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Rosario Bentivegna1944 - 2012

Nasce a Roma il 22 giugno 1922 da Vincenzo Bentivegna, discendente di una nobile famiglia siciliana originaria di Corleone, già impegnata nelle lotte per il Risorgimento, e da Valentina De Somma.
Tra i suoi illustri antenati si annoverano Francesco Bentivegna, mazziniano, eletto membro del Parlamento siciliano dopo i moti del 1848, alla guida dell'insurrezione di Palermo nel 1856, poi fucilato dai Borboni, nonché Stefano e Giuseppe Bentivegna, anch'essi condannati alla pena di morte, successivamente commutata a trent'anni di carcere. Giuseppe Bentivegna, garibaldino, fu nel 1862 sull'Aspromonte, uno dei tre colonnelli di Garibaldi insieme a Giovanni Corrao e Enrico Cairoli. Vincenzo Bentivegna fu nominato dal Generale Giuseppe Garibaldi, nel settembre del 1860, commissario straordinario per la Provincia di Benevento. Domenico di Marco, liberale, detto il "Doganiere", nonno della nonna paterna di Rosario Bentivegna, Angela di Marco, guidò l'insurrezione per l'approvazione della Costituzione di Palermo nel 1831 e venne fucilato dai Borboni. Nell'albo di famiglia figura anche l'ing. Rosario Bentivegna, nonno del soggetto produttore nonché padre di Vincenzo e Pietro Bentivegna, già docente universitario di Ingegneria Sanitaria, vice-sindaco di Roma e Assessore ai Lavori Pubblici nella Giunta di Ernesto Nathan. Nel 1916, durante la Prima guerra mondiale, Pietro, giovanissimo aviatore, cade in uno scontro a fuoco.
La casa in cui Rosario Bentivegna vive l'infanzia e cresce è quella dei nonni materni. Sua madre, Valentina De Somma, appartiene a una delle famiglie romane imparentate al cosiddetto "generone", termine con il quale si usava distinguere gli esponenti di un ceto sociale sopravvissuto al potere temporale dello Stato pontificio, espressione di una certa aristocrazia fondiaria "nera" capace di incrementare i suoi possedimenti dopo l'Unità d'Italia.
Seguendo l'esempio dei suoi avi, Rosario Bentivegna inizia a svolgere attività clandestina antifascista fin dalla giovinezza, vissuta nell'Italia fascista degli anni '30. Nel 1938, anno della promulgazione delle leggi razziali, aderisce ad un'organizzazione comunista di orientamento politico trozkista denominata "GUM" (Gruppo di Unificazione Marxista). Iscrittosi alla Facoltà di Medicina nel 1940, nel maggio 1941, in pieno regime fascista, partecipa all'occupazione dell'Università di Roma indetta dai GUF (Gruppi Universitari fascisti) in protesta contro la legge che richiamava alle armi gli studenti come "Volontari universitari"; la normativa prescrive una precedente legge che, invece, aveva disposto il congedo provvisorio per motivi di studio per tutti gli studenti universitari in età di leva e in regola con gli esami. Arrestato nel settembre dello stesso anno, Bentivegna viene rilasciato con diffida di polizia.
Nel 1943 aderisce al Pci e dopo l'8 settembre 1943, durante l'occupazione tedesca di Roma, partecipa alla guerra di liberazione dapprima come vice-comandante militare della IV zona garibaldina (Roma centro), poi come comandante del Gruppo di Azione Patriottica (GAP) "Pisacane" quale cellula dei Gap Centrali organizzati dalle Brigate Garibaldi per svolgere operazioni di guerriglia partigiana in città. Fuggito da Roma a causa del tradimento di un compagno, arrestato dalla Banda Koch, continua la Resistenza nel Lazio, a sud di Roma e immediatamente dietro il fronte tedesco di Cassino come comandante militare del Cln nella zona Casilina-Prenestina, fino alla Liberazione di Roma.
Il 5 giugno 1944, appena un giorno dopo l'arrivo degli Alleati nella Capitale, viene coinvolto in uno scontro a fuoco con un ufficiale della Guardia di Finanza, intento a strappare manifesti affissi sui muri che salutano l'arrivo degli Americani e la Liberazione di Roma. Nello scontro cade il tenente della Guardia di Finanza, Giorgio Barbarisi.
