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Uranio impoverito (XIV leg.) - Documenti e Atti parlamentari2004 - 2006

Periodo di attività della Commissione: XIV leg. (15 febbraio 2005 - 1° marzo 2006)


La «Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace, sulle condizioni della conservazione e sull'eventuale utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari sul territorio nazionale» è stata istituita con deliberazione del 17 novembre 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 276 del 24 novembre 2004. L’attività della Commissione venne successivamente prorogata con deliberazione del 20 dicembre 2005, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 2005.


Come previsto dall’articolo 3 di tale deliberazione, la Commissione era composta da 21 senatori nominati dal Presidente del Senato che designava anche il suo Presidente tra i predetti componenti. La Commissione si costituì con la nomina a suo Presidente del senatore Rocco Salini (nomina annunciata il 15 febbraio 2005) e con l'elezione, da parte della Commissione, degli altri membri dell'ufficio di Presidenza, avvenuta nella stessa data. Il 15 marzo 2005 il senatore Salini cessò dalla carica di Presidente della Commissione perché entrato a far parte del Governo Berlusconi II; in data 21 marzo 2005 il Presidente del Senato chiamò quindi a presiederla il senatore Paolo Franco e la relativa comunicazione all’Assemblea di Palazzo Madama venne effettuata nella seduta pomeridiana del 21 marzo 2005.


Nel corso dell'Operazione “Allied Force” - la campagna di attacchi aerei portata avanti dalla NATO per oltre due mesi contro la Repubblica Federale di Jugoslavia di Slobodan Milošević e protrattasi dal 23 marzo al 10 giugno 1999 - si moltiplicarono, nel dibattito politico e sui mezzi di comunicazione, crescenti preoccupazioni sulla possibilità che l'utilizzo di munizionamento contenente uranio impoverito nelle predette operazioni militari comportasse un rilevante incremento dei rischi per la salute dei soggetti esposti agli effetti radiologici e tossicologici associabili a tale materiale, e segnatamente del personale militare e della popolazione civile residente nelle aree coinvolte. In tale contesto, dopo la diramazione di un documento della NATO-SHAPE (Supreme Headquarters Allied Powers Europe) del 1° luglio 1999, contenente la descrizione dei rischi associati all'esposizione ad uranio impoverito e delle precauzioni consigliate per il personale militare in presenza di siffatti rischi, si innescarono nuove preoccupazioni circa la possibilità che, almeno per il periodo pregresso, e segnatamente per le operazioni condotte dai contingenti precedentemente impiegati in Bosnia-Erzegovina, non vi fosse stata da parte dei Comandi militari una corretta percezione del problema, e che comunque fosse stata trascurata la divulgazione di quegli accorgimenti tecnici per l'eventualità dell'esposizione a residui di munizioni ad uranio impoverito. Nello stesso periodo, l'opinione pubblica venne a conoscenza di denunce in base alle quali si sarebbe manifestato un fortissimo aumento dell'incidenza di gravi patologie, in particolare di neoplasie a carico dell'apparato emopoietico, fra i militari che nei mesi e negli anni precedenti avevano preso parte alle missioni nei Balcani.


