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serie 12 Presidenza del Senato della Repubblica (1987 - 1994)

unità di conservazione

faldoni 1-54

Giovanni Spadolini viene eletto Presidente del Senato al primo scrutinio nel luglio 1987 e ricopre questa carica per l'intera durata della decima e undicesima legislatura: dal 2 luglio 1987 al 22 aprile 1992 e dal 24 aprile 1992 al 14 aprile 1994. Il 2 maggio 1991, all'indomani della morte di Cesare Merzagora, viene nominato senatore a vita da Francesco Cossiga. Dal 1972 Spadolini era stato eletto senatore nel collegio di Milano e anche per questo "sodalizio" con la città di Milano egli amava definirsi "fiorentino di nascita, milanese di adozione". Per coerenza col mandato "super partes" che la seconda magistratura dello Stato gli imponeva al momento della elezione alla presidenza del Senato lasciò le responsabilità connesse alla guida del partito repubblicano. In qualità di presidente del Senato esercitò per due volte la funzione di presidente supplente della Repubblica, in occasione dei viaggi ufficiali del Capo dello Stato in Australia e Nuova Zelanda (1988) e a Chicago e Londra (1992) e dopo le dimissioni di Francesco Cossiga, nell'imminenza della scadenza del settennato presidenziale (1992).
Durante gli anni della sua presidenza al Senato furono fatti importanti progressi nell'opera di modernizzazione della macchina della Stato e del sistema istituzionale. Nella primavera del 1988 i due rami del Parlamento avevano concordato quattro punti per avviare le riforme istituzionali: 1) la riforma dei regolamenti parlamentari e del voto segreto; 2) la riforma della Presidenza del consiglio dei ministri; 3) la riforma delle autonomie locali; 4) la revisione costituzionale del bicameralismo. Questi obbiettivi erano la fedele proiezione del cosiddetto "decalogo istituzionale" che aveva segnato nell'agosto del 1982 la nascita del secondo governo Spadolini.
Forte era per Spadolini l'esigenza di superare un "malessere istituzionale" che covava da anni, dovuto al progressivo deterioramento del rapporto di fiducia tra società civile e poteri pubblici. Così si esprimeva in Aula, nel corso della discussione del bilancio interno del Senato per il 1990: "C'è un vento di malessere che percorre il paese, c'è un distacco dalle istituzioni rappresentative che porta ad un cupo brontolio di protesta, che suscita ragione d'allarme in tutti coloro che ritengono indissolubile il nesso fra progresso sociale e liberi ordinamenti… Si imputano al Parlamento le tensione eccessive di una lotta politica che nell'asprezza dei contrasti ritarda, complica e in più di un caso annulla le tempestive e indispensabili indicazioni legislative. Si scaricano sulla macchina delle istituzioni democratiche insufficienze, lacune, omissioni o colpe che hanno altre radici, che chiamano altre responsabilità".
La "centralità del Parlamento", il bicameralismo e l'identità dei poteri delle due camere erano "l'ispirazione della Costituente", ma la Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama doveva porsi come obiettivo di evitare gli appesantimenti derivanti dalle duplicazioni inutili fra Camera e Senato: dibattiti politici a distanza di pochi giorni, indagini conoscitive sugli stessi argomenti, doppioni di strumenti di ricerca e di documentazione. Per superare le difficoltà dei lavori parlamentari Spadolini ritenne necessario oltre alla riforma dei regolamenti lavorare anche al rafforzamento degli strumenti dell'attività di governo, per attenuare le incertezze e le oscillazioni della sua maggioranza. La legge sulla Presidenza del consiglio si proponeva di raggiungere questo traguardo con il coinvolgimento di tutte le forze costituzionali perché "un governo debole rende debole anche il Parlamento come un potere legislativo non completamente funzionante pregiudica l'attività dell'esecutivo". Tale interdipendenza gli appariva essenziale per il risanamento istituzionale. Con l'approvazione della riforma della Presidenza del consiglio, che riprendeva il filo del disegno di legge presentato nella primavera del 1982 dal suo primo governo, si era compiuto a suo giudizio un passo importante nell' opera di attuazione e di aggiornamento costituzionale secondo la linea di un "riformismo concreto e non messianico" in grado di modernizzare e razionalizzare la vita delle istituzioni.