Sottoposto a processo dall'Alta Corte Militare Alleata, il 19 luglio 1944, viene condannato in prima istanza a 18 mesi di carcere con l'imputazione di "omicidio colposo per eccesso di difesa". Il 14 agosto successivo, in sede di revisione del processo, gli viene pienamente riconosciuto lo stato di legittima difesa, con assoluzione e immediata scarcerazione.
La sera del 20 settembre 1944 sposa Carla Capponi, sua compagna di lotta nei GAP a Centocelle e sui monti Prenestini dalla quale avrà la figlia Elena.
La mattina successiva su decisione del Ministero della Guerra, viene trasferito in Jugoslavia dove ricopre l'incarico di commissario di guerra presso la IV Brigata della Divisione Partigiana Italiana Garibaldi, reparto regolare dell'Esercito Italiano che opera nel sud della Jugoslavia (Montenegro, Kossovo, Bosnia e Croazia meridionale, Sangiaccato).
Durante il periodo di permanenza in Jugoslavia assolve a compiti di ufficiale di collegamento con i Comandi dell'Esercito Popolare Liberatore Jugoslavo ed assume la responsabilità politica del gruppo dei comunisti italiani che operano nella Divisione.
Rimpatriato per malattia nel marzo del '45, dopo un breve periodo di lavoro come redattore sindacale presso il quotidiano "l'Unità", nel luglio 1946 riprende gli studi universitari.
Si laurea in Medicina e Chirurgia all'Università di Roma nel luglio 1947.
Assistente Volontario degli Ospedali Riuniti di Roma dove opera come primario il Prof. Parlavecchio, dal 1948 al 1950 svolge la professione di Medico Interno volontario presso l'Istituto Carlo Forlanini (Clinica Medica e Laboratorio di Sierologia diretto dal prof. Mario Morellini). Nel dicembre 1949 viene assunto all'Inca (Istituto Nazionale Confederale di Assistenza), ente di patronato della Cgil, come dirigente del Servizio Medico-legale Centrale.
Nell'ambito della sua professione di medico ha avuto occasione di svolgere attività d'assistenza medico-legale e di consulenza in migliaia di vertenze individuali e collettive, sindacali, amministrative e giudiziarie, riguardanti la difesa della salute negli ambienti di lavoro. In sede previdenziale, penale e civile si è occupato anche del "restauro del danno da lavoro", ottenendo il diritto all'indennizzo e al risarcimento per i lavoratori. Si è poi occupato di pensionistica di guerra, dei problemi d'invalidità civile e dell'assistenza medico-legale previdenziale ai lavoratori italiani emigrati all'estero. Fino al 1961 è stato medico fiduciario della Cassa Mutua Malattie Lavoratori del Gas di Roma e medico volontario presso l'Istituto di Anatomia Patologica dell'Università di Roma.
Nel 1949 ha inizio la vicenda processuale per l'azione partigiana di Via Rasella compiuta a Roma il 23 marzo 1944 contro un reparto di militari appartenenti all'11 compagnia del III Battaglione dell'SS Polizei-Regiment Bozen. La causa viene intentata in via civile, per risarcimento danni, da cinque famigliari di caduti nella strage nazista delle Fosse Ardeatine contro i membri della Giunta militare del Cln Giorgio Amendola, Riccardo Bauer e Sandro Pertini, nonché i membri dei Gap centrali, autori dell'azione di Via Rasella: Carlo Salinari, Franco Calamandrei, Carla Capponi e Rosario Bentivegna.
Il 9 giugno 1950 la I sezione del Tribunale civile di Roma rifiuta la richiesta di condanna definendo l'azione di Via Rasella azione di guerra legittima in quanto "atto di ostilità a danno delle forze militari occupanti" e non un "attentato compiuto per un interesse particolare di un partito politico". La sentenza è confermata dalla Corte di appello di Roma, il 5 maggio 1954 e dalla successiva pronuncia della Suprema Corte di Cassazione del 9 maggio 1957.