Nello scorcio finale della XIII Legislatura alla Camera dei deputati e al Senato si avvertì quindi la necessità di porre in essere un'attività conoscitiva e d'inchiesta di più ampia portata, al fine di tentare di pervenire ad un punto fermo su almeno alcuni degli aspetti di una vicenda che stava assumendo connotati particolarmente allarmanti. Il 10 gennaio 2001 la Commissione Difesa della Camera deliberò così di svolgere un'indagine conoscitiva «sulla prevenzione dei rischi e condizioni di sicurezza dei militari italiani impegnati nei Balcani», destinata a concludersi entro il 15 febbraio 2001. Nella stessa giornata del 10 gennaio 2001, in occasione delle comunicazioni del Ministro della Difesa Mattarella davanti all'Assemblea del Senato, veniva dato dal Presidente della 4a Commissione di tale ramo del Parlamento, senatore Di Benedetto, l'annuncio della promozione di una parallela indagine conoscitiva. Tale indagine, deliberata il 16 gennaio 2001 dalla Commissione Difesa del Senato, avrebbe dovuto avere ad oggetto, come indicato dal suo titolo, il «Livello di conoscenza, da parte italiana, dell'utilizzo di munizioni all'uranio impoverito da parte della NATO nelle vicende belliche nei Balcani e sulle misure adottate dalle Forze armate italiane per prevenire eventuali rischi per la salute connessi a tale impiego». A partire dal giorno successivo, il 17 gennaio 2001, la Commissione Difesa del Senato avviò peraltro l'esame congiunto di due proposte dirette ad attivare, sulle medesime problematiche, il più incisivo strumento dell'inchiesta parlamentare: la prima (Doc. XXII, n. 72), d'iniziativa del senatore Semenzato e di altri senatori, proponeva il ricorso a una Commissione d'inchiesta monocamerale, mentre la seconda (disegno di legge n. 4951, d'iniziativa dei senatori Forcieri e Agostini) optava per la formula bicamerale. La Commissione Difesa del Senato, dopo una discussione protrattasi per alcune sedute, perveniva, in data 8 febbraio 2001, all'approvazione in sede referente delle due proposte in un testo unificato, che prevedeva l'istituzione di una Commissione monocamerale di inchiesta composta da quindici senatori. L'iter della predetta proposta non proseguì, e quindi l'inchiesta parlamentare da essa prefigurata non ebbe corso.


La prospettiva, poi non concretizzatasi, dell'attivazione di un'inchiesta parlamentare induceva nel frattempo la Commissione Difesa del Senato a rinunciare allo svolgimento tanto dell'indagine conoscitiva monocamerale, che era stata da essa deliberata, che di un'indagine conoscitiva congiunta con la IV Commissione (Difesa) della Camera. Un invito a considerare la possibilità di procedere congiuntamente con tale Commissione era stato formulato, con lettera del 26 gennaio 2001, dal Presidente del Senato, ma fu successivamente reputato preferibile, in considerazione del fatto che presso l'altro ramo del Parlamento erano già state avviate le audizioni previste dal programma dell'indagine, evitare soluzioni organizzative suscettibili di risolversi in un ritardo nei relativi lavori.


La Commissione tecnico-scientifica al cui operato aveva fatto riferimento il presidente Spini nella seduta conclusiva dell'indagine conoscitiva della IV Commissione della Camera, correntemente chiamata «Commissione Mandelli», dal nome dell'illustre ematologo che fu chiamato a presiederla, dopo aver presentato una relazione preliminare ed una intermedia, rispettivamente il 19 marzo 2001 e il 28 maggio 2001, pervenne, a conclusione dei propri lavori, all'approvazione di una relazione finale, datata 11 giugno 2002. Il documento indicava innanzitutto in 44 il numero complessivo dei casi di neoplasie maligne segnalati entro il 31 dicembre 2001 fra i 43.058 militari e civili dipendenti del Ministero della difesa che dal dicembre 1995 e fino alla data di fine osservazione (novembre 2001) risultavano aver compiuto almeno una missione in Bosnia-Erzegovina o in Kosovo. Alla stregua di questi e di altri elementi di valutazione, la relazione finale della Commissione Mandelli arrivò alla conclusione che si era in presenza di un eccesso, statisticamente significativo, di casi di Linfoma di Hodgkin del quale, sulla base dei dati rilevati e delle informazioni disponibili, non era stato possibile individuarne le cause. La relazione finale della «Commissione Mandelli» evidenziò dunque l'esistenza di un'aumentata incidenza di alcune patologie tumorali dell'apparato emopoietico. Essa si rivelò però fin da subito inidonea a instaurare un quadro di ragionevoli certezze circa le problematiche che erano state portate alla sua attenzione, anche per il suo carattere provvisorio e interlocutorio, in attesa dell'acquisizione di risultati di più ampie rilevazioni, in particolare di carattere epidemiologico, che da essa stessa venivano raccomandate. Da taluni fu inoltre ravvisata la presenza di rilevanti incongruenze nel lavoro compiuto dalla «Commissione Mandelli», incongruenze che ne avrebbero almeno in parte inficiato le conclusioni. A ciò si aggiunge che, com'era prevedibile, anche dopo la presentazione della relazione continuarono purtroppo a registrarsi casi di morte e gravi malattie fra i ranghi del personale militare e civile che era stato impegnato in missione nei Balcani.