"Risorgimentista e unitario convinto", Spadolini non perse mai l'occasione di ribadire anche negli anni della presidenza del Senato il significato positivo delle conquiste dello Stato unitario ispirate ai valori del Risorgimento. Questi valori dovevano essere connessi alla consapevolezza della profonda unità culturale dei popoli europei, vista da lui come la sola risposta positiva ai disorientamenti delle realtà nazionali.
Negli anni della Presidenza del Senato Spadolini pose inoltre con decisione il problema di un'autoriforma dei partiti per contenere la disaffezione e la sfiducia crescente dei cittadini verso la politica e per restituire agli stessi partiti le loro capacità di cogliere e guidare le spinte della società e di "produrre idee".
Da Presidente del Senato, così come da Presidente del Consiglio, Spadolini testimoniò con la sua attività il nesso inscindibile fra politica e cultura. Sono frequenti i consigli dati agli esponenti del Ministero dei Beni Culturali, da lui costituito nell'ultimo governo Moro (dicembre 1974); questa è stata per lui un'esperienza "vissuta con spirito pionieristico" per affrontare "battaglie che non potevano essere perdute". Nel 1991 Spadolini avviò un'opera alla quale teneva particolarmente, la creazione di una nuova sede per la Biblioteca del Senato collegata integralmente alla Biblioteca della Camera, in modo da formare un "unicum" come la Biblioteca del Congresso americano. La Biblioteca, che occupa l'antico palazzo della Minerva, è stata aperta al pubblico dopo la sua scomparsa e ne porta il nome.
Restò sempre ricca la sua attività editoriale e intensa la sua operosità di storico dell'Italia contemporanea. Gli uomini che fecero l'Italia nell'edizione definitiva pubblicata nel 1993 da Longanesi in un unico volume di quasi mille pagine fu uno straordinario successo, documentato dalla vasta diffusione.
Nel 1978 aveva "salvato" la rivista "Nuova Antologia" e nel 1980 l'aveva "affidata" alla Fondazione appositamente costituita, con decreto del Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Direttore fino alla morte, riuscì anche se con "immensa fatica", a curarne i quattro fascicoli annuali, di oltre 1600 pagine.
Consapevole dei gravi problemi che il paese si trovava a fronteggiare, Spadolini non approdò a Palazzo Madama, come a un "porto dorato". Nella corrispondenza di questi anni si ritrova un diffuso sentimento di "malinconia"; sentimento che, egli diceva, è stato "una nota costante della mia vita. E anche della mia prosa".
Giovanni Spadolini viene eletto Presidente del Senato al primo scrutinio nel luglio 1987 e ricopre questa carica per l'intera durata della decima e undicesima legislatura: dal 2 luglio 1987 al 22 aprile 1992 e dal 24 aprile 1992 al 14 aprile 1994. Il 2 maggio 1991, all'indomani della morte di Cesare Merzagora, viene nominato senatore a vita da Francesco Cossiga. Dal 1972 Spadolini era stato eletto senatore nel collegio di Milano e anche per questo "sodalizio" con la città di Milano egli amava definirsi "fiorentino di nascita, milanese di adozione". Per coerenza col mandato "super partes" che la seconda magistratura dello Stato gli imponeva al momento della elezione alla presidenza del Senato lasciò le responsabilità connesse alla guida del partito repubblicano. In qualità di presidente del Senato esercitò per due volte la funzione di presidente supplente della Repubblica, in occasione dei viaggi ufficiali del Capo dello Stato in Australia e Nuova Zelanda (1988) e a Chicago e Londra (1992) e dopo le dimissioni di Francesco Cossiga, nell'imminenza della scadenza del settenato presidenziale (1992).
Durante gli anni della sua presidenza al Senato furono fatti importanti progressi nell'opera di modernizzazione della macchina della Stato e del sistema istituzionale. Nella primavera del 1988 i due rami del Parlamento avevano concordato quattro punti per avviare le riforme istituzionali: 1) la riforma dei regolamenti parlamentari e del voto segreto; 2) la riforma della Presidenza del consiglio dei ministri; 3) la riforma delle autonomie locali; 4) la revisione costituzionale del bicameralismo. Questi obbiettivi erano la fedele proiezione del cosiddetto "decalogo istituzionale" che aveva segnato nell'agosto del 1982 la nascita del secondo governo Spadolini.
