione consultiva, istituita ad hoc, composta da 10 deputati e 10 senatori nominati, in rappresentanza proporzionale dei gruppi parlamentari, dai Presidenti delle rispettive Camere.
La riforma rappresentata dall'istituzione di un Servizio sanitario nazionale era, nell'ottica del Governo, la testimonianza di voler far corrispondere l'azione governativa alle indicazioni della Carta costituzionale, particolarmente all'articolo 32 della Costituzione che così recita: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Gli obiettivi del disegno di legge erano quelli indicati nella relazione che lo accompagnava, ossia «1. la tutela "globale" della salute, fondata sulla prevenzione delle cause di insorgenza delle malattie e sulla predisposizione di strutture adeguate per interventi sia a livello individuale che collettivo; 2. un impiego programmato delle risorse reali dello Stato e degli enti locali, tale da assicurare, anche nel settore sanitario, una crescita dei livelli di libertà, di democrazia e di giustizia sociale per gli individui, per i gruppi sociali, in particolare per quelli che dispongono di più limitati mezzi materiali, per la comunità; 3. soluzioni adeguate e moderne, non solo in armonia con le direttive comunitarie ma anche sulla scorta di esperienze internazionali, per i problemi legati alla contaminazione ambientale, specie di origine industriale, e per le insidie che possono derivare alla salute dagli alimenti».
La riforma del sistema assistenziale sanitario si era resa necessaria anche in vista della estinzione degli enti mutualistici prevista dalla legge 17 agosto 1974, n. 386, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, recante norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria: il trasferimento delle competenze degli enti mutualistici avrebbe potuto creare un vulnus e tradursi in una lesione, per l'assistito, del diritto alla tutela della salute. D'altronde, il sistema assistenziale basato sugli enti mutualistici era stato, fin dalla sua istituzione, orientato principalmente alla cura della malattia e molto meno alla prevenzione, ottica che invece, anche nel sentire collettivo, si stava imponendo in quegli anni. Nella relazione che accompagnava il disegno di legge si affermava: «La mutualità, alla quale va riconosciuto il merito di aver assicurato a gran parte della popolazione l'assistenza sanitaria, sta esaurendo il suo compito nell'attuale contesto sociale italiano. È convinzione largamente diffusa che sia necessario un ribaltamento degli obiettivi, attraverso il rilancio della prevenzione e operando in direzione della salvaguardia e della tutela dello stato di benessere psico-fisico del cittadino» (Atto Camera n. 1252, VII legislatura).
Già nella VI legislatura erano stati presentati alla Camera alcuni disegni di legge che prevedevano l'istituzione di un servizio sanitario nazionale: uno governativo (n. 3207) e alcuni di iniziativa parlamentare (nn. 2239, 352, 2620) i quali, a causa della fine anticipata della VI legislatura, videro interrotto il loro iter in Parlamento. Tuttavia l'esame che la Commissione Igiene e sanità della Camera aveva, in quell'occasione, svolto non fu inutile, avendo essa approvato un testo unificato che andò poi a costituire la base del testo presentato dal Governo nella VII legislatura.
Nella seduta del 13 dicembre 1977 all'Assemblea di Montecitorio la discussione dei disegni di legge nn. 1252-971-1105-1145-1271 iniziò con la presentazione, da parte del deputato radicale Mauro Mellini, di una questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità in merito ai trattamenti sanitari obbligatori previsti dall'articolo 30 del progetto redatto dalla Commissione. Nella stessa data Mellini presentò anche una questione sospensiva, sempre in merito allo stesso articolo 30, nel comma in cui prevedeva l'abrogazione della legge 14 febbraio 1904, n. 36. In quest'ultimo caso la questione sospensiva (ossia la richiesta di sospendere la discussione dell'articolo citato) era motivata dal fatto che il 30 giugno 1977 era stata depositata presso la cancelleria della Corte suprema di Cassazione la richiesta di referendum abrogativo di alcuni articoli della legge citata, «richiesta che l'ufficio centrale per i referendum [...] ha dichiarato corredata da un numero sufficiente di firme ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione e 32 della legge 25 maggio 1970, n. 352» (Camera dei deputati, Assemblea, seduta del 13 dicembre 1977). Tutto ciò sollevava la delicata «questione dei rapporti tra il potere legislativo, per così dire, ordinario e l'altra forma di potere legislativo, previsto dalla Costituzione con l'articolo 75», ossia il rapporto tra legge e referendum popolare, costituendo «una manifestazione più abnorme del concorso di poteri diversi nell'esercizio dello stesso potere legislativo» (Camera dei deputati, Assemblea, seduta del 13 dicembre 1977). La questione pregiudiziale si riferiva invece, come abbiamo detto, alla costituzionalità dell'articolo 30 del testo della Commissione che, nella visione di Mellini, andava a confliggere con l'articolo 32 della Costituzione nel punto in cui viene detto che «nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge». I trattamenti sanitari obbligatori previsti nel disegno di legge non avrebbero rispettato la riserva di legge in materia stabilita dalla Costituzione, contemplando che potessero essere disposti semplicemente dall'autorità sanitaria amministrativa. Entrambe le questioni presentate da Mellini furono respinte dall'Assemblea.