È in tale contesto che, a metà della XIV legislatura, il Parlamento riprese a considerare l'opportunità dell'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta ad hoc, iniziativa che, come si è visto, era stata prospettata nello scorcio finale della XIII legislatura senza che però si pervenisse in tempo utile alla sua concreta realizzazione. Il 28 luglio 2004, la Commissione Difesa del Senato iniziò così l'esame in sede referente della proposta di inchiesta parlamentare d'iniziativa del senatore Forcieri e di altri senatori, presentata alla Presidenza del Senato il 20 luglio 2004, recante «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impiegato nelle missioni internazionali di pace, sulle condizioni della conservazione e sull'eventuale utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari sul territorio nazionale» (Doc. XXII, n. 27).


In considerazione dell'esiguità del tempo disponibile, d'intesa con l'altro ramo del Parlamento, si optò per la deliberazione di un atto monocamerale e non di un disegno di legge, così da accelerare al massimo l'iter di approvazione del testo. Nella successiva seduta di esame della proposta, il 15 settembre 2004, la Commissione Difesa del Senato pervenne all'approvazione di questa, con un amplissimo consenso, e l'Assemblea la approvò in via definitiva nella seduta antimeridiana del 17 novembre 2004, dando vita così alla deliberazione istitutiva di questa Commissione.


L'attività conoscitiva svolta dalla Commissione si articolò in 19 sedute dedicate alle audizioni e in due missioni: nel corso delle sedute di audizione in sede plenaria furono ascoltati 36 fra titolari di cariche istituzionali, esperti, ufficiali delle Forze armate, funzionari pubblici e persone comunque coinvolte dalle problematiche oggetto dell'inchiesta (ad esempio, militari che si sono ammalati durante lo svolgimento di missioni all'estero o familiari di militari deceduti); per ciò che concerne le missioni, la Commissione, attraverso proprie delegazioni, ne svolse due: una in Sardegna, nel quadro degli accertamenti relativi alle problematiche concernenti le condizioni di conservazione e l'eventuale utilizzo di proiettili a uranio impoverito nei Poligoni militari (17 e 18 ottobre 2005); l’altra in Bosnia-Erzegovina e nel Kosovo, nel quadro degli accertamenti volti alla verifica delle condizioni di sicurezza nelle quali avevano operato i militari italiani impegnati nei contingenti ivi dislocati (28-29 novembre 2005). Nel corso di tali missioni furono sentite 51 persone, fra titolari di cariche istituzionali, militari italiani ed esperti.


Allo scopo di integrare i dati scientifici ed empirici a disposizione, la Commissione si avvalse della facoltà, prevista dall’articolo 5, comma 2, della deliberazione istitutiva, di affidare a due qualificati centri di ricerca la realizzazione di altrettanti studi di carattere tecnico-scientifico: “Studio su campioni di particolato prelevati in Kosovo e in Iraq e su campioni di siero umano di alcuni militari” (realizzato dal Centro "Nanodiagnostics srl", con sede in Modena); “Studio sulle conseguenze ecologiche e sanitarie dell'uso di armi ad uranio impoverito” (realizzato dal Centro U-Series, con sede in Bologna).


La Commissione approvò la relazione finale il 1° marzo 2006 (relatore Franco, Doc. XXII-bis, n. 4), trasmettendola alla Presidenza del Senato lo stesso giorno.

Uranio impoverito (XIV leg.) - Documenti e Atti parlamentari

2004 - 2006

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