La vicenda processuale di Via Rasella si riapre durante il processo con il colonnello delle SS Erich Priebke, estradato dall'Argentina e processato dal Tribunale militare di Roma nell'estate del 1996 per la strage delle Fosse Ardeatine. Il 27 giugno 1997, alla vigilia della sentenza d'ergastolo del criminale nazista, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Maurzio Pacioni, chiamava a rispondere del reato di strage Rosario Bentivegna, Carla Capponi e Pasquale Balsamo, ultimi membri dei Gap sopravvissuti all'azione partigiana del 23 marzo 1944. Con l'ordinanza emessa dal Gip si vuole accertare se l'azione partigiana sia stata predisposta per eliminare partigiani e altri membri della resistenza romana non comunisti. Il decreto esprime dubbi sulla finalità politica dell'azione di Via Rasella invitando a un'ulteriore istruttoria tesa ad appurare l'esistenza di manifesti che avrebbero invitato i partigiani a consegnarsi al Comando tedesco di Roma, pena la minaccia di una rappresaglia nel rapporto di 10 a 1.
Il 16 aprile 1998 il giudice Pacioni archiviava il caso, dopo aver udito numerosi testimoni. Il 13 febbraio 1999 Bentivegna, Capponi e Balsamo impugnavano l'ordinanza davanti alla Suprema Corte di Cassazione ritenendo il provvedimento "abnorme" alla luce della giurisprudenza e della consolidata dottrina.
La I sezione penale della Cassazione ha chiuso la vicenda con la sentenza n.1560/99 per non luogo a procedere vista l'inesistenza di reato.
L'ultima parola su via Rasella è stata scritta il 23 maggio 2007 dalla III sezione civile della Cassazione di Roma che ha definito l'azione partigiana "legittimo atto di guerra rivolto contro un esercito straniero occupante e diretto a colpire unicamente dei militari".
L'azione partigiana di Via Rasella è stata riconosciuta legittimo atto della guerra di liberazione anche nelle motivazioni delle qualifiche e onorificenze concesse a Bentivegna in qualità di partigiano combattente.
Nel 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri Alcide De Gasperi, gli ha conferito una medaglia d'argento al V.M. per la sua attività di guerriglia all'interno della città di Roma, con esplicito riferimento all'attacco partigiano di Via Rasella del 23 marzo '44. Bentivegna ha ottenuto anche una medaglia di bronzo al V.M. per aver svolto attività partigiana sui Monti Prenestini, dietro le linee tedesche del fronte di Cassino. Per la sua qualifica di partigiano combattente nella Resistenza, in Italia e all'estero, è stato proposto per la medaglia d'oro al V.M.
Nel 1952 il Comando Generale delle Brigate Garibaldi ha conferito a Bentivegna e a Giorgio Amendola la "Stella d'oro garibaldina", onorificenza concessa a pochissimi combattenti della Resistenza antifascista.
In occasione del 20° e del 40° anniversario della sconfitta della Germania nazista, ha ricevuto due onorificenze dall'Urss per la sua partecipazione alla "Guerra Patriottica Antifascista": la decorazione gli è stata assegnata per essersi messo al comando di alcuni partigiani sovietici evasi dai campi di concentramento fascisti dopo la disfatta del fascismo italiano l'8 settembre del '43, durante la guerra partigiana sui monti Prenestini. La Repubblica Federativa di Jugoslavia gli ha concesso la "Stella d'argento di Cavaliere".
Nel 1977 il Ministero della Difesa gli ha assegnato la Croce al merito di guerra per attività partigiana.
Nel biennio 1968-69 Rosario Bentivegna viene incaricato dal Pci di organizzare il trasporto clandestino via mare dei dirigenti clandestini del Partito comunista greco, perseguitati dal regime fascista del "colonnelli" e condannati a morte. Fingendosi un miliardario italiano in vacanza con la famiglia, Bentivegna si mette a capo di una missione segreta di cui fa parte anche la figlia Elena, e con un motoscafo d'altura riesce a trasportare in Italia i dirigenti comunisti greci muniti di documenti falsi. Scoperto e denunciato ai fascisti greci, si vede costretto a interrompere la sua attività clandestina, che continua dall'Italia.
Dopo la fine della dittatura fascista in Grecia riceve un riconoscimento ufficiale dal Governo democratico di Papandreu.
Negli anni '70 è membro dell'Ufficio Sanità della CGIL, carica grazie alla quale partecipa all'elaborazione e al dibattito per la riforma sanitaria, con particolare riferimento ai problemi della prevenzione negli ambienti di lavoro e agli aspetti medico-legali nella valutazione del danno da lavoro e dell'invalidità previdenziale.
