Mercato mobiliare e società per azioni
Commissione parlamentare per il parere al Governo in materia di mercato mobiliare e di società per azioni
Sintesi
VI legislatura (25 maggio 1972 - 4 luglio 1976)
La Commissione, composta da 15 senatori e 15 deputati, fu nominata al Senato e alla Camera il 4 luglio 1974.
La particolare congiuntura economica che investì l'Italia all'inizio degli anni ‘70 ebbe notevoli ripercussioni sulla vita del Paese e anche sulla produzione legislativa del Parlamento italiano. L'aumento del costo del petrolio imposto dall'OPEC (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio), dalle cui decisioni dipendeva in sostanza la sorte dei Paesi industrializzati, fu uno dei principali motivi della grave crisi economica italiana di quegli anni: in una situazione inflazionistica mondiale e in un sistema economico come quello italiano, contraddistinto da un'elevata dipendenza dalle importazioni di materie prime e di beni di investimento, tale situazione ebbe pesanti conseguenze sulla bilancia dei pagamenti del nostro Paese, contraendo il comparto industriale e portando a una parziale rivalutazione dell'agricoltura, precedentemente trascurata negli anni dell'industrializzazione della nostra economia. Le pesanti misure di austerità che vennero stabilite (le "domeniche a piedi" e la circolazione delle automobili a targhe alterne), l'aumento del costo della vita che testimoniò il fallimento di fatto della politica di blocco dei prezzi, la svalutazione della lira, furono tutte condizioni (non le uniche) che il Governo dovette fronteggiare.
In tale situazione il Governo decise di mettere mano anche alla disciplina delle società per azioni per cercare di riattivare così il flusso degli investimenti verso i settori produttivi particolarmente provati dalla difficile congiuntura e restituire a tale forma d'investimento la fiducia dei risparmiatori; ci si attendeva una maggiore disponibilità di risparmio da fare affluire alle imprese per sollecitare gli investimenti, la produzione e l'occupazione. A tale proposito esso aveva emanato il decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95.
Come si legge nella relazione che accompagnava il relativo disegno di legge di conversione, «il provvedimento, caratterizzato da questo precipuo scopo, non intende, dunque, anticipare tutti i lineamenti di una organica riforma delle società per azioni, ma ritiene di proporre una soluzione ad alcune delle più sentite esigenze del mercato mobiliare messa in evidenza dalle più recenti esperienze. In questo quadro si è inteso concentrare il controllo sulle società, le cui azioni sono quotate in borsa, presso un unico ed autonomo organismo al quale sono attribuiti ampi poteri di vigilanza e di intervento». L'efficacia del controllo era assicurata, nell'ottica del proponente, da «una maggiore trasparenza dei rapporti intercorrenti tra società e azionisti, nonché una esatta individuazione di quelle posizioni tendenti ad acquisire, in forma diretta o indiretta, posizioni dominanti in seno all'organismo societario, attuate attraverso distorsioni dell'istituto delle società per azioni, pur non ponendo in discussione la validità dell'istituto nel suo complesso» (Atto Camera n. 2903, VI legislatura).
Il decreto istituiva, quindi, una Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, un organo collegiale che aveva sede a Roma e che rispondeva alla «esigenza di un sistema di pubblico controllo delle società ammesse alla quotazione di borsa e di un'efficace e penetrante vigilanza sul funzionamento delle borse valori». La Commissione sarebbe stata composta da un Presidente e da 4 membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri; i membri sarebbero stati scelti in base a requisiti sia di competenza che di moralità; il loro mandato avrebbe avuto durata quinquennale rinnovabile per una sola volta. La Commissione poteva avvalersi anche di esperti assunti con contratto a tempo determinato. Il provvedimento governativo precisava anche gli altri poteri della Commissione; esso introduceva la cosiddetta «cedolare secca» (ossia una ritenuta del 30% sugli utili distribuiti dalle società a titolo definitivo d'imposta), ma conteneva anche altre norme dirette ad una diversa regolamentazione del mercato mobiliare.
Il provvedimento fu in seguito ampliato dal Parlamento in sede di conversione: il relativo disegno di legge fu presentato alla Camera (n. 2903) il 9 aprile 1974 e assegnato per l'esame in sede referente alla Commissione Finanze e Tesoro che l'esaminò nel maggio 1974; discusso dall'Assemblea di Montecitorio dal 27 al 29 maggio, fu approvato, con emendamenti, in quest'ultima data. Trasmesso al Senato (n. 1666) il 1° giugno 1974 e assegnato per l'esame in sede referente alla Commissione Finanze e Tesoro, fu da questa esaminato il 3 e il 4 giugno, per poi essere discusso dall'Assemblea di Palazzo Madama dal 4 al 6 giugno 1974, quando fu approvato definitivamente. Divenne la legge 7 giugno 1974, n. 216.
La previsione della Commissione consultiva che qui trattiamo fu inserita durante l'esame del disegno di legge presso la Commissione Finanze e Tesoro della Camera: ne nacque una delega al Governo al fine di emanare le norme di attuazione e transitorie in merito alla nuova disciplina, sulle quali era richiesto il parere di una Commissione parlamentare consultiva composta da 15 deputati e da 15 senatori.