Forte era per Spadolini l'esigenza di superare un "malessere istituzionale" che covava da anni, dovuto al progressivo deterioramento del rapporto di fiducia tra società civile e poteri pubblici. Così si esprimeva in Aula, nel corso della discussione del bilancio interno del Senato per il 1990: "C'è un vento di malessere che percorre il paese, c'è un distacco dalle istituzioni rappresentative che porta ad un cupo brontolio di protesta, che suscita ragione d'allarme in tutti coloro che ritengono indissolubile il nesso fra progresso sociale e liberi ordinamenti… Si imputano al Parlamento le tensione eccessive di una lotta politica che nell'asprezza dei contrasti ritarda, complica e in più di un caso annulla le tempestive e indispensabili indicazioni legislative. Si scaricano sulla macchina delle istituzioni democratiche insufficienze, lacune, omissioni o colpe che hanno altre radici, che chiamano altre responsabilità".
La "centralità del Parlamento", il bicameralismo e l'identità dei poteri delle due camere erano "l'ispirazione della Costituente", ma la Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama doveva porsi come obiettivo di evitare gli appesantimenti derivanti dalle duplicazioni inutili fra Camera e Senato: dibattiti politici a distanza di pochi giorni, indagini conoscitive sugli stessi argomenti, doppioni di strumenti di ricerca e di documentazione. Per superare le difficoltà dei lavori parlamentari Spadolini ritenne necessario oltre alla riforma dei regolamenti lavorare anche al rafforzamento degli strumenti dell'attività di governo, per attenuare le incertezze e le oscillazioni della sua maggioranza. La legge sulla Presidenza del consiglio si proponeva di raggiungere questo traguardo con il coinvolgimento di tutte le forze costituzionali perché "un governo debole rende debole anche il Parlamento come un potere legislativo non completamente funzionante pregiudica l'attività dell'esecutivo". Tale interdipendenza gli appariva essenziale per il risanamento istituzionale. Con l'approvazione della riforma della Presidenza del consiglio, che riprendeva il filo del disegno di legge presentato nella primavera del 1982 dal suo primo governo, si era compiuto a suo giudizio un passo importante nell' opera di attuazione e di aggiornamento costituzionale secondo la linea di un "riformismo concreto e non messianico" in grado di modernizzare e razionalizzare la vita delle istituzioni.
"Risorgimentista e unitario convinto", Spadolini non perse mai l'occasione di ribadire anche negli anni della presidenza del Senato il significato positivo delle conquiste dello Stato unitario ispirate ai valori del Risorgimento. Questi valori dovevano essere connessi alla consapevolezza della profonda unità culturale dei popoli europei, vista da lui come la sola risposta positiva ai disorientamenti delle realtà nazionali.
Negli anni della Presidenza del Senato Spadolini pose inoltre con decisione il problema di un'autoriforma dei partiti per contenere la disaffezione e la sfiducia crescente dei cittadini verso la politica e per restituire agli stessi partiti le loro capacità di cogliere e guidare le spinte della società e di "produrre idee".
Da Presidente del Senato, così come da Presidente del Consiglio, Spadolini testimoniò con la sua attività il nesso inscindibile fra politica e cultura. Sono frequenti i consigli dati agli esponenti del Ministero dei Beni Culturali, da lui costituito nell'ultimo governo Moro (dicembre 1974); questa è stata per lui un'esperienza "vissuta con spirito pionieristico" per affrontare "battaglie che non potevano essere perdute". Nel 1991 Spadolini avviò un'opera alla quale teneva particolarmente, la creazione di una nuova sede per la Biblioteca del Senato collegata integralmente alla Biblioteca della Camera, in modo da formare un "unicum" come la Biblioteca del Congresso americano. La Biblioteca, che occupa l'antico palazzo della Minerva, è stata aperta al pubblico dopo la sua scomparsa e ne porta il nome.
Restò sempre ricca la sua attività editoriale e intensa la sua operosità di storico dell'Italia contemporanea. Gli uomini che fecero l'Italia nell'edizione definitiva pubblicata nel 1993 da Longanesi in un unico volume di quasi mille pagine fu uno straordinario successo, documentato dalla vasta diffusione.
Nel 1978 aveva "salvato" la rivista "Nuova Antologia" e nel 1980 l'aveva "affidata" alla Fondazione appositamente costituita, con decreto del Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Direttore fino alla morte, riuscì anche se con "immensa fatica", a curarne i quattro fascicoli annuali, di oltre 1600 pagine.
Consapevole dei gravi problemi che il paese si trovava a fronteggiare, Spadolini non approdò a Palazzo Madama, come a un "porto dorato". Nella corrispondenza di questi anni si ritrova un diffuso sentimento di "malinconia"; sentimento che, egli diceva, è stato "una nota costante della mia vita. E anche della mia prosa".