La sua attività professionale di medico del lavoro continua con le numerose indagini cliniche e d'igiene ambientale in molte aziende italiane; partecipa anche a corsi di aggiornamento e di studio sui problemi dell'igiene industriale e della medicina legale previdenziale in Italia, in Francia, in Belgio, in Unione Sovietica, in Germania, in Cecoslovacchia.
Dal 1960 al 1996 ha diretto la Consulenza Medico-legale Nazionale dell'INCA e ha fatto parte del Comitato di redazione della rivista "L'Assistenza Sociale". Assieme a Gastone Marri, ha fondato e diretto la "Rassegna di Medicina dei lavoratori". Dal 1975 al 1980 è stato medico consulente interregionale per la Cassa Mutua Lavoratori della Società Italiana per l'esercizio telefonico (SIP). Nel 1996 diviene Consulente Nazionale dell'EPASA, ente di patronato della Confederazione Nazionale Artigiani
Dal 1981 fino al febbraio 2012 ha è stato dirigente della Consulenza medico-legale nazionale dell'EPASA-CNA e Consulente Interregionale per l'ASSILT, organizzazione sanitaria integrativa dei lavoratori telefonici.
É stato membro del Comitato Direttivo della Società Italiana di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, del Comitato Esecutivo dell'Istituto Superiore per l' Igiene e la Sicurezza del Lavoro, del Consiglio di Amministrazione dell'Istituto Italiano di Medicina Sociale, del Consiglio Nazionale dell'Istituto Nazionale Confederale di Assistenza (INCA-CGIL), del Consiglio di Amministrazione dell'Ente ospedaliero specializzato George Eastman; ha fatto parte inoltre di numerose commissioni ministeriali e comitati legislativi per la riforma sanitaria e per provvedimenti di legge in merito ai problemi di igiene e medicina del lavoro, di infortunistica, di invalidità previdenziale e civile, ivi compresa, in qualità di tecnico, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, struttura dell'ONU in Ginevra.
In ambito medico-professionale ha prodotto circa duecento pubblicazioni, tra cui relazioni, comunicazioni e interventi in congressi e convegni nazionali e internazionali; una "guida pratica" per il lavoro del medico di patronato sociale, un manuale di "Medicina Legale del Lavoro"; due volumi di "Schede delle malattie professionali" .
Nel 2003, in seguito a modifica legislativa, ha pubblicato "Guida pratica medico-legale: Infortuni sul lavoro e Malattie professionali; il danno biologico".
La sua attività politica si è interrotta nel 1985 con la decisione di uscire dal PCI per profondi dissensi con la linea nazionale del partito, anche a causa del permanere di forme di conservatorismo politico-ideologico nei rapporti con l'Unione sovietica.
Nel giugno 1999 si è iscritto al partito dei Democratici di Sinistra (DS).
É stato membro della Presidenza Onoraria dell'ANPI Nazionale e presidente onorario dell'ANPI provinciale di Roma e Lazio.
Nel novembre del 2007 aderisce al Partito Democratico al quale rimane iscritto fino alla sua scomparsa avvenuta a Roma il 2 aprile 2012.

Le carte appartenute a Rosario Bentivegna erano originariamente custodite presso la sua abitazione di Roma e sono state donate all'Archivio storico del Senato nel 2010, per volontà dello stesso Bentivegna.
Al momento dell'acquisizione il fondo si presentava in buono stato di conservazione ed era ordinato in fascicoli secondo il criterio originario seguito da Bentivegna per documentare, dagli anni Cinquanta fino al 2007, le vicende processuali legate all'azione partigiana di via Rasella.
Il materiale cartaceo è stato successivamente corredato da video interviste girate, tra il 2010 e il 2012, nell'abitazione romana di Bentivegna da Michela Ponzani, durante la preparazione del volume R. Bentivegna, Senza fare di necessità virtù. Memorie di un antifascista, Einaudi, Torino 2012.

Rosario Bentivegna

1944 - 2012

19 buste; 63 fascicoli; 16 miniDVD

Disponibile per la consultazione online.

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