La serie della presidenza del Senato del fondo Giovanni Spadolini comprende tutta la documentazione che riflette direttamente le molteplici attività di natura politica, istituzionale e culturale svolte da Spadolini negli anni della Presidenza del Senato dal 1987 al 1994.

Storia archivistica

I documenti confluiti nella serie della presidenza del Senato provengono dagli uffici del Senato e sono pervenuti alla sede della biblioteca della Fondazione Spadolini Nuova Antologia dopo la morte di Spadolini.

Ordinamento e struttura

L'ordinamento coevo delle carte stabilito dallo stesso Spadolini e dai suoi collaboratori ha reso possibile individuare il chiaro indirizzo alla documentazione. L'ordinamento originario delle carte rivela l'attenzione a renderle facilmente reperibili ed è funzionale alla ricerca e ad indagini storiche e culturali.
Il riordinamento si è basato sulla rettifica dell'ordinamento precedentemente dato nel rispetto, là dove erano presenti, delle segnature originali di tipo alfanumerico. E' stato possibile individuare alcune sottoserie: il velinario, la corrispondenza, i discorsi, gli articoli e interviste, i resoconti stenografici e comunicati stampa, le carte personali, le congratulazioni e gli inviti.

Strumenti archivistici

Invenatario informatizzato curato da Silvia Forasiepi, Teresa Paolicelli, Veronica Gabbrielli, Gabriella Zanfarino.

Consultabilità

Parzialmente consultabile.

Descrizione

fascc. 7338

Note

Alcuni documenti della presidenza del Senato possono trovarsi in più sottoserie. In particolare la sottoserie della corrispondenza comprende carte che si trovano anche nel velinario, la sottoserie degli articoli comprende la corrispondenza di Giovanni Spadolini con i giornalisti e i direttori di giornali e periodici, nella sottoserie dei discorsi si possono rinvenire testi che sono compresi anche nella sottoserie degli inviti. Nessuna sottoserie tuttavia è stata smembrata e l'ordinamento originario è stato rispettato perché funzionale alla ricerca e alla reperibilità delle carte.

Enti

Senato della Repubblica. Presidenza

Segnatura archivistica

Giovanni Spadolini, 1.12

Giovanni Spadolini

anni 1940 - 1994

Inventari cartecei e informatizzati.

ricerca libera